Jovencan. Un luogo senza risalto, in quella bellezza di fondo valle che fonde stili e passaggi e rimane sempre strenuamente legata all’agricoltura, nume tutelare di un posto che non lascia nulla al senso dell’appartenenza. C’è il paese più dedito alle mele, quello più portato alla viticoltura, la frazione abbarbicata dove si allevano bovini valdostani, ma il comun denominatore rimane sempre la coerente difesa di un territorio da portare avanti compatto, da mostrare al mondo come una forma di equilibrio perfetto, per poi abbandonarsi nei mesi morti a faide burocratiche e interne, dove le giurisdizioni e le legislazioni diventano sempre una messa in discussione e quel lato oscuro in cui il vicino di casa ha avuto di più pur producendo di meno. La corsa al numero è tenuta nascosta ma è il fanatismo di terre estetiche ed estatiche dove tutto sembra andare meglio di un orologio svizzero.
La famiglia Quendoz alleva vacche. Elio, insieme a suo fratello Pierangelo, ha deciso di procedere in maniera solitaria, di sottrarsi, chiaramente solo in parte, ad una cooperazione in cui se produci Fontina devi necessariamente starci. E così, pur adempiendo ai ritmi regolamentati dal consorzio, in seno al quale ha provato a proporre dei cambiamenti (marchiare le forme sotto gli otto kili, mettere il nome del produttore sullo scalzo…) che sono stati impietosamente rispediti al mittente, ha imposto ai suoi formaggi la sua stagionatura e la sua vendita. A la maison. Con Fontina invernale fatta in stalla a Jovencan, i mesi giusti, bella elasticità, poca cremosità, qualche occhiatura in eccesso, profumi contenuti, dolcezza elevata, prodotto confortante, e Fontina estiva fatta in alpeggio a Vetan frazione di Saint Pierre, un anno di stagionatura di una forma sotto gli otto kili (e quindi non marchiata), sapida, vicino all’eccesso, nessuna occhiatura, cremosa e straordinaria al contatto con i denti, con l’amaricante dell’erba che chiude il palato, il retrogusto e gli olfatti successivi.
La leggenda della Valle si è creata sulle fondamenta di un grasso d’alpe, con pasta semi-cotta, con croste lavate olezzanti che impregnano le celle di stagionatura, le mani e il tempo dei discorsi che non possono mai fermarsi all’assaggio. Perché il produttore deve vendere più che conservare e la salvezza diventano le facce comprensive di chi concede tempo. Qui si fa Fontina e qualche toma. Grasso e semigrasso. Non esistono variazioni, se non qualche aromatizzazione conquista-metropolitano, Elio ha gli occhi incantati e l’incedere stufo che si perde in qualche scartoffia di troppo e in qualche lamentela burocratica che non potrà mai chetarsi. Perché la Francia è vicina e lì c’è un rispetto diverso, profondo, comprensivo. L’artigiano è un notabile e ha l’importanza della fatica. Lui aspetta suo figlio e sua figlia. Il primo oltralpe a studiare agricoltura, la seconda a terminare gli studi alberghieri in valle. A breve rientreranno in azienda, per costruire, ancora più a fondo valle, il loro agriturismo, cercando una filiera rara in queste terre consorziate e riscosse. Dove i disciplinari si fanno per i grossi caseifici e per chi lavora male. La Fontina rimane un formaggio assuefacente. Nel tempo, nei palati di tutti e nel nostro modo di intendere il formaggio. Buono…
AZIENDA AGRICOLA ELIO QUENDOZ
FRAZIONE PESSOLIN 24
JOVENCAN (AO)