Salassa. Nel mezzo di un Canavese poco conosciuto. Il Piemonte è più distante, la Valle d’Aosta rapisce interesse e turista, generando abbandono. La regione rimane lì nel mezzo, quasi di passaggio. Alluvioni, bretelle ed edificazioni non hanno aiutato il godimento. L’assaggio è rimasto tale e le campagne hanno visto crescere, sempre più, un’urbanizzazione spinta dalla noia. Il territorio, estrapolato da una contestualizzazione immediata e definitoria, si porta con sé il fascino della Serra Morenica (qualcosa che si staglia sull’orizzonte alla maniera di un altopiano degradante. Unico nel suo genere…), che si staglia all’orizzonte manco fosse un miraggio, l’imponenza delle montagne, che si addentrano in valli ancor meno conosciute e con la sicurezza dei racconti e della vecchiaia, e la peculiarità di una pianura che attraversa paesi senza segno e senza disegno, con poco da aggiungere al “di passaggio”, ma con storie ed esistenze celate perchè troppo distanti.
A Salassa, uno di questi paesi, vecchi borghi, strade acciottolate e abbandonate, con l’immagine fosca di muri e cascinali scrostati, portici decostruiti e strade che tagliano, lavora un artigiano contraddittorio con un mestiere rigenerato: Mauro Demartini.
La zona industriale non aiuta l’immaginazione, ma superata la soglia appare un’idea. Banco strutturato, caffetteria e cesti di vimini di un Piemonte fatto di pastin, forni a legna e calore. In mezzo spunta Mauro, molto più giovane di quello che mi aspettassi.
Comunicazione di una timidezza ironica. Tranciante verso sguardi, atteggiamenti e affermazioni. Il lavoro sulla parola è come se fosse un lavoro sull’impegno. E anche il pessimismo è una camicia che gli hanno vestito addosso lo Stato, le delusioni e le responsabilità. Prima: piccolo fatturato, poche bocche e ancor meno notti insonni. La fama che si è preso, a metà strada tra l’Arte Bianca (dove il suo riserbo altero è venuto fuori come il paradigma del primo della classe… lui non smentisce, anzi… rincara la dose guardandomi con semplicità e senza schermo…) e le Olimpiadi di Torino. La conoscenza è diventata brama, così come lo spirito di gruppo è diventato inerzia. Nel mezzo del più classico dei “facci lei”, Mauro si è preso tutto. Fama, catering, clienti, ma soprattutto visibilità.
Obama e la Regina Elisabetta sono diventati suoi clienti (non spacco il capello in quattro sulla frequenza…), il laboratorio si è allargato ed è diventato un capannone nella zona industriale, incolore e senza volto. I suoi grissini hanno decuplicato la produzione giornaliera (forse qualcosa in più…) e Mauro ha dovuto trasfigurare l’artigianalità all’interno di un lavorìo imprenditoriale con una decina di dipendenti, i loro bisogni e le loro giornate lavorative. La bontà è rimasta la stessa così come i metodi di produzione. Sono aumentati i problemi e le necessità. La fama è arrivata con la scelta. Lui e sua moglie erano da poco tornati dall’Australia (ma possibilmente pronti a una ripartenza?), dove sperimentavano e vivevano di provvidenze e pelli abbronzate, baracchini in legno, due cuori e una capanna, mare, sole, camicie con il collo coreano e pulsioni incontrollate. Ma qui, nel Canavese, dove l’aria è tersa per la dimenticanza, ci sono delle responsabilità e uno strano soffocamento della poesia… ma potrebbe esserci anche un principio di volontà e di bellezza… o magari c’è già…
La sospensione dell’incredulità è venuta meno insieme ai problemi legali e alle tasse. La passione è quasi scappata via, insieme alle botte economiche e agli abusi d’ufficio. Per adesso, ma qui potrei sbagliarmi, è rimasto Mauro e il cinema dell’incomunicabilità. Mi aiuta in questo mia moglie che m’imbecca. Bingo… alla Clint Eastwood. Solitudine e paura. E qui c’ero. Mancava la domanda di che cosa?
La comunicazione va via più liscia, meno coercitiva. La domanda diventa uno sprone, la visita del laboratorio un’intesa tra conoscenze e possibilità future. Tutto multo pulito, il lievito madre, conservato all’interno di una grossa bacinella, rilascia sentori lattici inattesi, quasi dolci. Mauro nell’acidità vede un difetto, ancorchè contravvenga uno dei dogmi del gastro-interesse contemporaneo.
Prova a promuovere il territorio attraverso alcun assaggi, non andati del tutto a buon fine. Poi si passa a lui e ai suoi prodotti.
La lievitazione naturale passa attraverso tre giorni a settimana e due o tre tipi di pagnotte. Forse troppo piccole per un’espressione a lungo termine e forse nemmeno troppo azzeccate negli abbinamenti, noci e qualcosa di dolce con l’uvetta, sicuramente buone. Ancorchè Mauro (come quasi tutti gli artigiani di fronte ad una loro realizzazione…) non sia soddisfatto e si lamenti delle occhiature, poco filate e aperte (effettivamente vero ndr…) e del troppo sale, io mi trovo davanti a prodotti equilibrati, senza eccessi, masticabili, con materie prime discrete (straordinaria l’acqua, presa direttamente da una fonte che viene incanalata sotto il panificio, mediocri le farine, biologiche del Mulino Grassi e troppa Zero-Zero) e una tecnica raffinata nel corso degli anni. Un filo sotto nella ricerca che, se migliorata o rimessa in circolo, potrebbe produrre effetti laconicamente dirompenti.
I grissini, il prodotto di punta del laboratorio, sono eccezionali. Persuaso da un gusto e da una conoscenza stantìa semi-industriale, trovo croccantezza, sapore e accompagnamento. Gli stirati di Mauro Demartini rappresentano un punto di arrivo all’interno di un grand guignol di semi-lavorati. Solo acqua di fonte e nessun grasso. Breve cottura, lento impasto e lunghezze variabili. Durevoli nella friabilità e nel sapore deciso. Questo basterebbe, se non fosse per la mediocrità italica di non rendere onore alle proprie eccellenze. E così la grazia passa dal Sol Levante o dalla Papua Nuova Guinea. Metaforicamente e non.
Sui dolci (paste di meliga con mais locale Pignoletto Rosso, troppo poco friabili…), spiccano degli ottimi torcetti. Burro, zucchero caramellato e tradizioni canavesane. Il resto è contesto. Quello che Mauro ha smesso di colorare e di almanaccare, come se fossero venuti meno stimoli e contraddizioni. Mutui, cause e stipendi distraggono dalla terra e fagocitano l’alterità, rendendo tutto più nebbioso, piatto e simile…
PANETTERIA DEMARTINI
STRADA VALPERGA 27/29
SALASSA (TO)