Ponte di Clanezzo. Almenno San Salvatore. Piccola casa in legno con annessa stalla. Cappello a punta e barba lunga. Dietro questa coltre fascinosa e antica, si nasconde Battista Leidi, la memoria storica del formaggio di capra.
La prima volta che ho percorso quelle scale, senza una storia che precedesse il mio incontro e senza un’idea di quello che mi aspettava, sono rimasto esterrefatto di come l’Italia potesse ancora regalare storie così preziose di artigianalità, passione, rapporto umano e grandissima capacità.
Quella stessa prima mattina che ho percorso quelle stesse scale, un uomo che mancava di poco i settantacinque anni e sua moglie mi dimostrarono come la durata di un rapporto non abbia mai una data di scadenza.
Devo molto a Battista, personaggio così profondamente radicato all’interno di una tradizione, fatta di credenze, di miti, di leggende, finanche di convinzioni politiche, che ha guardato e continua a guardare (i suoi occhi celesti magnetici rispecchiano, incuriosiscono, scavano in profondità, quasi lacerando, comunicano e inorgogliscono le sue parole e i suoi gesti) oltre e attraverso il futuro, per lasciare il più conservato possibile quello che ha creato e quello che sicuramente è già nelle sue fantasie.
Una narrazione o un formaggio. Battista Leidi è un uomo che fa tornare, sognare, immaginare e inorridire di fronte alle scelte non compiute e alle lamentele vane ed apparenti. È un uomo che spoglia.
I suoi prodotti sono l’immagine della notte in cui li ha creati. Del rapporto disinteressato verso la vendita, verso il procacciamento di una clientela, il più delle volte disattenta o assente, verso tutto ciò che non riguarda il suo orgoglio di inventore.
Ecco. Battista Leidi è un uomo rinascimentale e dialettale. Il genio senza la corte.
I suoi formaggi hanno tutti una storia da raccontare e non si può fare a meno di starla a sentire.
Il presupposto è una cagliata lattica, quasi sempre. Non ho ancora capito se la presamica lo annoi o lo metta a disagio agli occhi di se stesso, ma non è nelle sue corde…
– Ricotta e caprino fresco: la prima è vellutata, sapida, molto legnosa con quegli aromi di frutta secca, dalla mandorla alla nocciola, di cui Battista va così fiero, asciutta al palato ma con note suadenti alla masticazione; il secondo rappresenta l’eccellenza e la meticolosità del suo lavoro sulle capre (una cinquantina di razza Saanen, poste in una piccola stalla ordinatissima con afrori di attenzione e di fieno e l’estetica di una cartolina e di un ricordo mai passato…) e della sua enorme dedizione alla purezza dell’alimentazione: nessun fermento, nessun innesto, Ph lievemente acido per un aroma fresco ma deciso, gusto fiorito e speziato con retrogusti di mandorla ed erbe selvatiche… spazio e tempo confluiscono in un attimo di devozione e rispetto. Mi ha fatto sentire meno solo…
– Robiolina: pasta morbida ma elastica, bianco assoluto, con note di silenzio, lucentezza, infinito, gusci di nocciola e calore. Retrogusto paglierino e di latte appena munto. Nessuna acidità e nessuna porosità alla bocca. Liscia, semplice e quotidiana.
I formaggi più complessi lo deliziano, enfatizzano il suo sguardo che, paradossalmente, diventa ancor più sfidante e idolatrico.
– Piramidi al carbone, polente (caprini a forma di cupola affinati con zafferano e semi di papavero…), tronchetti e croste fiorite: non mi convincono pienamente sul piano estetico, l’estro non è il viatico (come per molti suoi colleghi, per esempio in Valcuvia, deliziati dal fascino francese della vetrina, ma rimasti imprigionati in un fine a se stesso senza requie e senza perdono…) per la fascinazione. Chiamano alla gola ma senza il dispiacere di poter rovinare un’opera d’arte.
Piramide e polenta sono prescindibili (soprattutto per un’eccessiva mistura tra granulosità e acidità). Un tronchetto in particolare, a crosta fiorita (frutto delle sue nottate e immagine dei suoi trionfi) è strabiliante: pasta colore giallo Napoli molto stagionata e compatta, crosta bianco striata, leggera frizione al contatto coi denti, gusto intenso con lievi note acide erborinate di latte e finale “cantinato” con retrogusto di nocciole, mandorle e sottobosco. Il suo segreto meno segreto, quel formaggio che ti nasconde, con cui ti tenta, che dice di non poter vendere e neanche far assaggiare. Quel formaggio che ti regala sulla porta, con la malia di chi vuole farti tornare e di chi è convinto che l’immagine finale sia quella che resta…
Battista è un casaro come non ce ne sono più. Con un limite: la sua predilezione e continua partecipazione a concorsi di ogni tipo (l’ultimo a cui l’ho incontrato, e che chiaramente ha vinto, è stato “Franciacorta in Bianco”, pessima vetrina da imbonitori, cappellai e pastorizzatori folli)… e con una straordinaria grandezza che si ramifica nelle sue mille sfaccettature: è un autentico personaggio da narrazione, da romanzo verista, con tutte le sottigliezze, i riti e i lasciti che questo comporta…
AZIENDA AGRICOLA MARIA GAMBA
VIA CLANEZZO 35
ALMENNO SAN SALVATORE (BG)
conosci la bagaggera?
http://www.bagaggera.it/bagaggera/index.php
Ciao Jessica
la bagaggera la conosco… ma non ho mai trovato troppa convinxzione nei loro prodotti…
tu che dici?