Dei profumi assolutamente inaspettati… Alessandro Bignamini

sud milano

Melegnano non è altro che un casello autostradale. In questo nome flessuoso, non c’è nient’altro che un pedaggio da pagare, file da decomporre e un rientro dalle vacanze che rilascia solo nostalgia. Eppure ci sono delle persone che qui vi abitano, che qui lavorano e che qui passeggiano. Esiste un centro, delle rotonde, delle enclave di migliorabilità, uno snodo tranviario, un palazzo comunale, i giardini del castello e un acciottolato che, al di là di tutto, lo rende più piacevole di qualunque svincolo. Eppure, rimane sempre un punto di passaggio, tra l’Emilia e la Lombardia, su quel fiume Lambro che non lascia nient’altro che campi di granoturco e di soia, rogge e strade troppo strette. Così, in una via anonima, di luoghi dove i lavoratori si sono sempre succeduti, almeno fino alla crisi, la famiglia Bignamini-Bellomi, negli anni ’80, dopo aver visto, in un racconto tra il surreale e l’avanguardistico, l’insegna “Amico”, l’ha importata apponendola al proprio panificio.

A monte di una comunicazione anacronistica… Continue reading Dei profumi assolutamente inaspettati… Alessandro Bignamini

Una storia di pasta che si rinnova sempre uguale a se stessa… Famiglia Martelli

martelli

Lari. La pianura comincia a diventare collina e i cartelli a segnalare prodotti tipici. La ciliegia è decantata ma non coltivata, le strade si trasformano in curve e ciottoli. Le mura iniziano a circondare i centri storici e agli occhi non resta che rimanere, ancora una volta, conturbati alla vista dei primi cipressi e delle abitazioni che si trasformano in torri, all’interno di giardini delibanti conti svizzeri e ascendenti nordici. Così, Lari si presenta nella sua sonnolenza di piccolo gioiello nascosto, sì turistico, ma ancora poco sovraesposto alle calate dei pullman, dei barbari, degli accenti trafelati e dei menù tradotti in aramaico turistico. È come se qui esistessero ancora gli abitanti del luogo senza affacci monumentali. Ma lo stupore ha sempre il polsino inamidato pronto alla bocca aperta. Continue reading Una storia di pasta che si rinnova sempre uguale a se stessa… Famiglia Martelli

Una pizza concupita… Antonio Pappalardo

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Rezzato. Pedemonte di varie geografie. L’hinterland senza nessi logici con la memoria, la collina di Botticino che non ha nulla di fascinoso nemmeno oltre lo sguardo e il Monte Regogna con le sue cave, che aprirebbe scenari, villette con tetti in pietra, le fabbriche tessili lungo il naviglio e le vecchie cascine stilizzate in una forma di nobiltà che perde pezzi ogni giorno, se non fosse per una strada che non porta da nessuna parte. La via del marmo assomiglia torvamente alla via del cemento. Il Bacino Marmifero della Valle Sabbia, al di là di interessi economici e lavorativi, appare come un’occasione sprecata di ricordo. Eppure il fascino del mantenimento, della lavorazione, della morte, della valle, delle infiltrazioni comunicative tra paesani e forestieri, al di là della banalità museale, manca totalmente di aggregazione, di un senso che possa portare fuori quell’archeologia industriale che continua a dimostrare noi stessi molto più di qualunque Altare della Patria. Continue reading Una pizza concupita… Antonio Pappalardo

Bisogna credere alla cultura delle mani… Fabrizio Zucchi

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Ciliverghe di Mazzano. Rotonde e centri commerciali, centri commerciali e ronde, centri e rotonde commerciali. La commercialità del luogo è talmente tonda che il nome non può che essere mellifluo. È tutto così informe da non avere né più centro né più periferia. Si è scelto per le case basse, magari due piani, magari con un giardino in cemento, si è scelto per non mantenere più la logica della relazione. È tutto molto codardo, le vie di fuga, le code, la necessità di comprare, corroborata dalla facilità di trovare, e quella voglia di non lasciare alle persone che la notte per immaginare la giornata successiva. È hinterland, è lo stesso hinterland che c’è ovunque, privato dell’andito operaio, privato del bisogno di coesione e lasciato marcire sotto il sole rovente del cemento e del prefabbricato. E così, qualcosa che viene fabbricato prima non può che essere senza luogo. Non c’è contemporaneità, non c’è futurismo e non c’è nemmeno passato, eccezion fatta per la notabile Villa Mazzucchelli. Continue reading Bisogna credere alla cultura delle mani… Fabrizio Zucchi

