Corniglio è stato anche un luogo attrattivo, dove si costruivano ville e dove la borghesia cittadina veniva a tirare il fiato e a prendere l’aria. La Toscana ad un passo ne faceva un passaggio quasi picaresco, incedendo verso quel selvatico che era bastone, passeggiate, animali allo stato brado e una popolazione gentile vittima e carnefice di prodotti tipici che non hanno fatto altro che schierarsi. I cento laghi fomentano la voglia di raggiungimento e così la natura, tra una mazzata e l’altra, si è sempre mostrata insindacabile e fiera nel porre tutti al di dentro. Qui si raccoglie, si alleva, si caseifica, si elabora e si somministra, la gastronomia viene facile, basta guardare fuori dalla finestra… ma il fin troppo blandisce gli arti intorpidendoli, rendendo il di più non necessario e il complimento un vezzo attraverso cui specchiarsi. Quei pochi che sono riusciti a lasciare il cuscino, hanno raggiunto sorprendenti risultati, condividendo e attualizzando.
Patrizia Pensieri e Alberto Lambertini sono arrivati qui da strade diverse. Lei autoctona, lui cuoco metropolitano alla ricerca di una “casa”. E così un ristorante, poco fuori la piscina comunale e poco sopra il paese. Una pizzeria agli albori. Un nome atavico, Claudia, rimasto, e una cucina semplice, fatta di ragionamenti concreti, di prezzi contenuti e di fermentazioni controllate. Poi l’incontro con Silvano Gerbella, l’allevatore che aveva bisogno di qualcuno che trasformasse il suo lavoro in creazioni. Il lavoro sui piatti, lo studio di Alberto e il saper fare di Patrizia. Il ristorante non ha perso la sua anima di commercio e di montagna, ha solo affiancato la possibilità della materia prima e della scelta. Qui non ci si sovrastruttura per diventare degli chef, qui si guarda un territorio, cercando di riportarlo nel piatto con la massima delle coerenze. Battute al coltello di suino nero e di pecora cornigliese, salumi di Ca’ Mezzadri, Parmigiano del caseificio sociale che Patrizia sta cercando di comunicare – vista la totale assenza di punti vendita e di interesse verso la cultura del cliente -, anolini ripieni di spalla di nero parmense, brasato di pecora, costate di maiale brado, pane, pizze e la spongata di Corniglio, dolce tanto conteso quanto antico. Non un piatto sbagliato, non un sapore fuori posto e non una forma che primeggiasse rispetto al contenuto. Una piccola perfezione di pasto che non è né una tradizione né tantomeno una traduzione. È un monolite che si scaglia contro quei clienti che sono alla ricerca di altro, quei giornalisti che non si sporcano le suole e quei cittadini che nella montagna vogliono mantenere intatto il rustico senza impegno.
La spongata è un sapore che c’è sempre stato, pinoli, noci, burro, spezie e agrumi, la ricetta è di Alberto, il forno è lontano da qui, il gusto è diverso. Ma qui un po’ tutto è diverso. Qui il feticcio della comunicazione a tutti i costi non ha ancora solcato l’uscio, si è rimasti all’esigenza di cucinare bene e al desiderio che i giorni non si susseguano tutti uguali nel sussiego… è tutto a modo suo un po’ meraviglioso…
RISTORANTE CLAUDIA
PIAZZALE BORRI
CORNIGLIO (PR)