1690: Mulino a ruota orizzontale a cui mancano le parole… Mario Affannato

Novara di Sicilia. Peloritani messinesi, luoghi lontani dal turismo e quindi obbligati a dedicarsi alla dedizione. Le scorciatorie sono terre di nessuno e di lavoratori dell’invisibile, qui il luogo c’è, si vede e si cura. Manca il consiglio e manca la lontananza, ma è ben presente la tradizione di scambiarsi ancora l’attitudine al pensiero. E così tempi remoti e campi lunghi portano ad affacciarsi su un castello con ristoranti improvvisati, dove fiumi d’acqua e mezzi casuali accompagnano nella gentilezza uno stomaco maltrattato. Il castello è lì, come le tradizioni, i bar del paese e le pasticcerie (che poi sono gli stessi bar), che fanno dita degli apostoli e ravioli di ricotta, dove le materie prime sono casuali e i tavolini rappresentano alla perfezione la gentilezza del posto. Figli di ritorno, professori prestati al racconto, qualche turista dall’orecchio lungo, il Maiorchino come formaggio e rappresentazione fiera di necessità diventate desideri, e una fretta convertita dalla pioggia in attesa. E la fortuna di rimanere si trasforma in un mulino di leggendaria intimità, in quella valle che una volta, uno a distanza di sicurezza dall’altro, ne contava quattordici.

Mario Affannato, insieme al padre Ugo, ne ha recuperato uno, datato 1690. Scalpellino di professione, mugnaio per passione. Una storia leggendaria che, nonostante il folkloristico sia dietro l’angolo, non deve cadere nel folkloristico. Dai commenti, alla ricerca del turismo, i grani autoctoni devono rimanere grani autoctoni. Una macina a pietra, una tramoggia, nessuna selezione all’ingresso, pochissimi giri al minuto, temperature che non salgono nemmeno sopra i trenta gradi, pochissima farina molita e un ambiente che vira più verso il museo che verso la produzione. Qui le macchine si accendono di necessità, i clienti ci sono e il tempo non è un inganno. Però l’acqua che cade sulle ruote orizzontali, la pietra, l’orto e le vigne che camminano sulle teste sono perdizioni difficili da dimenticare. E così rimani lì a guardare, nonostante la Maiorca, la Tumminia, il Russello o il Perciasacchi, nonostante la storia di Mario sia quella di un artigiano a metà strada tra la pietra e la pietra, i profumi siano corroboranti, la storia sia blandamente organizzata e gli occhi siano ancora una domanda. Quella struttura è oltre, non ha modernità, ha difetti, macina chicchi senza controllo, ma è già racconto e, ogni tanto, nel racconto mi tocca ricadere. Prima dello scientifico e prima dell’autorità, a volte, lo sguardo e la pioggia possono ancora smuovermi…

MULINO AD ACQUA GIORGINARO

CONTRADA GIORGINARO

NOVARA DI SICILIA (ME)

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