Un pasticciere che non si è limitato… Paolo Riva

Treviglio. Bassa bergamasca. Morfologia di un tempo che è paese, campagna, pieve, cattolicesimo, imprenditoria, artigianato, agricoltura, dispendio, immigrazione, ricordo ma soprattutto ormai è disinteresse. La facilità delle rotonde e delle carreggiate ha preso in mano questi paesi infilzandoli da tutti i lati, come a sancire la supremazia di un uomo che, proprio in luoghi così discinti, ha perso la preminenza della piazza. Gridando e imponendo, ha lasciato dietro di sé l’ombra della relazione, chiudendo a doppia mandata con i chiavistelli, mettendo le grate alle finestre, allarmandosi e allarmando tutto il villaggio e concedendosi un tempo libero che non può prescindere da un tempo occupato e affogato. Così le ritualità della colazione, dell’aperitivo e della bevuta anticipano e posticipano l’imposizione proletaria che ha tenuto surrettiziamente imposti gli orti che, al tempo delle case operaie, tentavano di reprimere le piaghe sociali. Adesso Treviglio è un luogo di locali, ristoranti, bar e pasticcerie. Il livello è passato attraverso le sfide e la qualità ne ha giovato. Paolo Riva, nel mentre, ha deciso di tornare a casa… Continue reading Un pasticciere che non si è limitato… Paolo Riva

I Biscutin dal Strii nel paese dei balocchi … Anna Maria Tirozzio

Fobello. Val Mastallone. Pesca alle trote, retaggi automobilistici, castelli di spionaggio, rettilinei zigzaganti, massi e gelo portano verso quelle poche persone che, superata l’assenza di un legame familiare e originario, hanno deciso di fondare la propria esistenza secondo ritmi ed economie lontane dal logorio: un’enclave importante di trasformazioni domestiche che non ineriscono direttamente ad un territorio. Un’Italia che riesce a guardare oltre, dove le spiegazioni artigiane non devono necessariamente riportare alla terra, altrimenti detta canyon in penombra con case costruite guardando l’angolazione e i tempi del soleggiamento. Fortunatamente si riesce ad andare avanti, a supplire e a rendersi conto che il tempo che resta, quello di sopravvivenza e quello che fa tornare a ripopolare i borghi, è un tempo che andrebbe perduto, un tempo manchevole, senza angoli, in cui non accorgersi è più semplice e dove l’invidia muove sempre il primo passo verso il prossimo. Paradosso che è già un atto di vita messo in opera da chi l’eccellenza preferisce raggiungerla in luoghi trascorsi o interrati. Qui, a Fobello, Anna Maria Tirozzio ha deciso di portare le sue nuove quotidianità e si è messa a produrre biscotti. Continue reading I Biscutin dal Strii nel paese dei balocchi … Anna Maria Tirozzio

Parigi: dove decidono le pasticcerie…

Tolto il fascino delle prime volte, il ridimensionamento di una città si vede dal tempo speso a non fare altro che vagabondare, non stupirsi più e rimanere attratti dal silenzio e dalla decadenza. E nonostante il clima aiuti a confondere, sbagliare strada è pressoché impossibile. Parigi è una certezza di zainetti, turisti sepolti, guide illuminate e occhi persi a rimirare. Almeno negli arrondissement più pertinenti alla Senna, quelli che hanno creato mitologie, che hanno visto lacrime, marciapiedi scalfiti, corse ininterrotte, proteste senza necrosi, gli stessi che sono stati ribelli e che sono diventati borghesi… perché Parigi è una città di straordinari ed enormi luoghi comuni, dove lo scarto è sempre una parola non detta. E così trovi psicanalisti italiani e lacaniani, registi con la macchina di scorta, produttori di aglio nero in bavero e redingote, suonatori di pianoforte dodicenni, poveri senza soluzione di continuità, ricchi dalle finestre luminose e sempre aperte, design decadente e prezzi che non hanno eguali perché il fascino non ha eguali. E qui si paga ancora il tempo per far sì che il ricordo, al di là dell’oggetto comprato e della baguette da mettere sotto l’ascella, sia un affastellarsi di presenti brevi che diventano storie condivise e racconti di qualcosa che non avrà mai comparazione. E così tirarsi fuori, provando a prendere il dolce come forma di corredo, può essere un buon modo per definire Parigi, senza dubbio, la città più succulenta del globo. Perché lo zucchero è sempre lo zucchero. Almeno nell’immaginazione e nella costruzione. Continue reading Parigi: dove decidono le pasticcerie…

Dolce Locanda: il tempo che è passato, passerà?… Giulia Cerboneschi

Verona è un girone di rientro, vicoli e dolci lievitati. Ci sono famiglie storiche, che hanno diviso, si sono divise e hanno conquistato la fiducia borghese di una cittadinanza affermata dalle regole e dal compromesso, senza baldanze e rivoluzioni, senza necessità di doversi affermare al di là delle nozioni e degli insegnamenti. In città come queste le rughe hanno ancora la loro funzione sociale e i locali mostrano più di quanto realmente contengano. La famiglia Perbellini, edulcorata forma di noblesse oblige con molta forma e poche domande, ha allungato le tovaglie su possibilità più prosaiche, portando, da Isola Rizza, non solo contrasti ma anche sobri dolci atavici e una ragazza, con una esperienza importante nel posto giusto, quelle Calandre che sono più di un ristorante, con formazione, laboratorio, intelligenza e saper fare: Giulia Cerboneschi, 27 anni da compiere, è colei che si è presa in carico la rivisitazione del dolce di casa Perbellini. Continue reading Dolce Locanda: il tempo che è passato, passerà?… Giulia Cerboneschi

