Tra Monza e Verolanuova. Su quella Bre.Be.Mi. priva di senso e di macchine, la pianura non ha più un trascorso, le attività sono state divelte, il passaggio non è stato nemmeno alterato, ma definitivamente incastrato all’interno di una logica urbanistica che nella pianura ha visto solo terzo Paesaggio. Frammenti indecisi e migratori che non hanno più nulla di stanziale, dove si pagano pedaggi per allontanarsi e avvicinarsi al terzo Stato, a quella borghesia commerciale centripeta e costosa. Così Monza, satellite eletto, può ben rappresentare un nuovo luogo di fuga, una nuova maniera di vedere l’ineluttabile e il non circondabile. In queste città di provincia, che sono monumenti del mai portato a fondo, si possono ben spendere i propri soldi nei mesi invernali e ormai nei mesi estivi. E non ci si chiede più quale desiderio possa percorrere decine di kilometri in mezzo alle brume. L’espansione è un atto di vicinanza.
Ivan Gorlani ha fatto praticamente di tutto nel campo della cucina, apprendendo le cognizioni indispensabili per condurre qualunque tipo d’indagine, ora prova ad applicare quell’Organon nei vari campi della gastronomia, dalla gelateria alla pasticceria fino alla lievitazione. Scuola albergiera, Stefano Fagioli, Nerio “Sirani” Beghi, consulenze di Simone Padoan, mani negli impasti e nei dolci, sperimentazione e documentazione, apertura della gelateria Mille a Verolanuova, e arrivo a Monza con il suo concetto di pizza e di condivisione.
ERA è il nome, tra l’altisonante e l’altezzoso, che si è meritata la sua nuova creazione: evoluzione, ricerca e attinenza al territorio… tanto basterebbe a trattenermi in quarantena…
…ma fortunatamente Ivan Gorlani è più interessante di questo contenitore…
A Verolanuova comincia con il gelato, passa ai grandi lievitati e si diletta ad analizzare il cibo sotto la lente della storia. Arriva alla Milano di Stendhal e ai sorbet fuori dalla Scala. E così la citazione diventa riproduzione: vaniglia, limone, mandorla e capelvenere, una felce depurativa. Senza compiacenza.
A Monza decide di mettere a punto un impasto viola con le more di gelso, simbolo di un’industrializzazione archeologica dove seriche ciminiere necessitavano di bachi da seta che necessitavano di piante di gelsi. La Brianza è stata uno dei paesaggi disillusi della gelsibachicoltura.
La pizza è una pizza costruita, gastronomica, tagliata a fette e portata al tavolo. Non la mia. Tre farine (Quaglia, Pasini e Varvello), che mi entusiasmano il giusto, qualche fibra, tra cui il baobab, come evoluzione degli studi passati e delle pizze gourmet, solo lievito di birra, lunga maturazione, pre-cottura, conservazione e cottura a vapore che la rende una nuvola di perfetta contestualizzazione. Ingredienti di alto livello, bilanciamenti corretti, sia nel futuro che nel passato. L’evoluzione è il primo passo di una tradizione che si è stancata di rimanere nel presente. L’originale è già un originario e Ivan un profeta nella noce. In quella soglia un po’ confine, dove cadere nell’algido distaccato è un attimo, l’inclusivo può diventare esclusivo e dimenticare artigianato e autenticità. I nomi devono riempirsi al di là del gusto, mantenendo il racconto al di qua dell’abbinamento, verso quel parco di Monza che è erbe spontanee e localismo, verso una pizza gourmet che sia apertura e non chiusura. Che sia cultura e non marketing cromatico. Questa è evoluzione. Questo può diventare un luogo di pluralismo espressivo dove la pizza non si dimentica di sé…
ERA. PIZZA
VIA MAGENTA 16
MONZA (MB)