Savoia: una desiderabile fattoria dove il Beaufort è di casa… Ferme Cartier

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Saint-Avre è un luogo dove si può trovare tutto. Basta chiedere. Montagna, ruralità, autostrade, industrie, formaggi, rotonde, benzinai, ponti, approdi, fascino e antitesi. È una Savoia che prende le distanze dall’Italia, portandosi dietro le nuvole e il cattivo tempo. Queste valli non hanno ancora la lontananza ma non hanno mai perduto la produttività. Qui si sono create varie leggende, tra queste vette Pantani ha generato e ucciso la sua. Ancora tutto innevato, i passi sono chiusi, i nomi sono ancestralmente legati ad un passato di tutti. L’Italia è dietro l’angolo, i regimi dorati anche. E così nascondersi viene facile, soprattutto in luoghi che hanno mantenuto i formaggi come baluardo di un’appartenenza e di una cultura che si ferma al Frejus. Continue reading Savoia: una desiderabile fattoria dove il Beaufort è di casa… Ferme Cartier

Forez: antiche province dove fare artigianato

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Loira-Alta Loira-Puy de Dome. Non posti per italiani. Qui il turista c’è ma è poco manifesto, non si mette in coda, non crea facili leggende e non si concede alle passeggiate prezzolate tra i vigneti e il lusso. Le sciarpette di seta, le decappottabili e le borse Hermès rimangono nei garage e sono dedicate non alla dimostrazione ma alla normalità. Questi sono luoghi quotidiani con quell’unicità che non ti lascia mai con la speranza di tornare in un periodo diverso. Perché qui in mezzo la Francia si fa lavoro e gratitudine, le bellezze della pianura e quelle della montagna si fondono per non importare a nessuno o a pochi o a me. E così mi ci ritrovo dentro. Perché questa terra, tra Lione, Saint Etienne e Clermont-Ferrand lascia ancora tempo ai produttori, abbandona i villaggi alla propria placidità, tutela gli altipiani e mette in mostra le gole della Loira come antefatto alla propria possibilità. Se ti stimolano, passi oltre, altrimenti ritorni sulle rotte dei vigneti o dei parchi naturali. Il Forez è una via di mezzo dove sei costretto a fare bene. Chambles, Montbrison, Sain Bonnet le Chateau, Montarcher, Cervieres, Marols, Moingt sono alcune ricorrenze medievali o attrattive di luoghi solo leggermente dissepolti, qui in mezzo, alcuni grandi artigiani continuano a lavorare senza pressione, a far girare le macine, a mungere latte, a curare il lievito e a comporre dolci straordinari. Continue reading Forez: antiche province dove fare artigianato

Lione, una capitale gastronomica a più facce… e la sua digressione: Pierre Dorées

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Quindici anni sono passati e quindici anni sono tornati buoni per rendersi conto che Lione è cambiata profondamente. Una cosa è rimasta come un tempo, la presenza impellente di un vento che tutto spazza e tutto cancella. I musei chiusi, le tute stilisticamente simili degli immigrati del Maghreb, le periferie riottose e quelle più calme, i fast food come unica speranza di una giornata chiusa, Born in the USA passata in loop dalle radio francesi come forma di protesta, si sono asimmetricamente trasformati in una rifioritura gastronomica che con Paul Bocuse nasce e che con Paul Bocuse probabilmente morirà. La sua presenza è orwelliana, guarda dall’alto i bouchon, li rivoluziona, richiama alla notorietà i mercati coperti e declama le maestrie dei migliori chef emergenti del mondo. A Lione un tappo è diventato una trattoria e la carne è sempre stata interpretata nella sua povertà e nelle bottiglie di Beaujolais da 46 cl, molto prima della rivoluzione contemporanea del quinto quarto. Il Cafè des Federation e Arlette Hugon sono imperdibili retaggi storici. Grasso e trippe. Ecco la reale memoria gourmand di una Francia storica che ha preteso il paradosso nella stessa città della tradizione. La nouvelle cuisine, la sua ricerca della leggerezza e della sperimentazione, associata all’utensile innovativo e ai cinque sensi come sinestesia estetica del piatto, ha avuto in Bocuse il suo alfiere più rappresentativo. Grasso e mercato. Continue reading Lione, una capitale gastronomica a più facce… e la sua digressione: Pierre Dorées

La Milano degli artigiani

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Milano città sepolta, Milano città dimentica delle sue principali abitudini e dei ritmi lavorativi meno sfrontati, quelli non racchiusi in un dovere di perversione ma soprattutto quelli che non dovevano a tutti i costi strizzare l’occhio all’ultima moda, al design, al cocktail (il mixologist rimane sempre e comunque un barista, nel bene e nel male), al vino, al tempo libero e alla necessità di esserci. A Milano gli artigiani non ci sono mai stati, c’erano, sono stati di passaggio e resistono. Ma l’amore è sfiorito presto, senza lasciti o retaggi che vadano oltre una speranza passata che probabilmente non c’è mai stata. E così ci ritroviamo in mano una città con un oggi sempre più stringente, senza uno ieri e con un domani ibridato. Tutto il resto è paesaggio, perché la nascita è sempre un’annunciazione, un battage pubblicitario che rizza le orecchie, tiene informati i food blogger, scongela umanità ma soprattutto sposta le attenzioni. E un luogo come Milano non può prescindere dalle continue aperture, mentre gira volentieri l’orecchio quando si tratta di tracolli, chiusure o fallimenti. E così la smania di aprire prende tutti, piccoli e grandi, capaci e incapaci, artigiani e commercianti dell’ultima ora, quelli che aprono un ristorante o una pizzeria per ospitare gli amici bocconiani la domenica a pranzo, battersi un cinque alto, chiamarsi bomber e far vedere al padre che i 19 in microeconomia non erano poi così pertinenti. Continue reading La Milano degli artigiani

