Molini. La porta della Val di Tures, quel limitare tra Brunico e la Valle Aurina che ha richiesto la necessità di un nome. Paesi stratificati, una strada e un’ampiezza quasi da orizzonte. Poco oltre l’imponenza medievale del Castello di Tures. Roccia, ricordi “durrenmattiani” e quel po’ di sanatorio che percuote da sempre la mia spavalderia. Un posto lontano, dove gli echi di Hans Castorp hanno ancora una lungimiranza e una deterrenza. Qui, non si sale per caso. Il buio, la neve e gli alberi sono ottimi indicatori di suspense. Qui la val di Tures si spezza nella Valle Aurina. Il fiume diventa torrente. I ponti in legno chiusi su se stessi diventano indicatori di civiltà e la valle prende una conformità più angusta. Ma la mia meta è appena prima, in quella notte da ora solare a novembre inoltrato che cancella gradualmente anche le nuvole basse. Una casa, una ragazza “bionda occhi azzurri e verecondia di linguaggio” e un’indicazione a bordo strada, dove altre latitudini avrebbero visto sorgere palazzi, semafori e rotatorie e dove Reinhard Innerhofer ha insediato la propaggine agricola del Maso Mairhof.
Un allevamento di oltre duemila galline di razza Ramelsoher, piumaggio tennè e portamento fiero. Quattro metri quadri di stabulazione libera, dentro e fuori dalla stalla. Entrano ed escono con i cambiamenti climatici e attraverso il loro istinto. Quando arriva la neve, e qui non se ne va in due giorni, rimangono confinate nel ricovero. Mangime, rigorosamente biologico, mais, orzo, qualche cereale e nulla più. Trecento uova annue cadauno, circa. Questi sono gli spaventosi numeri dell’estensione, della libertà e della selezione.
Tutto questo dopo una vita dedicata all’allevamento bovino e a quello dei cavalli. La scelta di cambiare non è stata una privazione di tempo. Anzi, il lavoro è aumentato. E la porta che si apre su un accento insubrico mi toglie dall’impasse del dialogo rallentato, della parola ripetuta e del tedesco (anzi no, di un dialetto tedesco e valligiano) come lingua madre. Luca, trentanni battuti, di Castellanza, ha mollato tutto per fare lo stagionale alternativo in queste valli. Dall’allevamento alla divisione delle uova fino alla gestione estiva del rafting club. Qui ha trovato la sua dimensione e Reinhard si fida, sorride e lo utilizza come tramite d’italiano. Il lavoro è quotidiano, si raccolgono le uova, si dividono per calibro, si mettono nelle scatole e si spediscono. Botteghe del gusto, ristoranti e gruppi d’acquisto. Le galline non aspettano, non hanno ferie e nemmeno tempi morti, creano una catena di montaggio del gusto che ha un senso così nascosto da trovarlo solo al palato. Ma lì esplode.
Uovo rugoso dal doppio tuorlo. Enorme. Reinhard me lo concede e mi dice che non sa darsi una spiegazione realistica. L’unica è che abbiano bevuto dell’acqua sporca, sofferto di mal di pancia e poi deposto questo freak fuori dall’ordinario.
Il tuorlo è grasso e non particolarmente emulsionante. Smorzato arancione, pochi carotenoidi forzati, equilibrato con un accentuato gusto di fresco e soprattutto senza nessun palato colloso. L’albume è nocciolato quasi fungino. Pensando alla merda ingurgitante scarti industriali e ai rischi ingurgitati dalla grande distribuzione, è “deprimente” pensare quanto sia buono crudo. Il tutto senza un’indicazione, senza un vanto e senza una determinazione sul senso del suo gusto. Rimangono il lavoro e Reinhard che va avanti e indietro alla ricerca delle patate della Val Pusteria. Quelle sì, le definisce “le patate più buone del mondo”. E non credo abbia mancato di troppo il bersaglio.
Reinhard ha un sorriso constatato, schietto, quasi fiero. Cerca sempre di capire la domanda, anche nelle difficoltà di parola. Ha un’ironia palese che non ha avuto il giusto sfogo all’interno di un guazzabuglio linguistico da fatica fisica. Mia sicuramente. L’Alto Adige ribadisce, per l’ennesima volta, di essere una terra aperta, di avere pochi segreti, di voler rimanere equidistante per necessità. Qui il cielo non può fare a meno che corroborare. Nel candore invernale e nello smalto primaverile. Per questo le galline razzolano con un senso, mangiano biologico con un senso, depongono uova con un senso. L’intorno, il verde ma soprattutto l’assenza. Ecco i segreti di un contesto dove un posto così non può che essere necessario…
MAIRHOF
VIA WIEREN 14 MOLINI DI TURES
CAMPO TURES (BZ)