Poggioreale è un luogo abbandonato, uno di quei posti dove si ha a che fare con i fantasmi delle cose, da dove non è possibile che venga restituito nulla, se non ruderi di un terremoto che ha distrutto e stravaganti costruzioni di un nuovo abitato che non è altro che un reticolo di viali periferici senza un centro e con un abisso di costruzioni incommensurabili. Lo sviluppo ha svuotato la possibilità della distanza, del perno attorno a cui tutto far ruotare. Così rimangono fotografie in bianco e nero dei margini di un rudere che non è altro che vegetazione spontanea, solitudine e distanza diurna. Così la Valle del Belice, in quell’esistenza agricola che trasforma gli inverni nelle primavere e i gialli autunnali in vitigni imbottigliati e svenduti, diventa strada statale, strada dissestata e curve senza via di uscita, in mezzo a quei paesi che non hanno altro che il ricordo di una storia che non si è compiuta. Così si cerca di guardare indietro per qualche possibilità di lavoro e per regalare qualche ora di quel tempo fermatosi nel 1968.
La famiglia Pagliaroli/Giocondo ha i terreni da sempre in queste valli. Lo zio di Lorenzo ha sempre allevato e ha sempre puntato sul nipote come possibile successore. Lorenzo ha sempre nicchiato, si è trasferito a Pisa a studiare Scienze e tecnologie delle produzioni animali, ha conosciuto Simona, sarda di Oristano con identica passione verso le produzioni agricole, hanno fatto uno stage al Corfilac, si sono sposati e… lui è diventato sindaco di Poggioreale!… senza dimenticarsi della promessa fatta allo zio…
Così hanno ripreso in mano le tradizioni di famiglia e quelle territoriali, si sono messi ad allevare pecore Pinzirute, Belicine e qualche capra incrociata con la Girgentana per dare risalto a qualche cacio ai due latti. Il tutto per portare fuori la propria idea di latte legata ad un allevamento estensivo, ad un pascolo totalizzante (la stalla è in costruzione in questo periodo) e ad un alimentazione fatta di erba, fieno auto-prodotto e qualche legume. L’obiettivo è quello di provare a dare un’aura a quel prodotto tipico così tanto bistrattato in questa terra di terra e sale. E così la Vastedda della Valle del Belice (una mozzarella di pecora che mangiata nelle prime quarantotto ore è talmente straordinaria da raggelare il giudizio), nell’incedere salvifico del sottovuoto e del piattino dove metterla, a metà strada tra quell’etimo che la riporta alle forme guastate e quello che la porta verso la forma simile a una focaccia, è un ottimo prodotto a pasta filata, particolarmente morbido e con fragranze selvatiche ma controllate; mentre il Pecorino Dop, quello che solo a sentirlo nominare mi salgono le palpitazioni azzerando la salivazione, è il tema centrale della ricerca di Lorenzo, la sua ossessione, il prodotto più tipico della sicilianità e quello che è diventato assolutamente il meno tipico perché raffinato e ristrutturato a partire dalla mungitura. Strepitoso, ben cotto, ben spurgato, con la giusta umidità in crosta, sapidità estremamente bilanciata e stagionatura retrograda. Il sale è una forma mentis di un entroterra siciliano che conservava, conservava e ancora conservava. Il sole era il più terribile dei nemici. E la perfezione di ora, che dal sapore lattico del primo sale arriva all’affinamento deciso ma non particolarmente piccante della stagionatura dove il grasso rende tutto piacevole, è una di quelle sublimazioni che fanno di questa terra una nostalgia…
Il caseificio storico di Lorenzo e Simona, che possono ancora utilizzare il rame e il legno, è senza passaggio, è un interno famigliare sottoposto ad un’abitazione. È tutto lì in quel dialogo inframezzato al lavoro che non lascia più tempo libero. Simona è in mirabile produzione tutti i giorni (la ricotta è un ricordo lontano di quando pensavo a Laura Giocondo, la madre di Lorenzo, come ad un’entità separata… quando pensavo di aver assaggiato la più buona ricotta invernale della mia vita…), in mungitura e al controllo dei capi c’è un amico d’infanzia di Lorenzo, che ha inglobato il suo gregge al loro, mentre Lorenzo si divide tra l’impegno di Sindaco, che non può prescindere dalla necessità del territorio e di quei contadini che la terra se la portano fin su nelle narici, la dedizione alle scienze agrarie e ambientali, con lo sviluppo di progetti su centri del caglio, di stagionatura e magari in futuro di una latteria turnaria che permetta a tutti di trasformarsi il proprio latte, e il controllo sopraffino dello sviluppo e della produzione dei suoi formaggi.
Perché a Poggioreale, quando si riuscirà a rendere archeologica la casualità del destino, non ci sarà altro che mettere fuori dalle case il proprio territorio, quell’ambientazione lunare e irlandese di rocce e terra invisa…
AZIENDA AGRICOLA SAPORI ANTICHI
CORSO UMBERTO I 30
POGGIOREALE (TP)