Palazzolo Acreide d’estate, quando scende il sole, è un silenzio di salite e discese. Con una strada unica che solca un centro barocco di straordinaria compostezza, in mezzo a folate di vento che dal fresco passano al freddo e che ti costringono a guardare le credenze di Akrai, dal fondo greco di un bicchiere malmesso che si è portato dietro una stratificazione di tradizioni che di cacofonico ha solo la lettura. Questo è un luogo magico al di fuori del turismo d’impatto e del turismo sofisticato che del Val di Noto ha fatto un’enclave. Un luogo dove schivare il familiare e il conosciuto. Qui si può ancora passeggiare spaesati, distruggere la coppa dell’olio in una di quelle discese, ripide e strette, che non portano a nulla, o innamorarsi degli scalini di una chiesa proprio perché ancora riconoscibile come chiesa. A Palazzolo il tempo non chiede indietro nulla. Qui si viene per la storia, per riprendere quel respiro intasato dalle granite colorate, dalle spiagge di bifolchi e dai milanesi imbaldanzito, per la salsiccia, una religione di suini neri piccanti e aromatici che rinnegano mestamente l’origine oleosa, per il Barocco, per i sapori montani, per il teatro greco e dal 1865 (anno più anno meno) per i dolci della pasticceria Corsino, una di quelle istituzioni che non è spiegabile con nessuna connessione logica. La sua longevità è un gaudioso mistero che non ho provato nemmeno a sondare. Qui la crisi è un negozio sempre pieno e un laboratorio che, ogni anno, rinnova se stesso, accrescendo conoscenze e macchinari.
La famiglia Monaco-Corsino è l’ultima generazione di fotografie in bianco e nero e testimonianze che si perdono nella notte dei tempi. Un luogo in cui il cliente è innanzitutto. Il resto viene dopo con più o meno agio. Le ricette si rivedono ma devono rimanere fedeli ad una percezione gustativa che non va messa in discussione. La pena per il tradimento è la Giudecca infernale. E così qui si deve procedere di padre in figlio, di madre in figlia, lentamente, passando per le generazioni, studiando le novità, introducendole delicatamente, passando da quei capisaldi che non devono essere disattesi: mandorle, ricotta, pistacchio e la noce di Palazzolo che Sebastiano sta cercando di valorizzare con dei tocchi di originalità.
La pasticceria secca è l’epitome di un luogo freddo e di quasi montagna, le divagazioni di mandorle e cannella fanno il resto. La spezia calda fa sempre ricordare il luogo del dolce e così la famiglia Monaco non può fare altro che magnificarla. Arrivano i facciuna, estetiche paste di mandorle e cacao ricoperte da una glassa di zucchero e una speziatura corroborante, le ossa dei morti che esaltano la noce, le paste di pistacchio senza origini ma precise, i ciascuna, dolci straordinari a partire dal gesto realizzativo, un impasto di fichi secchi mandorle e arancia veramente raffinato, e la cotognata con le mele di Palazzolo riproposte anche nella granita, unica nel suo genere. E così, in tutta la pasticceria da forno, Sebastiano e Vincenzo, il frammento maschile della famiglia, riescono a rendere reale una Sicilia assuefatta. Ma il cliente non deve avere necessariamente sempre ragione, e l’innovazione nel gusto e nell’ingrediente deve essere una rivoluzione di cultura prima che di natura.
La ricotta è lavorata bene ma i sapori a volte rimangono a metà strada. E così c’è una punta di confidenza che andrebbe rimessa in circolo. La frangicotta accompagnata all’arancia c’è ma senza coraggio e così la cassata, un dolce antico che rimane antico. La rivoluzione di burro e vaniglia, quella che ci ha reso più edotti e meno venditori, deve essere una rivoluzione di velluto e Sebastiano lentamente la sta portando a fondo. Anche grazie a quella parte femminile, esplosiva e divertente, che nei Monaco rappresenta una sintesi della realizzazione della famiglia siciliana. Carla, Marcella e Sara, le tre figlie di Itria e Sebastiano, si sono formate fuori e sono rientrate a magione, in quel compendio comunicativo che vede l’antitesi come qualcosa di fondamentale: l’uccisione del cannolo.
E così quelle immagini in bianco e nero, quella pasticceria che si è ingrandita, a partire dall’integrità e dalla qualità, arrivando su piazze mai pensate, sui banchi di una Gdo che prima di tutto è certificazione e sicurezza alimentare, in quel misto tra invidia e incoscienza così caro al vicino di casa impiccione dalla crema gialla inamidata nel grembiule, riescono ad essere attualizzate senza sforzo, perché qui si fa un buon prodotto con un calore umano percepibile, quasi necessario. Ma senza insegnamenti. Qui la famiglia è veramente qualcosa di sacro, in ogni passaggio, in ogni freddura e in ogni battibecco. Vincenzo, in laboratorio, Carla, Marcella e Sara, anime amministrative e comunicative dell’azienda, sono quel futuro che ogni padre siciliano dal cuore spezzato vorrebbe per la propria famiglia, con quella nostalgia per la nebbia, edulcorata dalla possibilità di fare bene e di fare qui ed ora. Ecco la bellezza di un luogo siciliano con un domani…
PASTICCERIA CORSINO
VIA NAZIONALE 2
PALAZZOLO ACREIDE (SR)