Amsterdam – Seconda Parte

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Per i formaggi siamo al limite della denuncia. Se si è presi dall’entusiasmo di trovare un Henry Willig e una bottega del Gouda ad ogni angolo di strada, si torna a casa con un pacco clamoroso di bucce colorate e non edibili e formaggi che sanno tutti di crosta di pane dolciastra. Formaggi che fondono e che assomigliano irrimediabilmente all’unica idea che il formaggio olandese brandisce in giro per il mondo. Però i canali ci vengono in soccorso, con luoghi meno delibanti, dove i lustrini sono una clientela fedele e un turista senza accetta. Kaaskamer è una bottega antipatica, dove il sostenuto è d’obbligo e dove ancora si vendono i Testun al Barolo di Beppino Occelli dei quali non riuscirò mai a farmene una ragione… però, al di là della patina e dei pacchi preconfezionati, ci sono piccole chicche iper stagionate e un formaggio organico di Jersey di 18 mesi, dall’aspetto poco olandese, letteralmente straordinario. Remeker è una fattoria a una cinquantina di kilometri da Amsterdam, dove hanno deciso che l’uniformità del formaggio locale era un marchio di riconoscenza e di tradimento, qualcosa che andava rimesso in discussione per tirar fuori un luogo alpino, un prodotto giallo ambra, grasso, poco pastoso, da pascoli cuneesi e pianure irrigue. L’Olde Remeker è una pasta cotta che non ricorda nulla di simile, nemmeno fuori dai confini. Continue reading Amsterdam – Seconda Parte

Amsterdam – Prima Parte

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Una città divisa e una città impudica ma senza smacco. Le immagini fastose dei grandi centri commerciali, della puzza di zucchero fritto, delle prostitute in vetrina, della canapa venduta senza prescrizione sono l’ultima forma di pudicizia e di vergogna, una forma di conservatorismo reazionario sotto forma di zoo umano, dove i tamarri di tutta Europa si ritrovano per ribellarsi ad un’autorità che ha implementato il Grande Fratello rendendolo sardonico. E così c’è un rumore di sottofondo e di protesta che rende tutti più uguali, sbavanti e assenti. Traviati dalla forma, han portato in giro quel disumano da cameretta con i poster appesi e i porno dilapidati dalle verruche. La licenziosità di Amsterdam sta in quelle finestre enormi che circondano i canali interni e in quelle serate lunghe e buie dove riempirsi di luci diventa la prima delle mostrazioni, probabilmente la prima e unica vetrina. E così la bellezza, il fascino, la scopofilia, la voglia di cacciare il naso tra le lucine e i divani sono qualcosa di pruriginosamente condiviso. La facilità nordica di spogliarsi diviene il paradosso maggiore di una città divisa, straordinaria nella sua eleganza e nella sua aria pulita e commerciale, nel suo essere buen retiro invernale di diuretici informi dai denti cariati e dalla faccia assonnata. Così mi ritrovo anche stavolta alla ricerca del cibo… di quello vero… di quello prodotto e di quello con una faccia… Continue reading Amsterdam – Prima Parte

Valgerola: il Bitto fino alle origini…

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La Valgerola d’autunno ha quella magia rara che spiega meglio al mondo la sua chiusura, quella bellezza racchiusa in colori che non sono più passeggiate e fatica, ma cominciano a mostrarsi come lunghe attese dietro un vetro innevato e non realizzato, tempo su tempo per aspettare l’alpeggio e i pantaloncini corti. L’autunno è luogo di lunghe discussioni, di analisi, di lunedì mattina senza speranza e senza economia. Qui si va in letargo, perché la chiusura deve essere prima di tutto tepore e in seconda battuta conservazione. E così le labbra nascondono i denti e l’introversione può tornare a dominare la maniera di accoglienza. Il fiume Bitto scorre fin che ancora ne ha possibilità e su Gerola Alta si chiude un cielo di sfumature arancioni. Abeti, larici e faggi non lasciano spazio all’immaginazione. È tutto lì, scritto, ma con fascino. Senza parola e lontano dalla commercialità che però un luogo del genere è come se reclamasse. E così ci hanno pensato Meister Ciapparelli e i suoi dissidenti a creare una corte bagnata alla fonte. Continue reading Valgerola: il Bitto fino alle origini…

La désarpa de Gressan

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E anche quest’anno è arrivato il tempo di scendere, il tempo della normalità e dell’assenza di giudizio, il tempo in cui il turista abbandona la voglia di esotico e di terreni incolti. L’alpe, ad inizio ottobre, è un foliage deciduo che sfuma verso l’impossibilità a restare. E quando il freddo ti prende alla gola, il disagio non è più nemmeno umano. Ad inizio settembre si iniziano a percorrere i maggenghi del rientro, si iniziano a trovare erbe più bagnate e formaggi più stanchi. Sulla strada del ritorno sono nati i miti dello stracchino e della munta calda, e la festa è sempre stata velata da una nostalgia senza rappresentazione.

È arrivata la désarpa. Il ritorno. Continue reading La désarpa de Gressan