Antica Trattoria Cognento: la campagna che non ti aspetti… Famiglia Becchi

COGNENTO

Cognento di Campagnola Emilia. Una campagna padana che ha nascosto il proprio mestiere di dirimersi e di non ritrovarsi. I caseifici si alternano alle produzioni casalinghe di aceto e le province si confondono per non riuscire mai a separarsi nelle tradizioni: in quel modo di fare così sanguigno da ricostruire l’identità attorno a quella voglia di tovaglie a scacchi e di tortellini. Perché qui, in queste terre, il cibo è sempre stato la religione della sosta, dell’attesa, dei tempi lunghi, di quell’anacronismo che si è portato via gli sbarbati, lasciando, all’interno dei maglioni infeltriti dalle ugge, quelle rezdore emiliane che continuano a richiamare ammaliando e proponendo, ostentando la stirata della sfoglia come un perversa ripetizione dell’eterno: privazione diacronica dello ieri, dell’oggi e del domani. Qui si viene per quel sentimento inconfessato di evasione che le agenzie di viaggio non ci hanno ancora estorto. Continue reading Antica Trattoria Cognento: la campagna che non ti aspetti… Famiglia Becchi

Forno Ossolano: un labirintico laboratorio di montagna… Germano Meneghello

ossolano

Crodo. Terme, Crodino e punto di partenza per le valli del Bettelmatt, quella fontina locale che negli anni si è trasformata in leggenda e nei sapori amarognoli dell’erba mottolina. Qui le valli si diramano ma con leggiadria. La bellezza della fuga è la stessa che si ritrova nel rimanere, nel restare in attesa che qualcosa accada, che gli anni d’oro tornino a ruggire e che questi luoghi recuperino la sacralità del tempo che fu, quel tempo di confine che ha confuso gli idiomi e ha mischiato le tradizioni. Così ci sono vari motivi gastronomici per approdare a Crodo, è un luogo molto libero, dove la serenità non è nemmeno più una ricerca ma un abbandono, quasi una perdita dei sensi. Qui in mezzo, lavorare sul turista ha ancora quell’invidia locale che non porta nemmeno concorrenza. Così chi fa è costretto a fare bene. E Germano Meneghello, cognome veneto e passato proletario tra le rive dell’Adda e la valle, ha messo a fuoco tutti i punti che suo padre gli ha dato in eredità. Continue reading Forno Ossolano: un labirintico laboratorio di montagna… Germano Meneghello

Una pizza convinta… Alan Sartirani

SARTIRANI

Osio Sotto. Pianura bergamasca. A metà strada tra il capoluogo e Treviglio, in mezzo a quelle rotonde e a quei centri commerciali che hanno perso perfino la definizione di “non-luoghi”. Nessun retaggio rurale e nessuno sviluppo industriale. Il capannone continua a puzzare di proditorio e morti sull’asfalto. In questi luoghi non ci sono più lacrime empatiche perché non si vede la fine della malinconia. È tutto nebuloso, senza un passato e senza un futuro. Chi può scappa, chi resta deve appassionarsi alle strade provinciali e ai classici caffè da rotonda, dove col cappuccino e la brioche viene omaggiata la chiave per andare alla toilette. Chi decide di percorrere il cammino dell’artigiano, lo deve fare a partire dal catrame, con un coraggio disumano, senza colline o viste eterne, senza vigne o la ricchezza della solitudine. Così, cercando di attualizzare e squarciando il depressivo, la bellezza può essere comunque trovata. Anzi deve essere comunque trovata. Perché, tra questi cartelli stradali, si sta facendo l’Italia. Senza abbandono e con voglia di esserci. Qui ed ora. Continue reading Una pizza convinta… Alan Sartirani

Cascina Daneto: le forme del riso… Famiglia Debernardis

Occimiano. Qui finisce la pianura, finiscono le risaie, terminano le nebbie e si dileguano quelle basse abitudini che non hanno altro che cascina. Appendice del vercellese, in una zona vocata alla fuga, alle strade lunghe e al senza meta del santo pomeriggio, qui gli sguardi, ancora, sono rimasti fermi allo stupore per l’industriale. Tetti rossi e una tranquillità da latrato. Il Monferrato è uno spauracchio impossibile da non guardare e a cui non fare riferimento. Chi ha deciso per la pianura, però, non ha potuto fare altro che adeguarsi, rivendere tutto alle grosse aziende e magari tenere qualcosa per le proprie cene e e per i propri amici. In pochi sono riusciti a ribaltare l’imposizione territoriale, in ancora meno a creare una comunicazione al di fuori di quelle quattro zone in Italia (Vercellese, Lomellina, Baraggia, Bassa Veronese) in cui il riso è molto più di una religione. Cascina Daneto è un buon posto dove provare a cercare un’eresia. Continue reading Cascina Daneto: le forme del riso… Famiglia Debernardis

