Villa d’Almè, frazione Bruntino, laddove le brutture lasciano spazio alla fantasia e ad una natura domestica e colorata d’inquieto. C’è puzza di città, sentori di Val Brembana e semi-coste di colline non ancora pronte all’approdo in vetta. I tratturi silvo-pastorali si incuneano in boschi senza luce e senza il fine della conquista. Qui, cani e uomini non hanno granché da tirar fuori e così si guarda dritto verso la giornata lavorativa, quella dei camioncini, dei lavori fuori porta, della semplicità come forma mentale per dirimere le possibilità non dette. Bruntino è un luogo spento con una vista, è un’apprensione prima di tutto, quella che ti fa attendere la curva in un misto di incoerenza e di professione di fede. Cosa ci sarà?
Ecco, a pochi passi dal parcheggio del cimitero, mi attende Daniela Rota, una storia contemporanea che del paradigma si porta dietro la possibilità.
Ex lavoratrice senza desiderio, rimasta a casa per un flusso di crisi, ha provato a pensare a cosa avrebbe voluto farci con la propria quotidianità. Viaggiatrice sul serio – da qui in macchina ha tagliato l’Africa in lungo e in largo per mesi -, non poteva rimanere avvinghiata alla pausa pranzo strumentale e alla comunicazione inter-planetaria, e così ha deciso per l’agricoltura e per il biologico, ha deciso di provare a scrivere una storia senza un passato da cui attingere. Si è preparata, ha verificato i terreni, ha cercato i terreni, ha studiato la presenza di storicità e di colture sul territorio, ha appreso che nel luogo dei suoi duemila metri quadrati la scarola bergamasca non si poteva coltivare e così ha dato seguito ad una selezione tra verdure antiche, moderne e alla moda cercando una variabilità del campo e delle condizioni. Dal sovescio alla pacciamatura, i terreni sono stati ribaltati, si è partiti da diverse varietà di cavoli per arrivare alle zucche e ai mirtilli fuori terreno fino allo zafferano, quel tratto distintivo, fascinoso e dall’occhio strizzato, che da queste parti lentamente sta prendendo piede. Grandi fatiche per grandi risultati. Magari tra qualche anno. La produzione è appena all’inizio, i bulbi si stanno adattando e il prodotto finale, stimmi rossi separati dalla parte bianca e arancione del calice, è un eccellente compromesso con un presente sporadico da mettere il prima possibile in produzione. E così il terreno, l’anno prossimo, raddoppierà e supererà il bosco per mettere a coltura patate e legumi vieppiù territoriali.
Daniela crede all’ordinarietà della propria missione, crede che fare la coltivatrice non attenga al futuro ma al passato e guarda le sue colture come l’espressione di un contatto con la terra senza banalità e nascondimenti. Qui non si coltivano bulbi unti dal Signore, non si raccontano leggende che non portano a null’altro che a chef estinti, qui ci son due occhi e una passione dilaniante. Basta la presentazione. Poche volte mi sono trovato al cospetto di chi un prodotto lo sta cercando, senza una storia di sacrifici o saghe familiari, ma con la certezza concreta di poter far bene un mestiere senza principio d’autorità attraverso cui trasformare la comunicazione in una clava. Semplicemente, Daniela è una libera contadina per scelta…
AZIENDA AGRICOLA SAFRANUM DI DANIELA ROTA
VIA DON GELFI
VILLA D’ALME’ (BG)