Val di Mezzane. In mezzo a non so più quale distretto. Vicino ad un torrente, con una chiesa a scandire il passo e un manto di ulivi e ciliegi a ricoprire tutto il territorio. Non ancora Lessinia e non più pianura. Trovarsi quella natura, fatta di rimandi, di vicinanza al mare, di pendii blandi, appare come un fuori luogo in tutto quel vociare che mi ha fatto perdere l’orientamento. C’è qualcosa di antico nei prati e nelle marne. Ma non ho nemmeno il tempo del retrogusto. È tutto troppo vicino. E così è anche la pioggia. Arriviamo in una struttura di cemento dove la strada deve avere termine.
Carlo Alberto, dopo avermi spiegato il perchè e il come dei rapporti con gli allevatori, mi lascia ad Enrico, parte di una triade che sta provando il rilancio di un’antica razza di gallina: la Grisa della Lessinia. Pollo rustico, idoneo a vivere all’aperto e al pascolo, doppia attitudine (carne e uova…), ma soprattutto di una bellezza inebriante. I galli sono giganti a strette righe nere con prevalenza del bianco, le galline hanno una base nera con strisce orizzontali bianche. Grandissima resa al macello come tutte le Plymouth Rock. Straordinariamente regali, ipnotiche, con delle uova color cappuccino a metà strada tra le bianche di Livornese e le cioccolato delle Marans. La carne è straordinariamente sapida e leggera. Per ottimizzarla, accoglie poche cotture.. su tutte l’arrosto. Poche spezie, qualche erba, polline e un filo di miele. Il consiglio stravolto rilascia tutto il selvatico e l’umido di un pollo dalle carni morate e sode. La genetica, però, deve sottostare sempre al principio dell’allevatore: l’alimentazione.
Composto di mais, orzo e frumento, pane raffermo, con integrazioni varie nella naturalità e nel rispetto delle stagioni. Mura bucate, grande recinto, stabulazione assente, incubatrice separata, gabbie divise per le faraone e quella libertà di entrare e uscire anti-convenzionale e antieconomica. Il lavoro dei tre è altrove. Lì si scambiano e si alternano durante i giorni della settimana. La barbarie contemporanea è tale da non permettergli l’autonomia economica. Nessun punto vendita, il Mercato Biologico di Arbizzano (ogni primo sabato del mese) come sfogo, rari ristoranti anti-convenzionali e un macellaio (Carlo Alberto Menini) che prova l’educazione e la somministrazione. Tanto basta, almeno per ora… se non fosse per un pungolo che mi ha intarsiato la testa un pomeriggio intero, in mezzo a delle espressioni di vita adeguata: l’ignoranza delle possibilità non è il peggiore dei fondamentalismi? Starebbero meglio in mezzo alla strada o sul nostro divano? E se si volesse aprire una discussione sul rispetto… basta scrivermi…