Zibido San Giacomo. Estensione agricola della periferia Milanese. Rotonde, ponti, ciminiere, molto cemento e altrettanti luoghi retrocessi. I prefabbricati lasciano spazio alle rogge e agli alberi, mentre le cascine hanno resistito come forma culturale e dissidio monacale. Il ristorante da piatto tipico e da rane nebbiose qui si è inverato in una scienza confusa, dove il milanese non riesce ad arrivare o perché non esiste più o perché non riesce più ad uscire e provare a vedere. La fuga da condominio borghese, ogni tanto, è stata scompaginata da alcune cesure e porti assolutamente sepolti, da fossati e acacie, da un tempo scandito dalle stagioni e dalle emissioni sonore delle bestie. Il sistema cascine del parco agricolo sud milanese non fa smorfie e non appartiene a fazendeiros dall’accento meneghino e da bretella impomatata, sono luoghi di lavoro e di sopravvivenza, dove i costi sono più dei ricavi e dove l’abbandono è un male da bivio forzato: o svendersi ad agriturismo di sogni infranti o burocratizzarsi in mezzo ai beni culturali, cercando nella fotografia di un tempo “in bianco e acquarello” un eterno ritorno degli uguali.
Elisa Pozzi ha preso in mano un’idea di suo nonno. Da una famiglia di non agricoli quella tenuta era qualcosa fuori dalle logiche. Ma la figura del signorotto non era nelle corde di un tempo sempre più proletario e così si è cominciato con l’allevamento di Frisone per conferire il latte alla Centrale e qualche terreno messo a seminativi per alimentare le proprie vacche. Nemmeno con il padre di Elisa l’agricoltura si è trasformata in lavoro, per questo ci ha pensato la nuova generazione, più affamata e meno provvida, da cui la vita agra non era più vista come un reflusso periferico ma come un luogo valoriale dove affermarsi e affrancare la terra dalla pressione.
Ha allargato la stalla, continuando a lavorare con le Frisone e con un’alimentazione da “Pianura Padana migliorabile”, sfalcia e autoprduce tutti i suoi fieni, fa rotazioni in campo, ha lasciato una stabulazione più che libera alle sue vacche, 22-23 litri di latte al giorno, pascolo praticamente sempre aperto per tutti gli animali, rimonta in stalla, formaggi a latte crudo, ricotta di solo siero, nessun apporto di fermenti selezionati e prodotti che per luoghi come questi sono un’apertura prima di qualunque discussione. Giovane, donna, con la voglia di riformare e di riformarsi. Gli eccessi di sapidità, i formaggi stagionati da migliorare, yogurt solidi e rinfrescanti, ottimi primi sale e freschi anti-convenzionali perfetti per le trasformazioni sono la risultante che non ottiene più solo il mio interesse.
Qui ci sono decisioni profonde, cagli vegetali e cagli animali, ruralità e contemporaneità, c’è la voglia di lavorare e non di predicare. Elisa è una persona seria che ha deciso di mettere in opera la cascina di famiglia, attraverso le evoluzioni e il passato, attraverso l’imprescindibilità del riso e la voglia di provare a trasformare quel latte di pianura sempre a metà strada tra la beffa e il dimenticatoio.
Magari si recupereranno formaggi in disuso o formaggi devastati dai consorzi, si riporterà nel futuro quella casa di caccia in tardo gotico con gli antichi fregi, si proverà a mostrare una campagna rimasta campagna, non necessitando l’insulsaggine dei parchi divertimento con piscine e propensioni alla bazzecola, si continuerà a vivere in un selvatico raffinato fatto di pozzi, di forni a legna, di fienili dimostrativi, di antiche pile per il riso restaurate e di cascine di pietra e vetro… ma di certo non si svenderà la nostra agricoltura. Il tutto con un po’ di finezza e con quella propensione che spinge Elisa a pensare al futuro ogni volta che pensa all’agricoltura. Perché la provincia milanese non si spenga in un pedissequo conferire e in quel pensiero unico che trasforma le ugge in ubbie. Qui si respira ancora serenità, spine per il latte crudo e rapporto diretto con la democrazia del podere. La speranza non è altro che uno svegliarsi quotidiano…
AZIENDA AGRICOLA ZIPO
VIA SAN GIACOMO 15
ZIBIDO SAN GIACOMO (MI)