Castagna essiccata nei tecci: la rappresentazione della decadenza

tecci

Calizzano è una rotta impossibile, quasi isolata, è un luogo casualmente ligure a due passi da un Piemonte più che operoso. Qui il selvatico resta selvatico e la struttura delle persone è una faccenda che non si può risolvere in un’identità. Ogni paese e ogni frazione hanno i loro idiomi, le loro scorrettezze, la loro voglia o impossibilità di aprirsi ad un mondo che li richiede e che li richiude. Come se non ci fosse altro che un unico motivo, quel motore che spinge fino a queste curve, tra i boschi di Murialdo e Calizzano, in quell’incomprensione montana che ha nascosto le persiane verdi e i muri tenui-pastello. Perché qui gli anni edilizi li hanno subiti e a scuola si è continuato ad andare percorrendo i sentieri e portando giornalmente un ceppo di legno a testa per scaldare l’edificio. L’isolamento ha caratteri endemici impossibili da trasportare e impossibili da trasmettere. Si rimane qui, tra porcini e castagne, come se non ci fosse mai un domani a venire in soccorso. Perché chi cerca la pace, trova la pace, i ghiri mangiano i libri, le “boscoteche” permettono l’estraniamento, i pazzi in bicicletta trovano il loro profeta delle piste in mezzo agli alberi e chi ha ancora un minimo di pudore, per provare a mettere fuori la testa da quella Val Bormida battuta e beata, si è accorto che l’unicità ha portato molti viandanti fuori dalla porta. Ecco, uno di quelli che ha capito le regole della comunicazione è stato Giuseppe (Raffaele) Corrado.

Insieme a sua moglie ha aperto un agriturismo, ha continuato a raccogliere castagne e patate, ha costruito una pista per downhill in mezzo al bosco, ha reso disponibile al turista la possibilità di conoscere ma soprattutto ha permesso alla castagna essiccata di tornare a comunicare. Si siede ai convegni e alle presentazioni, prende un treno serale per Milano per surrogare le pecche di agricoltori restii al commercio e alla contemporaneità e crede in un sistema che coinvolga quei pochi eroi rimasti che han sempre più rughe e sempre meno prodotto.

Il cinipide, di cui gli alberi ancora portano i segni dopo anni, ha rischiato di far scomparire Murialdo e Calizzano sotto la fuliggine di un’impossibilità alla battaglia. L’unica alternativa di salvezza si è rivelata in una biologica casualità: si è trovato il naturale antagonista del cinipide,il Torymus, e lo si è lanciato sugli alberi. Retro-innovazione di un luogo che ha visto la propria morte tra un crinale e una dimenticanza.

Ed ecco allora i tecci tornare in funzione. Essiccatoi naturali in piccole case in pietra dai tetti in scandole: fuoco acceso con solo legno e pula di castagne, tre metri di aria e un graticcio dove poggiare fino a 50-60 quintali di prodotto. Un mese circa di essiccamento et voilà. Coi frutti migliori si preparano le viette, cotte su stufa con sopra un peso, che raggiungono vette di dolcezza inesausta…

E così lentamente, in una minuscola frazione di Murialdo, la famiglia Ghisolfo tiene ancora viva la storia, in quell’unica forma di salvezza che deve necessariamente passare dalla rappresentazione della decadenza.

Ezio Ghisolfo ha passato la sua vita cercando di procrastinare l’abbandono. E così ogni tre/quattro ore controlla che il fuoco nel teccio sia a posto, portando avanti la sua forma di autarchia in maniera semplice e iconoclasta. Orto, granoturco e castagne. La prevenzione è una sottile forma di apertura al mondo. Ma è lì, dove la perdita sembra l’unico futuro, che si concretizza la possibilità stessa di esistenza dei tecci e di questi metodi che con la contemporaneità non hanno nulla a che spartire. Qui manca la materia prima e le persone che si mettano a venderla. Ci sono gli intermediari e qualche raccoglitore improvvisato, ma il tempo non è dalla loro parte. Il teccio esiste ancora (ce ne sono ancora in funzione quattro o cinque e nessuno in mezzo ai boschi, luogo storico e d’elezione per la castagna essiccata) come sintomo della morte e quindi preoccupazione della morte stessa… al di là di questo rimane Luca, il figlio di Ezio, che completa la triade dei lavori anacronistici, con l’intelaiatura di cestini in legno di castagno, fatica tra le dignità, e la vendita, post mercati, di indumenti e biancheria porta a porta alle persone che dalle frazioni non possono più spostarsi….

Questo è l’autunno in ogni senso stimabile… e così il conto è presto fatto:

c’è Raffaele che, con sua moglie, cerca ancora, attraverso l’applicazione dell’attualità, di portare il sole a Calizzano, c’è la famiglia Ghisolfo, passato, presente e futuro di un luogo che è molto più di un legame, c’è la gelateria Pinotto che nell’antichità di un gelato freddo rimane strenuamente legata alla castagna, provando a farla conoscere molto al di qua della comunicazione, ci sono la Gnoma e il figlio di Raffaele, che cercano funghi porcini come se non ci fosse un domani, e poi ci sono questi alberi di castagno trattati alla stessa stregua di un frutteto di pianura: boschi abbandonati e boschi curati, quelli che vengono puliti, quelli che se per caso ti perdi, ti ritrovi a Bardineto e provi a raccogliere la castagna sbagliata, ti mostrano come non sia sempre vera l’equazione boschi=pace, e poi c’è quel piccolo momento di sollievo, rappresentato alla perfezione da queste radure verdi, assolutamente meticolose e assolutamente dedite a quei pochi mesi all’anno in cui la castagna è più di tutto. Il bosco abbandona l’oscuro selvatico, quell’informe che ha trasformato le interne liguri in un cespuglio senza via d’uscita e che ancora mette in mostra i colori dell’autunno, che ammonticchia le foglie cadute, regalando l’impossibilità dell’abbandono.

Ecco, da lì alla fine del teccio, la castagna essiccata e affumicata accresce la sua leggenda, quel gusto straordinario che è qui e solo qui. Farla ammollare in acqua, fare un gelato caldo alla maniera della Pasqualina o freddo alla maniera di Pinotto, farci una zuppa con i ceci, farla diventare un candito natalizio, mangiarla secca aspettando che perda la resistenza e si approcci al dissolvimento, annusarla semplicemente per tutto un viaggio di ritorno… ecco perché la tradizione non è sempre l’altra faccia dell’innovazione… a volte basta a se stessa, basta a Luca, Ezio e Raffaele, basta a tutte quelle persone che non hanno visto nient’altro e basta a quella Liguria accigliata da denti stretti e occhi grifagni…

AGRITURISMO LE GIAIRE

REGIONE GIAIRE

CALIZZANO (SV)

 

TECCIO DELLA FAMIGLIA GHISOLFO

BORGATA ISOLETTA 21

MURIALDO (SV)

 

SOCIETA’ COOPERATIVA IL TECCIO

VIA SANTA ROSALIA 4

CALIZZANO (SV)

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