Cologna Veneta. In quella Pianura Padana che non lascia scampo alla vista e al dissapore. Strade dritte, costruzioni molecolari di prefabbricati che, nascosti sotto provocatori colori antichi, come il grigio e il rosa, si pavimentano fino ai cancelli, sempre uguali, tutti in serie, di officine, ditte e industrie che dei capannoni hanno fatto la loro bandiera, la loro laboriosità e il loro modo di essere in crisi. A partire dall’architettura. Docile, nefasta, sbiadita, quasi nebbiosa.
A lambire il paese e le strade che diventano rotonde e vie definite dalla funzione sociale, c’è la storia della famiglia Bertolini e dei suoi continui spostamenti. Da importante centro agricolo, con filande centri tessili, bachi da seta e barbabietole da zucchero nel proprio passato, Cologna Veneta ha lentamente abbandonato quel che resta del centro storico per spostarsi, con tutte le sue botteghe, i suoi mandorlati e quell’artigianato che diventa commercio, sulle strade provinciali.
In mezzo ai capannoni, tra commessi viaggiatori, lavoratori di passaggio e concittadini ormai avvezzi alla periferia, la Casa del Dolce ha trovato una nuova magione.
Il nome, contraddittorio con la finalità, è un retaggio del passato. Quando il siór Bertolini decise di intraprendere la strada della pasticceria, trasformò un’abitazione in uno spaccio di dolci e la clientela, in una fila di persone davanti al portone. Sarcasmo. Dissolvenza in nero. Incomprensione. Le estati, quando la stagione della pianura andava a morire, Fausto le passava tra le montagne (Piazzatorre in Valbrembana e Bardonecchia…), a lavorare a servizio da altri pasticceri. In un’infinita reiterazione di sveglie mattutine, farina e pratica quotidiana. Dissolvenza in nero.
Oggi. Dal centro di Cologna Veneta, ad un nuovo negozio a San Bonifacio, dalla possibilità di Montecchio Maggiore, abbandonata per motivi familiari, fino all’apertura dell’attuale negozio nella zona commerciale-industriale-di passaggio del paese. Pianura, poco fascino, monumenti distanti, San Bonifacio e Cologna Veneta rappresentano la possibilità del futuro e il rispetto verso i figli. Quattro. Tra il laboratorio, la vendita e l’apprendistato presuppongono e corroborano la presenza di Fausto. Un artigiano-imprenditore assolutamente fuori dalle convenzioni. Laboratorio ricco di lavoratori e di nitore. Stanze per il cioccolato, pasticceria altalenante, con comunicazione e con alcuni dolci abbandonati alla volontà di potenza del mandorlato, torroniere e stanze di essiccazione. Qui, il laboratorio di Fausto si trasforma in quel che resta dell’artigianalità. Di un paese e di un prodotto. Mortificato da concorrenze, faide familiari, prezzi al ribasso e materie prime di dubbia provenienza. Qui, il laboratorio di Fausto è entrato nel gotha della pasticceria italiana.
Attraverso l’assaggio, attraverso grandi personaggi e attraverso la consulenza e le idee di una pasticceria sempre uguale a se stessa ma sempre all’avanguardia. I nomi ci sono ma si nascondono, l’etichetta è cangiante e il prodotto pure. Magari ricoperto di cioccolato, magari vanesio o magari totalmente snaturato rispetto ad un’origine distante. Ma il giro giusto, la meritata stima, l’esperienza di lavoro, i circoli virtuosi, chef tra i più grandi che, riconosciuta l’unicità, richiedono la propria versione (magari lavorata con il caffè o con il tartufo d’Alba), gratificano anche oltre la marchiatura, la fama o la possibilità di entrare nelle “migliori botteghe del gusto” dove gigioneggia Scaldaferro. Con un’accortezza, che manterrò anche io… Non rivelare, per non mistificare anni e anni di lavoro sulla convinzione, clienti e materie prime!
Un unico prodotto (ancorchè esista anche una versione morbida e una piccola produzione di nocciolato, educato, forse un filo troppo tostato, ma necessariamente lontano dal veneto sentire di tradizioni, contadi e contadini…), il Mandorlato di Cologna Veneta, qualcosa di affine al torrone, ma con una nomenclatura altra, dal passato lontano, retaggio di quegli speziali, un filo alchimisti e un filo pasticceri, che maneggiavano essenze, erbe, spezie, tinture e dolci:
-albume fresco da uova in guscio, mandorle pugliesi calibrate e scelte a mano, miele di acacia e zucchero semolato. Sic et simpliciter. Adesso, senza nicchie e senza stravaganze. Ma con qualche velleità futura… magari sulla particolarità del miele o della mandorla… con un’etichetta, un marchio di fabbrica o un’estrosità… magari…
… per ora c’è un tanto semplice, quanto unico, risultato: il rapporto tra mandorle e miele è nell’ordine dei 90 su 32 kili, quasi il triplo rispetto alla normalità dell’analfabeta mandorlato dei suoi vicini anche più noti. Mandorle non tostate ma essiccate, quattro giorni a sessanta gradi (ma qui Fausto vuole approfondire ulteriormente una perfezione gustativa…), per qualcosa che, al contatto coi denti, sfiora la sublimazione dell’Essenza della mandorla. Il prodotto finale, con l’aggiunta di poco zucchero e albume, senza sciroppo di glucosio o aromi altri, passato attraverso torroniere in rame e oltre sei ore di lavorazione, raggiunge una consistenza rara. Bilanciato e controllato nei sentori, poco miele sia al gusto che nel retrogusto, croccante il giusto ma straordinariamente friabile. Non troppo facile ma con le mandorle a corroborare dei sapori, delle fragranze e una cultura. Inconfondibile e perversamente frainteso…
Giovanni Fausto Bertolini, coadiuvato dai suoi figli, ha la tracotanza del genere. Trovato il prodotto, trovata la comunicazione. La specializzazione, che solitamente è il primo limite dell’avere limiti, è, in questo caso, il principio di un dominio. Prima tecnico che etico. Ma la scelta ben s’attaglia su una base del genere. Fausto è istrionico, abbondante, risponde con la fiducia e con la chiacchiera ad un tessuto comune di conoscenze. Anche nella fatica del distacco, comunica ma senza obiettivi prosaici. Rimane un solitario, sia nella parola che nel lavoro. Dai gesti, dallo sguardo, dall’affezione e dal rapporto con i figli… l’empatia è una mandorla e del miele, il resto è rettitudine e testa alta…
CASA DEL DOLCE
VIALE DEL LAVORO 11
COLOGNA VENETA (VR)
VIA CAMPOROSOLO 200
SAN BONIFACIO (VR)