Braies. Unica strada che conduce al lago. Diramazione verso destra. Il più tipico dei ponticelli in legno da oltrepassare. Una piccola salita. Ed ecco la primavera.
Questa meta temporale, trovata dopo una stretta curva verso sinistra, ha la faccia gentile, di quella fierezza spaurita che contraddistingue il riserbo, della famiglia Patzleiner. David, Elisabeth e i loro tre figli.
A metà strada tra il cordone ombelicale e la catena di montaggio, l’unione di queste persone, ripetuta attraverso oliati meccanismi quotidiani, ha qualcosa di raro, di poco abituale, di alternativo. Di quella differenza poco racchiudibile in un concetto, di quella vocazione che ti tira fuori quella frase che ti ha sempre reso banale e che hai sempre cercato di tenere lontano: “pensa che meraviglia sarebbe vivere qui?”. Non ce la faccio. Non riesco a trattenermi. Esce. Ed è così normale…
L’Alto Adige delle foto, quello delle vette, quello innevato e quello ammantato di fiori, quello delle pubblicità, dei giornali, delle merende, delle mucche, dei pascoli e anche quello dell’acqua, dello yogurt, dello speck e delle terme. Lo stesso Alto Adige degli abeti, dei laghi, dei masi e delle malghe. Quel luogo è tutto quello che può essere concentrato in un unico sguardo che è, insieme, definizione e immagine di Montagna.
In questo maso, così difficile da mettere da parte per dedicarsi ad altro, finanche allo stesso formaggio, lavora David Patzleiner. Un uomo che, incomprensibilmente, non si è fermato a rimirare il paesaggio. Ma gli ha dato un sapore…
Vacca e capra. Le lavora entrambe, seguendo le stagioni degli animali. E proprio per questo motivo i suoi formaggi si trovano tutto l’anno.
I suoi figli adolescenti lo aiutano a portare le vacche al pascolo, danno da mangiare alle capre, non scambiano molti convenevoli con gli ospiti se non qualche sorriso, rimangono chiusi dietro una coltre di silenzio che, ogni qualvolta viene spezzato da una domanda o da un complimento, si rifugia, con un richiamo istintivo, nel volto ruminante e placido di una mucca.
David è una persona di pochissime parole, modi garbati e una capacità di farsi conoscere data più dalla fierezza del lavoro che dal marketing della comunicazione. Un produttore di formaggi entusiasmanti. Ca vans sans dir, tutti a latte crudo.
– Una caciotta di vacca a pasta molle aromatizzata con il prezzemolo, con piccole occhiature a forma di lente e un sapore di latte appena munto stemperato perfettamente dalle note del prezzemolo che insistono sulla parte amara del gusto.
Non ricorda nulla di simile: pungente e semplice.
– Rustico di Braies di vacca: lo conoscevo e non mi ha dato delle sensazioni differenti. Pasta bianca, al limite del gesso, ammorbidita mentre decresce verso la crosta, con sapore più acidulo che delicato. Prescindibile.
– Rustico di Braies di capra: stagionato per due mesi in cantine naturali, sviluppa delle piccole muffe scure e una crosta grinzosa. Più dolce e aromatico rispetto al suo gemello. Il sentore di capra si sente come retrogusto. Apparentabile a qualche cagliata presamica di Mauro Albertini.
– Caprino fresco: purissima cagliata lattica. Acidità controllata in maniera perfetta (questo mi fa puntare sull’utilizzo di latto-innesto, ma se così non fosse, saremmo di fronte a un genio…), di un bianco accecante, mai visto, e di un sapore indefinibile, più per assenza di parole che per mancanza delle stesse.
– Ricotta: compatta, non asciutta e non liquida. Un sapore di fiori mai trovato in nessun’altra ricotta di capra e in nessun’altra vita. Obnubilante. Ricordo solo che la stavo mangiando davanti al Lago di Braies… poi ho incrociato lo sguardo di mia moglie… e tutto è diventato più rarefatto…
David Patzleiner non lo conosco. Non posso dire nulla su di lui se non che mi è sembrato una persona gentile. Avremo scambiato dieci parole in totale. Tre sono state buongiorno, arrivederci e grazie. Le restanti non le ricordo. Difficilmente ho memoria del suo viso, del suo sguardo, delle sue mani.
Il signor Patzleiner è una di quelle persone a cui continuerei a dare del lei anche se la conoscessi da vent’anni. Lo chiamerei “Scusi” o “Signore” o “Patzleiner”.
Non ne parlerei con nessuno. La sua personalità si nasconderebbe sempre dietro alla chiacchiera. Lo serberei come un’ombra che non puoi fare a meno di portarti dietro. Come quell’aroma di fiori che non puoi fare a meno di cercare, ricercare e continuare a non trovare…
LECHNERHOF – FAM. PATZLEINER
LECHNERHOF, 37
BRAIES (BZ)