Cascina Fraschina: orti biologici in pianura padana… Tommaso Montorfano e Claudio Vaccari

Abbiategrasso. Estrema propaggine di una pianura sensuale nel suo non senso. I paesi, qui, acquisiscono un comunque di lontananza dalla città. Inizia una pianura meno conforme e prima del riso, dove le cascine sono al limite della propria sopravvivenza, oggi come allora, vittima di una visione refrattaria della società. Un tempo subita oggi cercata. Così, il “quanto è bello tornare alla terra” diventa il mantra di una generazione che ha buttato migliaia di euro di istruzione urbana per accorgersi tardi che siamo in Italia. Così rispuntano vecchi oliveti di famiglia, cereali antichi e animali dispersi. Ma questa è una sconfitta della società borghese. E così, come da regola insita nei dettami della nobiltà manifesta, il ruolo del comando non può venir meno. Deve essere solo spostato. Questo il mio approccio… quello che trovo sono due agricoltori che fanno veramente gli agricoltori. Continue reading Cascina Fraschina: orti biologici in pianura padana… Tommaso Montorfano e Claudio Vaccari

Furmai Nis: il Casu Marzu piacentino

Provincia di Piacenza. Tra la Val Trebbia e la Val Tidone. Un territorio sopraffatto da una bellezza tenue, che nella collina ha sperato e dalla collina è stato rifiutato per il troppo senso. Qui ci sono ancora gli artigiani, le buche sulle strade, il disinteresse come forma coercitiva di sopportazione e un vincolo culturale molto prima del riguardo. Sagre nei capannoni, tortelli con la coda, coppe regressive, zucche e contadini da vino. Qui anche il presente è notevole. E siccome ho già dato, vado alla ricerca del pruriginoso, del lascivo, dell’allotriofagia. Cerco la robiola Nissa, quel formaggio coi vermi al di qua del mare. Continue reading Furmai Nis: il Casu Marzu piacentino

Rue de Zerli: cipolle, patate e castagne di una profondità disarmante… Franca Damico

Zerli. Né. Poche anime sopravvissute alla desuetudine. Si lascia il mare, s’imbocca la Val Graveglia e, mentre impallidisce il contemporaneo, la vegetazione diventa la comprensione di un luogo con approdi consolatori e punti saldati nell’isolamento. Un paese senza centro che sul territorio, come vezzo selvatico, ha imposto il proprio stile di nuvole cariche e temporali. La Liguria è una questione di valli remote sviluppate in verticale. L’unico orizzonte diventa la rappresentazione del mare. E cosi m’incuneo e vengo sopraffatto da luoghi, persone e costumi tra l’assedio e la tana. Continue reading Rue de Zerli: cipolle, patate e castagne di una profondità disarmante… Franca Damico

Il Graukase tra tradizione, parole e modernità… Martin Pircher e Gunther Vollger

Campo Tures. Valle Aurina, dove il tempo del decadimento non è mai arrivato. Il bello inossidabile, il fiore sempre in fiore, le montagne sempre paesaggio, le paure disossate fino al riempimento del turismo e al terrore per quello che c’è fuori. Queste valli altoatesine rispecchiano sempre la perfezione e alla perfezione la borghesia alla ricerca del proprio fisico e in fuga dal proprio pensiero. Ȉ tutto precostruito, già mangiato, già digerito, il sorprendersi è di un ribellismo fluorescente, serale, rassicurante, lo spazio è sempre un eterno che non ha bisogno di altro, in quanto giudizio o complimento. Qui si sa. E nella straordinario riempimento visivo, continua a mancare un po’ di scrostato e di inatteso. Ma lo sguardo lenisce molti altrove. E forse basta questo. Continue reading Il Graukase tra tradizione, parole e modernità… Martin Pircher e Gunther Vollger

