Legnano è un luogo che si preclude la sincerità. Chiusa in se stessa, parla il suo dialetto e continua a guardarsi negli occhi. Eppure sarebbe un luogo da ammirare. L’industrializzazione ha portato il senso di necessità, togliendo un po’ di ingenio. Così un posto archeologicamente piacevole è stato trasformato in una passeggiata da fine settimana. Il resto è periferia e piccole botteghe di commercianti sempre in lotta con il bisogno della concorrenza. Uno snodo commerciale che è riuscito a mantenere in vita, o a permettere la creazione, di alcune eccellenze assolutamente non programmatiche. Tra villette e case basse, con i colori insaturi sprecati a dimostrare ignoranza, alcuni produttori hanno portato avanti una tradizione molto lontana dalla normalità. Qui, la famiglia Guiotto sta rendendo alla Piemontese l’inopinata possibilità di un quotidiano.
Giovanni ha aperto la bottega nel 1959 dopo aver fatto il garzone qua e là. E qui, da più di cinquant’anni, rifila ancora i suoi pezzi di anteriore. Stringe la mano come per caso, mi spaccia un proverbio veneto (ricordi d’infanzia) sulle chiacchiere (Co le ciàcole no se ‘mpasta frìtole) e mi ridà le spalle, rimettendosi a lavorare. Perché quello è un mondo da cui nessuna gastronomia, nessuna contemporaneità e nessuna bestiale disuguaglianza potranno mai sottrarlo. Poche parole e il rimpianto per un mestiere che si faceva così, senza spettacolarizzazione, con molto più rispetto per la carne proposta che per quella raccontata. E così, nell’antologia di anacronistici mestieri, poco prima dell’addio, non può non arrivare il personaggio dalla proposta spiazzante: vuole che le ingrassi le saracinesche? Et voilà. Perché i Guiotto non si fanno mancare nulla. D’altronde come non lubrificare la claire un sabato mattina. Il lustro cittadino è salvo e Maurizio, il figlio, e Davide, il nipote, possono tornare ad illustrare.
La loro è una storia di macellazione e di macellatori, altrimenti si chiamerebbero in un altro modo…
La contemporaneità è arrivata con le preparazioni gastronomiche e con quelle svizzere sempre più in bella vista nel gastro-pauperismo d’accatto e preparate da Davide in maniera semplice e particolarmente raffinata. Macello condiviso insieme alla macelleria Piran di Busto Arsizio e una razza piemontese come unico alfiere di una qualità che ha bisogno di scelta, di alimentazione e di conoscenza del territorio. Qui entra in gioco la conoscenza di Maurizio, quella stagione di mezzo che non ha più bisogno di essere rivendicata. Frollature controllate e mezzene nella sua interezza. La rivalutazione dell’anteriore parte dalla sua cultura, da quella conoscenza del taglio povero che rappresenta il più importante trait union con il passato. E così, al di là della battuta al coltello, le preparazioni diventano indice di gradimento e di nascondimento. Se fesone e girello non si vendono da soli, bisogna ri-attualizzarli. E così le massaie possono tornare a sorridere. I tagli son quelli. Qui non s’imbroglia, forse nemmeno a Natale. Maurizio si fa i suoi salumi, una bresaola particolarmente precisa, con tagli cangianti dalle necessità di macellazione, una stagionatura sotto vuoto in cella e una concia equilibrata, dei salami invalutabili e una salsiccia secca aromatizzata al finocchietto di meridionale memoria. Le carni ricche non hanno bisogno di nulla, bistecche di scottona senza molto da aggiungere. Una carne perfetta. Lì si sublima il loro mestiere… soprattutto quello di Giovanni. Il resto è un buon corredo, assolutamente migliorabile, ma assolutamente coeso alla necessità del luogo e della sopravvivenza. Ed è lì che si deve lavorare per non dimenticare, per tralasciare un po’ il benessere da palato molle attualizzando una professione che non è discussione o periferia, ma assoluta dedizione. Perché l’hinterland milanese è terra di improvvisati e di imbonitori, e il bagno di realtà deve sempre prescindere dalla sciatteria… niente più…
MACELLERIA GUIOTTO
VIA PONZELLA 10
LEGNANO (MI)