Un pasticciere che non si è limitato… Paolo Riva

Treviglio. Bassa bergamasca. Morfologia di un tempo che è paese, campagna, pieve, cattolicesimo, imprenditoria, artigianato, agricoltura, dispendio, immigrazione, ricordo ma soprattutto ormai è disinteresse. La facilità delle rotonde e delle carreggiate ha preso in mano questi paesi infilzandoli da tutti i lati, come a sancire la supremazia di un uomo che, proprio in luoghi così discinti, ha perso la preminenza della piazza. Gridando e imponendo, ha lasciato dietro di sé l’ombra della relazione, chiudendo a doppia mandata con i chiavistelli, mettendo le grate alle finestre, allarmandosi e allarmando tutto il villaggio e concedendosi un tempo libero che non può prescindere da un tempo occupato e affogato. Così le ritualità della colazione, dell’aperitivo e della bevuta anticipano e posticipano l’imposizione proletaria che ha tenuto surrettiziamente imposti gli orti che, al tempo delle case operaie, tentavano di reprimere le piaghe sociali. Adesso Treviglio è un luogo di locali, ristoranti, bar e pasticcerie. Il livello è passato attraverso le sfide e la qualità ne ha giovato. Paolo Riva, nel mentre, ha deciso di tornare a casa… Continue reading Un pasticciere che non si è limitato… Paolo Riva

Il cacao del delta del Mekong (featuring Marou)…

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Can Tho, My Tho, Ben Tre. Il delta del Mekong in tutta la sua ampiezza di strade uniche senza itaerpendicolari, case, baracche, sedie di plastica, amache e dietro una profondità abissale, dove si aprono corsi d’acqua che si richiudono subito tra palme e bambù. Nel loro casino esistenziale, anche la natura non poteva prendere altri tratti e così immergersi in questa proto-giungla, dove la frutta ti cade in testa e dove le maree tolgono acqua e portano sabbia, è qualcosa di intimamente legato alla fortuna… di trovare qualcuno che ti ci faccia penetrare, spiegandoti le direzioni e la viabilità di un luogo dove compaiono case, ponti, motorini e strade ma dove è impossibile ritrovare una destinazione abbandonata. Qui gli alberi da frutta imperano lavorando sul subliminale e sul riflesso condizionato. Non ce la fai, vorresti mangiare tutto, farti tagliare i jack fruit al momento, lasciarti ammaliare dal cromatismo della pitaya, aspettare che i mango maturino e le noci di cocco diventino arancione. È un luogo inquinato, sudato e meticcio, da cui andarsene diventa una profonda forma d’ingiustizia. Continue reading Il cacao del delta del Mekong (featuring Marou)…

Caffè, sfoglie e amenità antifrastiche… Agostino “Gusto” Pastore

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Gambolò è un’enclave qualitativa al di là di qualunque previsione. Ognuno alla sua maniera, in queste terre di riso e nebbie, i produttori procedono in solitudine attraverso il corridoio che li porterà al macello. I soloni indovini, dell’associazione dal gusto dubbio e dalla predica facile, sono dietro l’angolo per il consiglio domenicale, per portare sulla retta via, tra parrocchie e piazze, le anime disilluse dalle mani rozze e dal meccanismo poco oliato nelle officine di provincia. Qui il deforme s’invera nelle case dormitorio per famiglie modello, dal parchetto dietro la siepe, e nel diroccato postprandiale dei giovani gambolesi, sprofondati nel sonno fiabesco dei vent’anni e delle impennate in motorino tra le zanzare dentro i fossi. Finito tutto, quel che resta deve riproporsi, con le rughe o con i pannolini, come emblema di una provincia italiana divelta dalle fughe e dall’abbandono, per lasciare agli eroici frangiflutti l’ingrato compito di schivare i colpi e di proporre qualcosa che dell’economia non ne fa una fierezza. E così, appena assorto, all’angolo della piazza principale, il bar di Agostino Pastore diventa l’espressione di un inaspettato, un presidio ironico della civiltà. Continue reading Caffè, sfoglie e amenità antifrastiche… Agostino “Gusto” Pastore