Formaggi a settanta metri sotto terra… Dario Zidaric

Duino Aurisina. Rientro nel Carso per motivi quasi surreali. Mi perdo più volte tra doline e questa vegetazione che non è mai un’apertura. Qui, chi lavora bene, non ha bisogno dei cartelli, agli incroci delle strade ci sono le frasche di edera che segnano l’apertura delle osmize, retaggio storico asburgico che dava la possibilità – e la dà ancora oggi – alle aziende agricole di vendere i propri prodotti, otto (osem in sloveno) giorni all’anno, esenti da dazi. Adesso si parla di mesi e di quantità di vino prodotto. Quella di Ivan Gabrovec, giardino e cantine assuefacenti, è un intreccio insisitito di fiera rudezza, prosciutti al coltello e vino della casa (e venire da Milano non dà una grandissima mano…) Ma è l’obiettivo secondario. Continue reading Formaggi a settanta metri sotto terra… Dario Zidaric

Un incontro che ti cambia il pranzo, la giornata… forse il tempo… Josko Gravner

Oslavia. Quartiere di Gorizia. Località Lenzuolo Bianco. Rappresentazione di un Sacrario Militare. Naturale teatro vitivinicolo increspato, come se le onde di riflusso avessero trovato, nell’ego smisurato, il luogo della distanza. E così in città e fuori città, ad un passo da tutto, dal mare, dalla montagna, dalla diffidenza e dalla perdizione. Un Collio secco e severo, cielo bianco e uomo opprimente nonostante l’inganno. Perché la vigna non è la fabbrica ma a volte l’occhio prescinde dalla realtà. Un microcosmo unico al mondo lo definiscono, dove al selvatico rimane il pensiero rivoluzionario di accedere alla giornata sempre con un desiderio. E così, questa è una terra di uomini, bisogna andare oltre il declivio, il pungente, l’assenza di equilibrio, l’umano come imposizione e mettersi in ascolto. Magari evitando parte delle conversazioni e dedicarsi ad una possibilità unica… Continue reading Un incontro che ti cambia il pranzo, la giornata… forse il tempo… Josko Gravner

Leggendario prosciutto di frontiera… Uros Klinec

Medana. Collio sloveno, dove l’antropizzazione è una forma di turismo. L’invadenza della vite, che ha tolto il selvatico mantenendo i colori, si scorpora passando per i borghi. Questi sono luoghi di confine, ci sono case diroccate dove si scambiavano caffè e cioccolato e dove adesso crescono vigneti c’erano le sentinelle che controllavano i movimenti. La Jugoslavia non era un affare e nemmeno un presentimento, era una realtà solida e codificata… al di là della rete, gli sguardi bolsi e flaccidi apportavano solo languore e invidia. Adesso, con gli stessi sguardi defraudati del benessere e del sapere ad esso collegato, rimane solo quell’atavica preminenza morale che ci getta addosso gli occhi della misericordia. Qui è ancora un fatto di genere, di uomini e donne, di maschio alfa e perversioni, l’istinto psichico non è un orgoglio ma una necessità. Qui, al di là della cortina c’è ancora una ricerca feroce che non fa prigionieri. Continue reading Leggendario prosciutto di frontiera… Uros Klinec

Mandorlato leggendario e meraviglie quotidiane… Pietro Scaldaferro

Dolo. Riviera del Brenta. In quei quaranta kilometri tra Padova e Venezia che hanno definito il tempo libero nel tempo in cui mare e montagna erano semplicemente mare e montagna. Una Costa Azzurra ante litteram per nobili da palle a bagno nel fiume, avveniristiche ville palladiane, argini fioriti e ponti refrattari alla navigazione. Questo è uno dei luoghi pianeggianti in cui il senso contemporaneo si denuda di ogni responsabilità, per cui la logica perde il filo per intrecciarsi con il dolore della perdita. Di un’architettura che era già lascito, nostalgia e linguaggio globale. Ora restano bellezza, disinteresse e una locanda trasformata in uno dei più bei luoghi artigianali del mondo. Continue reading Mandorlato leggendario e meraviglie quotidiane… Pietro Scaldaferro