Nizza Monferrato ha una fama che la precede, è luogo di vini, di ristoranti, di ristoratori e di straordinarie tradizioni gastronomiche, su quella strada che dalla finanziera porta verso la farinata passando per l’agnolotto. In luoghi come questo si è fatta l’Italia, qui la sofisticazione è un rischio assolutamente non calcolato e la presa in giro un locale vuoto. Crescono le nuove generazioni e rimangono interdette: la necessità è che qualcuno le guidi. Non si deve tradire questa storia in questo luogo. E così per poco più di diecimila anime ci sono tredici macellerie non contando i supermercati. Qui la carne è il culto laico dell’appetito. A partire dalla vetrina. C’è uno studio dei particolari, degli abbinamenti, delle tradizioni da non sbagliare e dei colori da restituire alla salivazione che è ieraticamente un continuo contro senso. Rimasto indietro in un anacronismo pantagruelico, il gusto torna bambino e Nizza Monferrato diventa il parco giochi della mia immaginazione culinaria…
I viali porticati non fanno altro che portarmi indietro in un tempo che non è mai stato. L’arrivo alla macelleria di Loredana e Vittorio attiene al disuso. Bottega storica come solo le macellerie sanno essere. E senza bisogno di foto in bianco e nero. Cassa separata dal banco, legno, soffitti dipinti, eccellenze in bella vista, lei assisa sul trono (letteralmente) della confidenza, lui dietro un banco immaginifico, pieno, raro, straordinario. Rapito dai colori dei peperoni all’interno degli spiedini, la presenza della Piemontese mi soverchia. Solo lei. Una razza che è la totalità della vita di questi macellai. Unica tra le uniche. Non esiste nulla di simile in nessun luogo del mondo. Nemmeno per la Kobe. Rispettosa consapevolezza di avere in mano qualcosa di diverso, al di là dei formalismi bradi e della necessità del pascolo. Il colore, la frollatura, i tagli dell’anteriore, le lavorazione, la carne all’albese, i pezzi per il bollito, l’importanza data alla povertà e alla vita della bestia, al suo riposo e alla sua alimentazione, sono un’estetica prima di essere una morale.
Vittorio e Loredana lavorano in solitudine. Da lì sono passati quasi i tutti i macellai della zona. Vittorio gli ha insegnato quel mestiere, che lui ha imparato in bottega poco più che bambino. Il mestiere che una volta si rubava e adesso è questione di ferie e di tempo libero. Così non si trovano più giovani che entrano e chiedono di poter imparare una professione. Quello che resta è un luogo leggendario che rimane per chi c’è e che varrà una fotografia negli anni di quella pensione che non arriverà mai.
Qui si sublima la razza Piemontese a partire da allevamenti, alimentazione e frollature (mai estreme, sempre nel rispetto di un gusto da non nascondere nell’eclettismo). Bisogna avere il tempo di relazionarsi con i contadini, di andare nelle stalle e di sincerarsi di una vocazione al palato. Perché tutto parte da lì, dal fieno, dai cereali, dalle proteine. Il ruminante diventa vitello, manzo e bue. I denti cadono, il lungo finissaggio è da fare nella paglia, in quell’ingrasso ipertrofico che restituisce uno straordinario sapore, sulla scorta della contemporaneità che mangia tutto con il palato.
Carne cruda, salsiccia simil Bra (ma senza grasso suino) con salsa verde a la maison, tagliate, costate, tagli poveri e muscoli di scottona chiedono solo di non sbagliare la cottura. Sono classici senza tempo, così come quella clientela che va, viene e paga senza battere ciglio. Per tutti c’è un consiglio e un pensiero finale. Loredana è un buon confessore. Gestisce i tempi morti del taglio e del dogma della freschezza.
Professionisti dell’ospitalità, al di là di qualunque formalismo e di qualunque pregiudizio. La bontà del prodotto è un dato di fatto, non è una discussione da palato o da raffinati gastronomi. Non c’è niente che non sia consequenziale al contesto storico ambientale. Loredana e Vittorio han solamente rispettato i tempi, i modi, i luoghi, le tradizioni, il passato, gli allevatori, i clienti e tutto quel che significa fare i macellai in una terra di macellai. E se questo non bastasse, dalla madre (ultra ottantenne) e dal fratello di Loredana, al ristorante Violetta di Calamandrana, vi aspetta la finanziera della vostra vita… ma questa è un’altra storia… non mia…
MACELLERIA VITTORIO E LOREDANA
CORSO CARLO ALBERTO 80
NIZZA MONFERRATO (AT)