Micro-Torrefazioni, il caffè che non cede il passo… Maurizio Valli

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Bergamo non più divisa, Bergamo città di artigiani e principi dimessi. E così, una mattina qualunque di un giorno qualunque, mi ritrovo per le mani l’impossibilità al diniego. Devo andare in città e scoprire se qualche artigianalità intatta è sopravvissuta alla dipendenza. Come poche città italiane, Bergamo è ancora in grado di ospitalità, ha una borghesia affettata, delle facciate proditorie, un crepuscolo coinvolgente e accecante, e rimane se stessa al di qua di mode che insistono e necessariamente se ne devono andare. È un centro pieno d’interesse, dove gli artigiani riescono ancora ad aprire le loro copie conformi e dove esiste una realtà conclamata di qualità al di là di tutto. Delle lamentele, della città morta, della borghesia imperante e del tedio esistenziale. Non bisogna necessariamente scappare e pregare, si può rimanere, portando avanti l’impossibilità all’oblio. Continue reading Micro-Torrefazioni, il caffè che non cede il passo… Maurizio Valli

Albori di qualità… Pierluigi Fornero e Emanuela Calliero

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Luserna San Giovanni. La pianura puzza ancora di industrie tessili e diindustrie dolciarie. Qui ci si complicò la vita con il gianduiotto e si continuò a guardare le valli valdesi come una forma di comunità al di là di tutto. Il calcio è diventato hockey su ghiaccio e le Alpi Cozie hanno dato sostentamento e visibilità alla valle. I formaggi si sono nascosti dietro e sono fuoriusciti i tetti in pietra. Qui, le cave della pietra di Luserna, che ricadono principalmente in Valle Po, i fiumi che imbottigliano acqua andando sul ghiaccio, quel liscio e piatto che dei tetti di tutto il mondo ha creato un paradigma, non hanno lasciato molto alla terra, volgendo gli sguardi nella certezza di qualcosa di maturo. Così, fermarsi è un elogio più che un desiderio. Il motivo è quello di una pasticceria dal nome evocativo: l’Alpina. Continue reading Albori di qualità… Pierluigi Fornero e Emanuela Calliero

Antica Dolceria Bonajuto da tutti i punti di vista… Pierpaolo Ruta

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Modica. Una delle roccaforti del tardo barocco. Un terremoto et voilà trecento anni di storia a nascondere bene rughe e crepe. Due duomi, una città alta e una città bassa, una conca dove nascondersi, delle tradizioni inscalfibili e, soprattutto, una ricchezza “bella” che non può che far tornare. Strati di case, vicoli e scale che non portano da nessuna parte. Una rocca a dominare il tutto, un fiume interrato che ha trasformato la Venezia del sud in qualcosa di rarefatto, quasi inesistente. Modica è campi lunghissimi e ritmi lenti, le macchine in coda non hanno fretta, le persone si schermiscono dal sole. Campanili, chiese e ancora campanili. Il barocco è l’apparenza di una struttura medievale che torna sempre sui suoi passi. Questo luogo è un pensatoio naturale, senza vie di fuga. Non si può fare altro che immergersi. È meno manifesta del presepe di Ibla, dell’illuminazione di Scicli o del color deserto dei viali di Noto, ma ha la follia incasinata di una Sicilia meno condita. Continue reading Antica Dolceria Bonajuto da tutti i punti di vista… Pierpaolo Ruta

Dalla macchina al cioccolato… Famiglia Datei

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Borgo Priolo. Un insieme di frazioni che suddividono la geografia. Dal basso verso l’alto. L’industria scompare, compaiono le campagne, le campagne scompaiono, compaiono i vigneti. È un succedersi di minuscoli centri abitati intervallati da curve all’inizio di quell’Oltrepò Pavese che non ha ancora visto un’urbanizzazione spinta. I canali rimangono canali, la natura è diventata coltivazione, i monti sono in realtà colline e l’estensione è quella di un capoluogo di provincia con centomila abitanti in meno. Per ogni indigeno ci sono tre filari di vigneti, dieci alberi, quattro pietre e un paio di curve per sovrammercato. Produrre qualcosa che non provenga dalla terra è uno stravolgimento dell’ozio. Continue reading Dalla macchina al cioccolato… Famiglia Datei

Tartarino di Vicoforte e il cioccolato… Silvio Bessone

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Vicoforte. In quell’angolo del Piemonte che guarda la Liguria, tutto è più candido. Sarà la neve, saranno le curve o sarà la compagnia, ma se esistesse ancora un romanziere d’appendice mi chiederebbe in dono quelle due ore come pegno della sua mancanza di fantasia. L’incredibile è la casualità di una decisione presa, ad una rotonda, stretti dai morsi della fame. Il santuario di Vicoforte è una storia, una dedizione e una leggenda, i pellegrini arrivano, hanno i parcheggi dei pullman, hanno un paese che si allarga in una valle e che richiama la religiosità dello sguardo più che del gesto. Continue reading Tartarino di Vicoforte e il cioccolato… Silvio Bessone