Castelvetrano. Un pomeriggio di agosto. La mia guida (che troveremo come protagonista altrove…) mi conduce al Frantoio di Campagna, non prima di un tour, fin troppo realistico, tra il cemento e l’abbandono di quest’angolo di Sicilia. Il paese appare come traccia di una bellezza antica, coi suoi lasciti normanni e spagnoli. Un arco. Il palazzo dei Pignatelli, qualche concittadino illustre, come Giovanni Gentile, infiltrazioni mafiose da film anni ’70, troppe brutture, cementificazioni edilizie e una popolazione che, lentamente, si sta assottigliando.
Dietro una cancellata, si nasconde questa piccola realtà che non mi persuade da subito. Penso ai soliti amici di amici che meritano una visita in quanto amici di amici. E invece mi imbatto in tre uomini che stanno confezionando delle olive e in un ragazzo che riesce a sorprendermi attraverso un’ora di dialogo in cui mette a nudo la sua terra, privandola di poesia e paura, ma rivestendola di umanità e realismo.
Alessandro ha questa erre che mi riporta a passati palermitani e, destreggiandosi con lieve ironia, fa decadere la tracotanza della mia “guida”, attraverso briciole di confidenza. Porta avanti l’azienda di famiglia, in cui è stato costretto a tornare a causa di una di quelle morti che, venendo vissute come assurde, si sentono solo al telegiornale. Ma andiamo oltre…
Alessandro ha lasciato gli studi a Palermo ed è rientrato. Senza una particolare persuasione ma con l’occhio premonitore che qualcosa andava fatto, che il potere di decidere doveva essere potere di cambiare. E così è stato. La Nocellara del Belice è un’oliva unica, quasi rara, con un sapore, se franta, di estrema morbidezza.
Ecco la storia della nascita di un frangitore moderno, uno di quelli che la Sicilia, girandola a suo tornaconto, l’ha gratificata nel suo lato più triviale: l’abbandono.
Alessandro mi porta in giro per il frantoio, mostrandomi la storia e l’innovazione. L’olio denocciolato, arrivato in maniera sparuta tra le lande sicule, non lo convince e gli puzza di proditorio e di pubblicitario. La verità non è lontanissima dal suo pensiero. Veronelli, Comincioli, le cause ecc… L’olio fatto come una volta non è nelle sue corde. L’innovazione non ha potuto fare a meno di rapirlo, così come la serietà. La lavorazione avviene entro le 48 ore dalla consegna delle olive (che provengono solo in parte da uliveti di propria conduzione… il resto fa parte di consegna, scelta delle olive migliori – per quelle da tavola è una scelta fatta direttamente in piantagione – e frangitura in regime di simil “mezzadria”…), tenendo sotto controllo lo stato delle drupe, la temperatura, servendosi di impianti a ciclo continuo. Decanter a tre fasi (spero la mia memoria non sia troppo labile…) per separare l’olio, l’acqua e la sansa.
Nocellara del Belice: oliva da mensa e oliva da olio. Corposa, grossa, rotonda, dal gusto poco acido. L’olio ha un numero di polifenoli abbastanza elevato, mediamente denso, verde intenso con qualche riflesso giallo e profumi di erba. Retrogusto di mandorla amara e piccantino ma senza stringere.
Questo tipo di oliva non è autoimpollinante, quindi può essere fecondata solo da polline di altre varietà. Quindi, negli uliveti, si trovano, in percentuale minima, piante di Biancolilla o di Carbucia. La rarità e la difficoltà sono le sue cifre stilistiche…
… le stesse che Alessandro porta avanti nel suo paese e tra le sue genti, in molti casi, sottratte dal caldo, dall’inerzia e dalla facilità. Quando la cultura riesce a farsi un giro, quando la comunicazione porta il suo lato oscuro al di là dello stretto, la Sicilia torna ad essere foriera di storie e di leggende. Le stesse che affascinavano attraverso l’arretratezza, i cerimoniali e riti, oggi affascinano attraverso la messa in discussione dei dogmi e la fuga che non ha bisogno di una strada o di una New York per esprimere quel lato oscuro che ha dei lampi nella canicola, di ineguagliabile potenza evocativa…
FRANTOIO DI CAMPAGNA
VIA XX SETTEMBRE, 33
CASTELVETRANO (TP)