Dal chicco all’alveolatura contenuta… Gina Bisoglio

bisoglio

Lu. Un paese invecchiato. Uno di quei luoghi lasciato nelle mani di nessuno e così ritrovato centinaia di anni dopo la sua fondazione. Un colle di proprietà, una vista che non lascia requie, delle strade senza macchine, ma soprattutto una serenità anziana che riporta tutto alla sacralità. Ecco, Lu è un paese uscito da una fotografia neorealista a colori. Nessun dialetto, molta accidia, una determinazione per affrontare il nemico, luoghi messi in vendita per pochi denari, continuo cambio d’abito nelle colture, una postazione di difesa, la cantina sociale più antica della provincia di Alessandria, dove un tempo conferivano quasi 400 agricoltori e dove ora sono rimaste a terra le briscole, ma soprattutto una quantità di colori totalmente privi di turismo. Tonalità di marrone e giallo che non sono mai state vendute oppure, con meno poesia, che non sono mai riusciti a vendere. Continue reading Dal chicco all’alveolatura contenuta… Gina Bisoglio

Zicchinèe: fare le cose bene e con calma… Mauro Ponzetto

farina

Civiasco. Valli plumbee tra il lago d’Orta e la Val Sesia. Qui, quando piove, la strada diventa foglia e i boschi, giungla. Non ci sono paesi intermedi, se non frazioni e musei dedicati alla rubinetteria. La strada principale non invita alla deviazione e nemmeno i curatori di piastrelle alla sosta. I bar che avevano buoni prodotti si sono trasformati in atmosfere modificate. Così nella mia ricerca, incrocio uno dei decani del paese. L’innegabilità di aria e acqua di sorgente distende le rughe e fa proseguire una vita di viuzze. Civiasco è così, è il presagio dei suoi vicoli, dei suoi colori pastello, delle sue fontane e delle pareti affrescate che ricordano antri vittoriani con giardini in perdita. Qui, la gente va ancora a comprare generi di prima necessità in bottega, pena l’estinzione di un servizio e un luogo. Così il paese può continuare a esistere, nelle sue case su quattro piani, nella sua pietra scoscesa e in qualche parete a graticcio. L’estetica di un posto del genere è talmente silenziosa da risultare disturbante. Generando pensiero, genera paura. E il passaggio non lascia il tempo di ragionare sulla futilità del punto di partenza. Civiasco è un paese talmente fuori dalle rotte turistiche, da rimanere meraviglioso. Con i suoi ciottoli, le sue botteghe di artigiani e quelle vie che non sai se ti porteranno altrove. Qui, ha deciso di costruire il suo laboratorio, Mauro Ponzetto, che alla serialità ha preferito il tempo.

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Una piadina fuori da qualsiasi previsione… Fresco Piada

piadina

Riccione venendo da Rimini. Un’estetica di semafori e rotonde mancate. In mezzo tra la collina e il mare. Dove non ci vuole andare nessuno e dove vogliono andare tutti, troppi, anacronistici. Rimini è talmente nascosta da non avere una vendita. Tra i Romani e i Malatesta, la storia è stata portata via dagli stabilimenti balneari e dalle frazioni con i nomi più rutilanti. Riccione non ha un segreto, ha dei corsi e un centro storico che sono stati sventrati dalla voglia di silicone. Ci si allontana dal mare e si trova il cloro dei parchi acquatici e la selvatichezza dei parchi a tema. La sponsorizzazione attrattiva è il claim “vieni a vedere le lontre”. Ma chi va a vedere le lontre??? Così la zona industriale diventa quasi un lenitivo. Rotonde, rotonde, lavori in corso, caselli autostradali e il prodotto più tipico nel posto più tipico. La Piadina. Continue reading Una piadina fuori da qualsiasi previsione… Fresco Piada

Lièvita nel deserto senza ombrelloni… Alessandro Battazza

lievita

Riccione. Viali alberati di un sabato a pranzo con il sole in crescendo. Tra l’autostrada e il mare non si riescono ancora a cogliere tutte le essenze di un luogo senza amore. Il turismo di massa ha lasciato sulla strada la faccia degli albergatori, costretti a vendere le camere fuori stagione manco fossero delle enciclopedie fuori tempo massimo, cittadini locali convinti che agosto possa perpetrarsi dodici mesi all’anno, pastry chef copioni che dei ristoranti d’alto bordo si sono portati dietro la mancanza di strutture, comunicatori del “si può fare anche senza siringa”, parchi acquatici fuori stagione dall’aspetto sinistro e cigolante, viali di tendenza dagli occhiali a specchio, la pelle irrancidita dalla sveglia alle due del pomeriggio e tanti troppi stabilimenti balneari. Continue reading Lièvita nel deserto senza ombrelloni… Alessandro Battazza