Saint-Avre è un luogo dove si può trovare tutto. Basta chiedere. Montagna, ruralità, autostrade, industrie, formaggi, rotonde, benzinai, ponti, approdi, fascino e antitesi. È una Savoia che prende le distanze dall’Italia, portandosi dietro le nuvole e il cattivo tempo. Queste valli non hanno ancora la lontananza ma non hanno mai perduto la produttività. Qui si sono create varie leggende, tra queste vette Pantani ha generato e ucciso la sua. Ancora tutto innevato, i passi sono chiusi, i nomi sono ancestralmente legati ad un passato di tutti. L’Italia è dietro l’angolo, i regimi dorati anche. E così nascondersi viene facile, soprattutto in luoghi che hanno mantenuto i formaggi come baluardo di un’appartenenza e di una cultura che si ferma al Frejus.
Vacche savoiarde, stalle linde, cantine di stagionatura straordinarie, regalate al mondo attraverso un oblò che ne garantisce una distanza poco più che simbolica, e formaggi fuori dal comune. Soprattutto quelli prodotto da loro. Alpeggi estivi esaltanti. Beufort tra gli otto mesi e l’anno e mezzo che non c’entra nulla con la commercializzazione. E quando anche gente come Mons® cade in difetto, finalmente possono fuoriuscire le ricercate stabilità degli affinatori in contraltare al giallo ocra e ad un profumo di erba che si espande in ogni dove. Meravigliosi, cremosi, dolci. Un selvatico di nocciola strepitoso. Così la toma, a cui non darei mezza lira e che mi conquista con la sola fragranza. L’assaggio è un rispetto, ma per certe cose basta il naso.
Perché qui si è deciso per una politica intrigante. Le migliori produzioni alpine dei produttori che meritano di affiancare i loro formaggi. E così Abondance di una dolcezza rara, Reblochon, caprini, formaggi affinati, Raclette, Abbaye de Tamiè e tutto quello che l’arco alpino savoiardo può garantire per la propria sopravvivenza.
E così si può anche decidere di rimanere…
LA FERME CARTIER
RUE DE LA PLAINE
SAINT-AVRE