Panificatori boschivi… Corrado Alberti

alberti

Montegrino Valtravaglia, in una di quelle valli che parla di Lombardia attraverso la sua morfologia più definitoria. Le strade diventano carreggiata ristretta, rami in mezzo alla strada, laghi scomparsi e boschi d’asfalto. Le curve e i ponti rimangono dietro la vista quei secondi necessari per aver paura del buio… perché qui tutto è selvaggio, i paesi sono case e qualche bottega, gli acciottolati si stringono e le frazioni prendono il nome dalla natura, ridando indietro acqua, nebbia e distanza. Qui il turista non arriva, la montagna non supera i mille metri, l’orizzonte non ripaga e gli alberi nascondono la tranquillità di stare isolati lontani dal desiderio. In Valtravaglia non ci si arriva per caso e non si passa per passare. Ci vuole tempo, si edifica, si rimane irretiti in quel fascino nebuloso che percepisce tutto come vicino ma senza apparenza. Così, chi della provincia di Varese ha sempre visto il passeggio di madre e figlia a spendere i soldi del marito-padre imprenditore/costruttore, qui ritrova il comune senso del pudore in una famiglia che dal sostenibile ha voluto creare un’esistenza. Continue reading Panificatori boschivi… Corrado Alberti

La lunga conservazione della pizza… Massimo Gatti

GATTI MASSIMO

Borgo Val di Taro è un miraggio. L’autostrada segnala l’uscita ma è tutto molto confuso. Emilia, Liguria e Toscana compongono un trivio inespugnabile, i boschi chiudono e tutto quello che resta viene fagocitato dal greto del fiume Taro che lascia rocce bianche e cespugli inerti. Borgotaro è una facciata pastello con un ricamo di persiana verde-Liguria che confonde il mare con la montagna e con la località termale da belle epoque. Qui, dove i funghi regnano incontrastati e dove i raccoglitori dormono in macchina nell’attesa dell’alba e delle creste piene di porcini, le nuvole ricoprono quella parte di sole che ridà tutto indietro sotto forma di fine del mondo. C’è quella luce classica che spoglia l’anima, che ci fa sentire più nudi e più vicini, in un abbandono da centro storico raffinato che prova a rubare un po’ di egemonia a quella natura che tutto si prende. Perché qui il selvatico è ancora selvatico e le persone, sul crinale di un passaggio infestato nel corso delle estati, hanno preso il turismo cercando di renderlo il più quotidiano possibile. Continue reading La lunga conservazione della pizza… Massimo Gatti

La Valle Sabbia e i suoi lieviti… Pietro Freddi

freddi

Casto. Frazione Famea. Un luogo remoto all’interno di una valle remota. Bosco e qualche allevamento. Le case, al di là del paese, mettono addosso la voglia d’inverno. Ci sono pochi alberghi, qualche agriturismo che sta provando a capire come bloccare l’orda di gruppi organizzati per cene a prezzo fisso, poche curve, molte strade senza uscita e quelle frazioni che non lasciano null’altro che la meta. È tutto vista eccezion fatta per quei sabato sera passati a truccare motorini o fare indianate in mezzo agli abeti. Se il tempo lascia passare l’adolescenza senza troppi calli nel cervello, allora quegli stessi posti possono rimettere in circolo una nuova opportunità di bellezza. Tornare indietro e fare l’artigiano, rilevare un paio di panifici e alla fine capire che la soluzione è poco più sopra, in un laboratorio senza più bottega, centralizzando in mezzo alla roccia ed esportando il proprio prodotto dove il passaggio può diventare turismo o rimanere solo passaggio. Ecco, Pietro Freddi è nato a Casto e a Casto continua a vivere, portando in giro la propria arte imparata nel tempo e nei tempi giusti, senza fretta ma soprattutto senza bisogno di lodi imbrodate da quadretto radioso sopra il banco di vendita. Arrivare dove è arrivato, passando per i famigerati corsi di formazione del sindacato dei panificatori, è una lode senza nemmeno necessità di assaggio… Continue reading La Valle Sabbia e i suoi lieviti… Pietro Freddi

Paste e nebbie… Sandra Viviani

viviani

Cortemaggiore. Perpendicolarità romana all’interno di una struttura agricola che lascia intatte le chiese, i portici e quei colori pastello che sembrano trasportati da una Mitteleuropa lontana anni luce. Soprattutto nella decadenza. Qui si coltivavano pere e si coltivano pere, si piantava mais e si raccoglie mais, si estraeva petrolio e non si estrae più nulla. Cortemaggiore è rimasta una provincia piacevole, uno di quei paesi dove non è così necessario che il paesaggio rimanga solo passaggio. Ci si può anche fermare per scaldarsi, per guardare i decumani, per sedersi ad un tavolino o sotto i gradini di una chiesa, per guardare quei campi lascito culturale di un’Italia ferma al bianco e nero, alla serietà, alla prosopopea e alla caricatura. Dove si mangia in casa e dove si mangia al ristorante, perché siamo molto oltre o molto prima del prodotto tipico, di quei luoghi talmente pantagruelici da non avere eguali nel mondo. Da nessuna parte. In questa provincia, l’esaltazione culinaria non è mai scesa a compromessi, si è solo un po’ sporcata e un po’ digitalizzata. Ma il pudore delle rughe continua ad infarinare mattarelli. E così nasce il mestiere della pastaia che ha appreso la manualità dei ristoranti, dei Cantarelli e di tutte quelle trattorie che han creato un’eponima maniera di definire questi luoghi, bassa padana. Qui, Sandra Viviani ha deciso di sfidare l’establishment e di provare a fare del tortello un mestiere. Continue reading Paste e nebbie… Sandra Viviani