Diolo di Soragna. Pianura padana sperduta tra il Po e varie province. Quella che, girato l’angolo, è definibile come Bassa. Quella di Guareschi, di Don Camillo e di Verdi, quella degli allevamenti di maiali tutti al coperto, al sicuro da indiscrezioni ed occhi giudicanti. Ci sarebbero dei paesi… ma hanno poco senso all’interno di balle di fieno, nebbia e misteriosi silos. Una terra agricola al di là del bene e del male. Con strade che diventano stradine, arzilli anziani abbronzati in tenuta da giardiniere, ignoranza del vicinato e vendita diretta dei prodotti tipici… o forse della definizione di prodotto tipico: Parmigiano Reggiano e Culatello di Zibello.
Eccomi lì, alla ricerca dell’ennesima fregatura. Dopo personaggi vari, artisti (lo straordinario prodotto di Fausto Brozzi… a cui manca però un’origine sincera…), commercianti e pseudo-contraffattori, speravo di aver trovato l’Artigiano. Dieci anni alla corte di Spigaroli, per imparare la norcineria e un’azienda, a pochi passi dall’Antica Ardenga, costruita ex novo, sulle macerie di una brevissima esperienza finita male. Affitto, cantine di affinamento e un sacco di celle di stagionatura e di asciugatura. Un posto nuovissimo, profumo di bucato, candido ed estremamente pulito. Un filo psicotico. Ecco il Salumificio Squisito. Un nome, un’imponenza e un’imposizione. Ecco un norcino: Angelo Capasso.
La zona non porta a particolari fantasie. Culatello, strolghino, salame, pancetta, fiocco di spalla, mariola. Suini pesanti large white (macellati poco oltre i due quintali) da un allevatore amico un filo verso l’industrialità e cinte senesi di Fulvietto Pierangelini che abbisognerebbero di un po’ di comunicazione.
Le cantine di stagionatura, non tutte in loco, sono aiutate nell’umidità ma assolutamente precise. Nelle sensazioni di Angelo il non poter allevare è un faux problème. Sì, gli piacerebbe, ma non vorebbe cadere nello stereotipo del folcloristico. Angelo era un cuoco, probabilmente avvezzo alla tristezza degli istituti alberghieri, trasformato, causa orari, in norcino dagli Spigarolis. Un uomo da zero a zero. Senza l’entusiasmo di una comunicazione, senza la necessità così fondamentale nella concorrenza. Adesso mica è come una volta, quando si facevano 6000-8000 culatelli all’anno (… orbite esplose…), ora se ne fanno 500-600. ma la produzione potrebbe aumentare di un centinaio l’anno prossimo. Lavorazione solo per i cinque-sei mesi invernali e nulla da aggiungere (solo nel salame un po’ di salnitro, ma questa è una storia che non assaggerò mai). La fretta mia, accoppiata con la sua riserva, ha dato dei pessimi esiti, sia nel ballo a due che nel palato singolo. Se non c’è amore per la mostrazione, diventa tutto circostanza (sì, è vero, si può star bene o male o beccare una mattinata sfigata… ma di solito gli occhi smentiscono…) e frasi senza effetto ad edulcorare un presente di rinunce e un passato casuale. E così mi è sembrato. Tutto molto ordinario, eccezzion fatta per un ottimo strolghino di suino pesante (quello di cinta senesa perde in grassezza e dolcezza…), assolutamente scioglievole, pulito in bocca e veramente fuori dalla quotidianità…
Il primo cultaello che taglia è un mezzo disastro. Poco stagionato, dolce, abbastanza sporco in bocca, con un grasso rifilato ma senz’anima…
Il secondo culatello, di oltre diciotto mesi di stagionatura, è un filo meglio ma non cambia particolarmente il mio volto. A parte la temperatura sbagliata (il secondo assaggio è già più raffinato ma i tempi, quando vanno colti, DEVONO essere colti), non rilascia nessuna corposità, è sì rubino ma quello che lascia in sofficezza, prende in umidità. Senza retrogusto, rimangono solo dolcezza e miele… come molti suoi compagni…
II resto non so che sapore abbia… la nebbia avvolge tutto, sentimenti, addii, rimpianti ma soprattutto gli straordinari palati critici e meno critici…
SALUMIFICIO SQUISITO
VIA AZZALI 67
DIOLO DI SORAGNA (PR)