Il concetto che precede l’artigiano. Iginio Massari

(un omaggio al pensiero, all’uomo, alla filosofia… il produttore senza il prodotto)

Brescia. Pasticceria Veneto. Torno, non troppo convinto, nella speranza, questa volta, di trovare il Maestro dei Maestri, Iginio Massari. La suggestione della prima volta ha lasciato spazio alla concretezza di un posto formale ed engagè.

Arrivano insieme, la moglie e lui, “Il divino” (appellativo, tra l’ironico e il deferente, usato da allievi e fedeli, per mantenere quel giusto rapporto con l’idolo, senza castrarsi eccessivamente e, nello stesso tempo, senza prendersi troppo sul serio).


Tenuta elegante ma sportiva, capelli bianchi e occhi azzurri. Fascino magnetico. Mi concede la sua presenza al tavolino, non particolarmente punto a vaghezza ma gentile nella sua formalità di divinità.
Ecco. Quello che è successo nell’ora e mezza successiva ha cambiato nella sua interezza la mia visione del dolce in quanto dolce.
Inizia a disquisire dell’affare “Torta Sette Veli”, del campionato del mondo di Lione, delle diffide da parte di alcuni noti pasticceri contro un altro noto pasticcere siciliano. Poi si ferma. Corroborato dalla moglie, in maniera fredda, ma non particolarmente distaccata, sentenzia “Nemmeno la diffida ha ragione di esistere. Anzi ce l’avrebbe, se l’avessi fatta io…”. E così chiude il sipario del primo atto, ricordando chi fosse l’”allenatore” e l’ideatore di quei pasticceri e di quella torta.
Sorriso alla Jack Nicholson, occhi vividi, facondo ed estasiato allo stesso tempo. Sguardo mefistofelico, compiaciuto, che chiama all’idolatria. Non si può fare a meno di seguirlo. Nelle sue letture, nelle sue scritture e nelle sue parole. Le cura tutte in maniera ieratica con i gesti consueti di un rabdomante. Con quella certezza assuefacente che lo rende Divino ancora prima di conoscerlo, finanche di nominarlo.
E’ fuori dall’ordinario perchè mantiene un contatto concreto con l’imprenditorialità e il successo. Non si è chiuso in se stesso. Non ha trattenuto, in maniera artigianale, il sapere nascosto al sapere stesso. Si è tirato fuori, creando, insegnando, raccontando tutto quello che gli passava per la testa.
Stima Joel Robuchon, Alfonso Iaccarino e Alain Ducasse. Crede che lo chef più grande sia quello in grado di mantenere un livello etereo per 10 persone così come per 300.
Ha trasformato la sua vita, il suo passato (quello di cuoco, di gelatiere e di poeta della tradizione) e la sua passione, in un mestiere. Ha lasciato un po’ di fascino tenebroso e ha acquisito un’autorialità e un’autorevolezza unica nel panorama gastronomico italiano.
Ha la seduzione del bohemien che ha capito che la sola libertà ha il volto cheto della serenità e che la continua ricerca deve essere qualcosa di individualistico, al di là del tutto.
Con tre parole, a cui  riesco, icasticamente, a dare un seguito concreto, distrugge la professione di gelatiere (ed è quasi riuscito a convincermi…). Manca il concetto, manca un’idea rivoluzionaria, manca la bellezza…
Mi racconta del suo passato in Svizzera, dei suoi maestri, mi sussurra, tra una risata fragorosa e una mano passata tra i capelli, il suo passato da dongiovanni.
Capisco, una volta da solo, l’entità del tir che mi è passato di sopra.
Per Iginio non esiste un’artigianalità applicata, senza una teoresi e un’astrazione fondante e fondamentale. Prima di un atto, esiste sempre una potenza dove celarsi, a contatto con sè e con le proprie fantasie, per creare, immaginare, almanaccare un’architettura del mondo, una prova teleologica dell’esistenza di Dio e della perfezione. Deve esistere sempre una forma prima del contenuto, prima dell’ingrediente (una dissertazione sul cioccolato, su Domori e sulla difficoltà per gli occhi di un artigiano di trasformarsi in quelli di un imprenditore, mantenendo la qualità dentro la quantità, mi fa capire la ricerca ossessiva, di quest’uomo, verso l’eccellenza). Deve esistere sempre un sogno non realizzato che ha bisogno di svegliarsi. Un libro, una teoria filosofica, una ricerca proustiana di una Bellezza al di là di tutto, del fragore, della noia, dei suoi allievi e dei suoi studenti. Deve esistere sempre un al di là dove mantenersi e in cui mentire al mondo per renderlo più bello.
La moglie lo conosce profondamente. Mi racconta delle sue rotture, dei suoi scontri, del suo modo così cruento di opporsi al già costituito, al già legiferato, al pre-esistente.
Se hai lo sguardo di Jack Nicholson e le mani di Demiurgo, non puoi temere nulla e nessuno. Le mie domande si sciolgono, non lo incalzano mai. I miti della pasticceria italiana iniziano ad assumere l’ombra triviale e torva degli angeli caduti di miltoniana memoria.
“Lei sa di mettere in soggezione le persone?”, gli chiedo.
Lo anticipa la moglie con un laconico “Certo”. Lui sorride in maniera sardonica, corroborando il tutto con una frase: “Quando i giornalisti mi chiedono la possibilità di fare un’intervista, rispondo sempre quale vogliano? Se quella sincera o l’altra”. Gira lo sguardo.
Fuori dai canoni e dentro i canoni. Anche nella sua avventura, così formale e così rivoluzionaria, dell’acquisto del ristorante Carlo Magno.
Nel romanzo picaresco che è la sua fulgida fantasia, non ho visto mulini a vento o  fantasmi che possano tormentargli la ricerca. La sua concretezza è così concreta e poetica da non avere bisogno di una glossa, di un dizionario, di una traduzione.
Vive il peccato nella forma della tentazione e non in quella del rimorso. E’ gusto, tecnica, conoscenza storica, tecnologia, rigore e organizzazione. “E tutto questo insieme, spinto all’estremo, produce qualcosa che ha un senso (la pasticceria ndr).
Iginio è una cultura immensa, amplificata da una grande sensibilità”, Pierre Hermè dixit…
… e poi ci sono i dolci: la bossolà (antico antenato del pandoro…), il panettone, l’Immortale, le praline, il pane dei morti, i dolci di mandorla e di pistacchio, le paste frolle, le meringate (tra cui, una alla frutta… per andare in paradiso o con lui su un’isola deserta..), la piccola pasticceria, le mille sfoglie, le follie al mascarpone o all’olio d’oliva, i suoi pensieri, le sue fantasie e i suoi sogni…
…queste poche righe sono prive di sapore… per comprendere, servono una macchina e un palato e servirebbe aver visto gli occhi di mia moglie…!

PASTICCERIA VENETO
VIA SALVO D’ACQUISTO 8
BRESCIA (BS)

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