Villar San Costanzo. Il paese dei ciciu, i camini delle fate delle Valli Cuneese. Formazioni rocciose, erosioni di non si sa bene quale passato, decisioni terrene a forma di fungo che fuori escono ai piedi del Monte San Bernardo: nella purezza di un luogo molto lontano dal turismo e più vicino ad un naturalismo di stampo geografico. Qui si passeggia bene ma si studia meglio. Nel silenzio di un paese che, nella casualità della fortuna, ha deciso di non trasformarsi in CiciuLand ma di rimanere un territorio con delle priorità e delle gentilezze.
Le colture terminano nei paesi precedenti, i kiwi e il granoturco lasciano qualche albero, la Val Maira è strenuamente vicina e l’odore di vacca è nascosto da poche stalle e troppi caseifici. Così Gabriele, dopo aver lavorato il formaggio conto terzi, dopo aver prodotto Castelmagno per la famiglia Fiandino su a Monterosso Grana, imparando i segreti dell’arte casearia e le impunità di luoghi che hanno ceduto tutto, soprattutto il pudore, ha deciso, alla soglia dei trent’anni, con suo fratello Edoardo, di cominciare un’avventura dove la trasformazione potesse essere figlia prossima dei suoi animali. Così la scelta è caduta sulle Grigio Alpine, poco remunerative ma grandi alpeggiatrici, e su un alpeggio fuori dal traffico delle Valli principali, ad una quota poco sopra i mille metri con qualche vacca in lattazione per piccoli prodotti al di là di tutto e la totalità di quelle in asciutta. Il resto è un po’ di pascolo pedemontano e le sue fantasie nella riproduzione dei grandi formaggi italiani e nella creazione di piccole chicche che devono sfoltire piuttosto che affollare. Il latte è un breve tragitto tra la stalla in affitto e il caseificio, la cantina di stagionatura ha l’umidità perfetta, il suo ruolo deve andare molto oltre l’interesse degli avventori e l’ignoranza proteolitica. Perché è giovane e perché non deve farsi sopraffare dalle angosce clientelari e dalle pulsioni ataviche di mantenere inumato lo stato delle cose. I formaggi sono lavorati con sapienza, ambiscono solo ad un po’ più di patina, di comunicazione e di estetica, nella noncuranza delle necessità del formaggio fresco, della pastorizzazione e delle dentiere.
Anche perché l’entusiasmo, gli occhi, la voglia di percepire il formaggio ancora come sinestesia e non come accompagnamento, fanno di Gabriele qualcosa di raro nel mondo del formaggio vaccino. Nessuna tradizione e nessuna proprietà terriera. Un trentacinquenne con la voglia di fare il casaro come forma di sperimentazione delle cose. La credenza passa attraverso la conoscenza delle muffe, del penicillium, delle cotture, delle cagliate, delle acidificazioni, di umidità, di temperature, di fermenti e di batteri. Non c’è niente di alchemico e nemmeno di segreto, è tutto lì nel caseificio e nella sua cantina, in quella formazione del formaggio che deve passare necessariamente attraverso un’alimentazione: come base e come fine. Il resto e la sapienza sono proprietà dei fratelli. Chi produce e chi distribuisce, con l’allevamento a mezza strada.
Le riproduzioni casearie vanno dal Castelmagno al Toumin dal Mel, dalla Fontina al blu stile Strachitunt fino al Raschera. Hanno dei nomi e una bella stilizzazione grafica, passano dai mesofili ai termofili, hanno delle erborinature bianche verticali e del penicillium candidum in crosta, hanno proteolisi accentuate e strepitosi alveoli in cui si percepisce meglio il lavoro sulle elasticità e sulle muffe. Gli erborinati e le lunghe stagionature (da cui escono profumi di erbe e patate) sono i lavori più riusciti, quelli della sapienza e del tempo, sul resto è come se si volesse dimezzare l’attesa, rendendo tutto più vendibile e più spendibile, perché l’accenno alla stranezza parte sempre dai sapori percepiti e dalle facce maldestre e impacciate dei mangiatori di carta bagnata. Così bisogna accontentare… da un lato bisogna andare incontro a quelle anziane che si producono il formaggio ancora sul fornello, senza caglio e con la casualità al posto del pH-metro, dall’altro all’esigenza dell’ordine e al sapore della convenzione.
Ripulirsi da quell’estetica da campagna amica, con il banco dei formaggi ricoperti da cappelli in pile e rughe senza speranza, è il primo degli obblighi per due fratelli che hanno in mano il senso di quelle valli cuneesi, dove il formaggio è molto oltre una religione laica, e lo devono solo un po’ più nascondere. Così, con nonchalance…
LA FISSELLO DOC
VIA CONTRADA GELATA 10 FRAZIONE MORRA
VILLAR SAN COSTANZO (CN)