La futura polenta di una volta… Mauro Longo

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Fubine. Dove una volta c’era l’aristocrazia ora c’è una sonnolenza incompiuta. Si schivano campi di granoturco e di girasoli e si arriva a guardare l’ennesimo paese che sovrasta sudditi avvezzi al tempo libero. Questo era il paese dei conti Cacherano di Bicherasio, qui veramente il sangue blu si era intinto di rosso e il favore del popolo non era un acquisto d’indulgenza. Emanuele Cacherano di Bicherasio è stato nobile, imprenditore e amico dei più deboli. Ha fondato la Fiat e ha permesso il passaggio dall’oligarchia agricola a un sensato comunismo di gestione. Fino alla morte in circostanze oscure, tra il suicidio e l’avvelenamento. Tutto insabbiato naturalmente, perché un progresso tecnologico che sfami il popolo, ancora oggi, ha una benevolenza da pozzanghera insozzata. Contadini, emigranti e partigiani. La storia di Fubine è uno spaccato del nord Italia, senza scampo.

I Longo coltivano la terra da una vita, qui il mais era un sistema territoriale attorno a cui ruotavano le saghe familiari. La loro è fatta di foto in bianco e nero, dove si coglie, al di là dell’assenza dei sorrisi, la seriosità di un mondo che in posa non ci sapeva stare. E così, tra gli sguardi anonimi della guerra, ne spunta qualcuno che la Storia l’ha fatta veramente. La famiglia Longo ha un passato partigiano e combattente. Da Torino a Fubine si è sempre opposta al regime, pagandone prezzi insensati. E così la storia si è rinnovata attraverso le fabbriche e attraverso la terra. Quelle che di Mauro han segnato l’esistenza. Una breve esperienza in Michelin come antitesi al suo ruolo di contadino, un ritorno alla terra, anni di coltivazioni dirette e militanze nel partito. Quelle non sono mai cambiate, si sono evolute con il cambiare degli acronimi ma sono sempre rimaste una questione di fede, le altre, le coltivazioni, quelle sì, han subito un processo lento e rivoluzionario. Dai mais ibridi per mangimi dall’elevata resa è passato al recupero della vecchia varietà Marano, quella dei suoi avi in Veneto, quella più adatta ai quei tipi di terreno. Il problema era venderla, perché nella migliore delle ipotesi significava svenderla.

E così, una manciata di anni fa, Mauro si è fatto costruire un mulino da un vecchio artigiano bergamasco, uno dei maestri dell’arte della macina, morto da pochi anni, e ha cominciato il suo lavoro di molitura. Pochi quintali di farina macinata semi-integrale, senza la raffinatezza della modernità, con quel bramato che si porta via le dissidenza. Polenta dal sapore pieno, si mastica, si sente il mais che ha un profumo raro. L’antichità però è un abito per il freddo e per qualche sagra di paese estiva. Il resto dell’anno era un deserto a cui porre rimedio.

Così, attraverso le capacità artigianali di artigiani alessandrini, Mauro ha deciso di farsi trasformare la sua farina in lingue di suocera, paste di meliga, grissini e simil crackers, il tutto assolutamente bilanciato verso quel gusto che deve rimanere sotto i denti e portare fuori l’unica identità del mais che rimane nel contrasto.

Questa semplicità contadina, che fa raccogliere sette volte in meno rispetto agli ibridati, che pone al centro del problema la storicità della colture e la loro rotazione, che vede nel progresso di sinistra la sintesi di una realtà contadina che è passato quanto futuro, ha portato Mauro Longo vicino alla voglia di ritirarsi. Con la bellezza alle spalle e l’impossibilità di trasmettere originalmente una passione dibattuta. Per ora ci godiamo i prodotti, del doman non v’è certezza…

 

AZIENDA AGRICOLA LONGO MAURO

VIA DELLA REPUBBLICA 11/A

FUBINE (AL)

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