Tra Valtellina e Sicilia… Gaetano Coglitore

Sondrio. Morte cerebrale di un sabato di novembre all’ora di pranzo. Gente sconclusionata e qualche mendicante corredano un contesto fatto di persiane semichiuse, centri storici abbozzati e un fiume roccioso che cade su tetti e uggie di provincia indefinibile. Troppo lontana, troppo piccola. Espansione disorganizzata e compromessa da costruzioni casuali e popolari che scalfiscono l’antropologia naturale di di un fondo valle, chiamato Valtellina, buio e e disgregato come le poche parole dello scambio quotidiano. L’essere chiusi è una questione geografica e morfologica. In quella gola ombrosa e silente, la parola si appanna sul finestrino. Campi ricoperti di rugiada e primi vigneti di Nebbiolo in lontananza. La Valtellina non ha fine e nemmeno scappatoie. Imprigionato in Sondrio, blocco i miei sentori e mi godo quella difficoltà e quella chiusura. Non affascina e non promette, ma suggestiona. Angoscia e infinità, questa la cifra stilistica di un capoluogo dall’abito paesano della distanza.

La pasticceria Cattaneo è famosa. Magari non per i dirimpettai, ma per valligiani e gourmet sì. O più o meno. La notorietà si confonde con la storia ma tanto basta. L’anacronismo, però, è andato perduto. Il merito: Gaetano Coglitore. Terza o forse quarta generazione. Ha perso il cognome, vittima di una miscellanea nord-sud, tanto influente quanto ideologica. Lui e la sua fidanzata Lucia hanno l’apertura dell’accoglienza e la semplicità dei gesti di chi non fa nulla per concorrere e nemmeno per stupire. Lei dietro il banco, lui in laboratorio, forse qualche anima errante di passaggio e poco altro.

Fermi!… tanto altro… l’ombra nera di Maurizio Santin…

Pastry chef di fama televisiva, ospite del Gambero Rosso dove tiene a magione pasticcieri, ricette e improvvisate teorie dolciarie, passando dall’idolatria ai flop, e legato (per motivi che non interessano i più…) alla città di Sondrio, inizia a far girare voci su una sua possibile apertura. Gaetano si “spaventa” di poterselo trovare dirimpetto da un giorno all’altro. Ma l’idea è più raffinata e bizantina: collaborazione. Il nome e il pasticciere. Tanto iPad e poche mani. L’opinione pubblica è attratta. Tuttavia, come nelle collaborazioni senza un fondamento passionale, la latenza è dietro l’angolo. Le dicerie e il malcostume fanno il resto. Gaetano rimane solo e non ama parlare di quello che è successo. Non vuole però che l’interdizione raggiunga il suo dolce e la sua pasticceria, che era, è rimasta ed è sua. Tutto il resto va bene per il teatro della cucina, per i salotti romani e per le chiacchiere da insipidi gourmet.

Gaetano è un pasticciere preciso, da generazioni di sfogliatori a mano, zii intransigenti e fuori dal coro e rapporti filologici con la Sicilia.

Sua madre valtellinese e suo padre siciliano di Patti forgiano background, forma mentis, accortezza e abilità. Prima delle redini, uno stage sulla costa tirrenica. La scelta ricade su Giulio, croce e delizia di Capo d’Orlando. Gli orlandini lo rimpallano, i turisti lo riempiono, i palati un filo scavati lo oltrepassano. Ma fermarsi è la sosta più “pulita” che si possa trovare in quella fetta di costa dimenticata dalla serietà e totalmente in mano al progressismo edilizio, stile versiliano… Capo è la mia infanzia e la mia nostalgia, parlarne male è lo sport più banale… Gaetano ci crede ma anche lui non può che concordare…

La sua pasticceria è questo incontro tra due regioni lontane, non solo geograficamente, ma soprattutto culturalmente e viziosamente. La cassata alla ricotta che spunta nelle vetrine è una cura oltreché un sapore. Bianca, meno pasticciata, più equilibrata nella mandorla, leggerezza vaccina e con un barocchismo stentato. Rivisitazione azzeccata. C’è il cannolo e, in stagione, la granita. La comprensione clientelare è un punto di domanda alieno, ma mi adeguo e non strombazzo. Poi ci sono precisione, teoria e modernismo. Un riassunto che, se nelle materie prime tende a latitare (nessun semilavorato sia chiaro, ma qualche ingrediente nebuloso e disperso nella semplicità al raggiungimento…), nelle composizioni esalta l’arte di questo semistagionato pasticciere ai confini dell’impero. I suoi dolci sono determinati e intimi. Su tutti una strepitosa crema chantilly (o diplomatica…) che ritrovata in un bignè, scenograficamente sovrapposto a una sfoglia e cementato con il caramello, rilascia leggerezza ed equilibrio. Sfoglia un filo schiacciata, frolla intrigante (ancorché, citando il mio compagno di viaggio, nel contrasto con lo zabaione, ottimo per inciso, ossidata oltremodo), crema pasticciera precisa. Il lievito madre aspetta il Natale e, con lui, io.

Gaetano non sbraita bravura e non si appella al divino, riconosce l’altro, lo ascolta e carpisce le mosse dell’intesa. Non aspetta il giudizio e non tradisce soggezione. È in mezzo al guado… se prende la direzione giusta, Santin gli potrà mettere giusto il microfono innanzi… Pace e bene.

 

PASTICCERIA CATTANEO

VIA TRENTO 8

SONDRIO (SO)

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