Un mulino riportato nella storia… Famiglia Cavanna

riviera

Dronero. Imbocco della Val Maira. Coltivazioni di mele e di kiwi alle spalle e quelle alpi cuneesi che mi hanno sempre incusso timore davanti e tutt’intorno. Una sollevazione d’intenti mai particolarmente portati a fondo. Dronero sta lì placida sul torrente Maira con il Ponte del Diavolo a fare tutto il resto, dissimulare mitologia, sciorinare leggende e mettere in mostra arcate molto diverse tra loro. Lì, con la roccia a irrompere nell’acqua, l’acciottolato sbattuto contro le case signorili occitane che hanno deciso di tenere lontane le tradizioni montane coi tetti calati sulla pietra, Dronero è fascinosa senza decadere. Su uno dei canali irrigui del Maira, già in direzione fuga nella zona del paese eponima, c’è sempre stato il Mulino della Riviera, straordinario esempio di architettura rurale legata alla sopravvivenza di un paese e di una valle. Anni dopo che l’abbandono si era portato via tutto il contenuto, lasciando lo scheletro di quello che era una bella fotografia, la famiglia Cavanna ha deciso di restaurarlo e di rimetterlo in funzione. Così… dopo anni a fare biscotti e dopo l’approccio all’arte del mugnaio per un caso poco meno che fortuito.

Prima, in quell’epoca dei rapporti col molitore e non con il contadino, le farine le compravano da Massimo Borgogno, uno di quegli eroi che l’arte bianca non ha privilegiato con la notorietà. Stanco della professione, ha deciso di insegnare la professione a Fabrizio e Andrea (due dei figli di Felice e Bruna) per lasciargli la libertà di intraprendere la strada migliore o quella giusta. Così, Dronero aveva qualcosa di straordinario che loro hanno deciso di riportare alla luce. Paolo (il fratello più giovane…), il sabato mattina, macina alla luce di anziani in viaggio premio, studenti gastronomici, famiglie interessate e una processione di persone che vogliono trasformare Banderas in una fotografia. Così, quattro coppie di palmenti francesi, un sollevatore a tazze per trasportare i cereali, imbuti di carico, tramogge in legno e buratti molto raffinati, una ruota idraulica perfetto spot per il Partito della Rinascita, han ridato indietro qualcosa di magico perché funzionante e solo per quello.

Il Mulino della Riviera della famiglia Cavanna è uno dei luoghi simbolo dell’artigianato italiano, di una bellezza lavorativa con il tempo e con la scansione delle ore, con le impurità e con la voglia di far rinascere qualcosa che dell’antichità si possa portare dietro l’antichità. La farina è l’unica forma che del futuro deve avere impressione. Perché il futuro si è tappato il naso in cambio di una morbidezza selettiva e di una stabilità di sapori e strutture, perché il futuro ha preso il cilindro e l’ha venduto come perfettibilità.

Paolo è molto bravo a raccontare e a capire il confine degli interlocutori, ma la condivisione rugosa con il mulino Bianco trasposto nel reale non fa per me. Così scappo e ritorno alla trafficata mattina della Forneria, a Villar San Costanzo, dove la famiglia Cavanna produce biscotti da oltre vent’anni.

Lì, Andrea attende ma è sovrastato dalle richieste e dalle casalinghe tensioni al forno di casa. Così mi accontento del via vai, delle tracce e dei consigli alle signore in gita salutistica.

L’ingredientistica ha degli apici nei cereali e nel burro e delle cose da pulire, da togliere, da rivedere. Perché manca la giustizia per quella meraviglia d’assemblaggio che è la loro farina di mais: pignulet, ottofile, marano e dente di cane. Antichità bramata, straordinaria macinazione e un profumo veramente fuori logica. Così i contadini, nella semplicità di un biscotto, la pasta di meliga, peraltro perfettamente bilanciata, vorrebbero un ritorno di conservazione senza supporti saturi da punti di fumo estremi. E io con loro.

Dal mulino arrivano il monococco, il grano tenero antico (abbondanza, gentil rosso, gamba di ferro), qualche grano di forza, un Senatore Cappelli calabrese e un Senatore Cappelli piemontese, il farro dicocco, la segale e i vari tipi di mais. Tutte macinate a pietra, integrali e burattate fino allo zero. Bassa forza, dove non assente, e sapori coesi con la lentezza di molitura, l’assenza di calore indotto e il mantenimento dell’origine. Le farine Cavanna sono già pizza, pasta, frolle e biscotti. Questi hanno una friabilità rara, un buon croccante e una pulizia da ritrovare più nei dati che nei fatti. La bocca c’è ma ogni tanto, soprattutto nel mantenimento, l’umidità è da controllare. Il resto è stravaganza e ricette. Farro e mele, miele, cioccolato e nocciola, le ricette antiche di nonna Rita, una linea senza zucchero e una linea per famiglia. Il tutto economicamente contenuto perché qui non è ancora arrivata l’infiorescenza della gastronomia definita come packaging accattivante, perché qui c’è un laboratorio nitido, con un paio di impastatrici e una linea completa di produzione che deve dare magari più monotonia alle farine ma trovare quel prodotto che le metta in circolo, che abbia la bilanciatura della meliga e la voglia di povertà gustativa dove masticare il mais, ma soprattutto perché Andrea, nella sua compiuta gentilezza, deve avere il tempo per la sua compiuta gentilezza.

Ma tutto si cheta nel silenzio di quel mulino spento su un’acqua funzionante… l’automa è un senso artigianale a cui ogni tanto bisognerebbe togliere placidamente la polvere… meraviglia di un’assenza di senso che ha scavalcato il dovere economico per mostrarsi nella fatica finita…

 

MULINO DELLA RIVIERA

VIA MOLINO 8

DRONERO (CN

 

BISCOTTERIA CAVANNA

VIA GATTO 9

VILLAR SAN COSTANZO (CN)

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