Pasticcieri antichi e riguardosi… Cesare Ruffoni

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Zogno. Una Val Brembana idroelettrica e fascinosa si è trasformata, per colpa di qualche rotonda raccomandata dai raccomandati, in una coda senza fine di persone e macchine che si destreggiano tra i benzinai e le piste da sci, prese dal qualunquismo di non rendersi conto che continuare a costruire aumenta il pregio, togliendo il lusso di avere un posto ancora selvatico, dove le foreste ghiacciate rimangono orlate di stalattiti e immersioni in film natalizi e dove gli orridi che cadono sopra i fiumi, di massi e acqua, rimangono di una lucentezza folgorante. Luoghi compromessi dove l’archeologia industriale dallo stile imprevedibile ma inconfondibile regnava sovrana e che ha dovuto cedere lo scettro del tempo alle case basse, alla poca neve e all’uniformità dei climi e degli sguardi. Un paese di passaggio non può e non deve mai rimanere solo un paese di passaggio. Deve cingersi e imbellettarsi, magari attraverso gli artigiani. Perché provarci in solitudine è come continuare a dare la precedenza alle rotonde. Cesare Ruffoni sarebbe stato un’opportunità ma è rimasto per troppo pochi. Continue reading Pasticcieri antichi e riguardosi… Cesare Ruffoni

La Torta di Vigolo è l’emblema della tradizione… Fratelli Perazzi

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Vigolo Marchese, frazione silente di Castell’Arquato. Basilica romanica e battistero. Astensione e qualche vite scandiscono il tempo dei pellegrini che, sulla via Francigena, si dipanano tra una salita e una discesa dai pullman. Piatti tradizionali e ristoranti rastremati, dove il barocco ha perso la sua funzione ed è ritornato nelle case per i pranzi molto più tipici del tipico. Queste frazioni sono rimaste preda del paesaggio, dei terreni coltivati a zucche, delle orazioni funebri che toccano qualcuno di sempre più vicino e di un liberalismo territoriale che ancora nel saluto trova il suo gesto più iconico, l’unico che qui non cambia nonostante un’Emilia più dimessa, in tono minore, negli sguardi e nel tempo condiviso, perché qui il freddo non si è mai aperto alla parlata e il fraintendimento è sempre quello di essere belli ma troppo vicini ai caselli, quelli delle nebbie e quelli delle fughe. Continue reading La Torta di Vigolo è l’emblema della tradizione… Fratelli Perazzi

La pasticceria è recupero che non smette di cercare … Fabrizio Galla

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San Sebastiano da Po. Un fondovalle che guarda già alla meticolosità del Monferrato. Un luogo tranquillo e appartato, in quell’incontro tra colline che ispira la pianura, rimanendo un di più di senso. Le strade sono semplici, le abitazioni anche, la storia rimane aggrappata a finestre, muri e castelli che nei campanili e nelle alture riecheggiano il tempo del possedimento. L’agricoltura è rimasta soggiogata ad un progresso che non ha mai guardato più in là di un granoturco da battaglia e di un impoverimento di una tradizione che mai c’è stata. Questi sono luoghi di passeggio, dove il tempo non è condizione fondamentale e dove riconoscersi è la prima delle abitudini e l’ultima delle costrizioni notturne. La parte del sogno, inalterata altrove, qui è dovuta rientrare attraverso vittime inconsapevoli della devozione, è dovuta arrivare attraverso l’abilità di un pasticciere che, al bordo di una strada, in quello che è il ristorante di famiglia, ha portato i suoi dolci, tra i più evoluti che, in questo momento storico di sottomissione all’adorazione, si possano trovare in Italia. Continue reading La pasticceria è recupero che non smette di cercare … Fabrizio Galla

Efri Bar: un cannolo straordinario… Enza Mazara

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Trapani ha tante facce, può essere anche un’assolata periferia in cui avere fretta e trovarsi imballato in una serie di circostanze che non sempre sono risolvibili. Finite le frazioni e lo spazio dedicato ai bagli, la città pone la propria confusione al servizio di una viabilità che non è mai pudore. Qui i negozi sono i principi di un determinismo siciliano che non diventa succube di se stesso. E così si tralascia l’estetica ad una cultura ampia, ad un centro storico riadattato e a un bisogno turistico di cuscusu raffinato; il resto è manifesto solo per pochi, per quegli abitanti che scendono le scale e bevono il caffè sotto casa magari senza accorgersi dello stupore. Perché se è vero che il grande artigianato è grande ripetizione, è sì vero che non si deve dare mai nulla per scontato. E così da una frazione di Paceco dove è nata la mitologia, una donna, di una semplicità sopraffina, ha portato fuori il simbolo delle dolcerie siciliane innalzandolo a meraviglia. Continue reading Efri Bar: un cannolo straordinario… Enza Mazara