Ca’ Mezzadri: suini neri parmensi nel paese di Bengodi… Silvano Gerbella

Vestana Inferiore. Corniglio. Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano. Strade che vanno oltre, dissesti, frane che si portano via generazioni e produzioni, ponti romani in buono stato e ponti italioti disastrati, frazioni distanti centinaia di curve e un territorio che è rimasto fermo, bloccato, ancestrale, al momento esatto in cui le pievi erano ancora pievi, le parrocchie parrocchie e gli allevamenti una forma di crescita controllata e serena. Qui c’è del selvatico sincero, sguardi che non cadono mai dal cielo, disfide paesane dove le tipicità diventano egide da portare fino in fondo alla notte e alla premura, Corniglio sale e scende, si guardano costruzioni che distruggono le costruzioni che sono rimaste a cingere una piazza, delle panchine bloccate sull’infinità delle rughe e un acciottolato che resta per chi si vuole spingere più in profondità. In quelle frazioni, i boschi si sono impadroniti della diversità e così qualche maledetto allevatore ci ha dovuto porre mano, con il biasimo dei pochi refrattari al cambiamento, mettendo a dimora suini e pecore.

Silvano Gerbella è un imprenditore del fotovoltaico, un antesignano, uno di quelli che era andato in Germania a vedere come i tedeschi potessero investire così tanto in una terra senza sole. Poi un vecchio amico prete, trasferitosi tra queste borgate, lo invita a cena. L’innamoramento è sempre un gioco a perdere. La stabilità, le certezze, la familiarità. Ma nell’imprevedibile fuoriescono circostanze a favore: trattative anziane per un terreno di 25 ettari, ogni anno in aumento, e una decisione da prendere. Prima gli amati cavalli poi il principio della libertà produttiva: suini neri parmensi.

Contatti universitari giusti e gli albori di un allevamento fuori dalle logiche e dai tempi che ormai portano suini al pascolo fino ai bordi dell’autostrada. Un verro per ogni zona, richiami per i nascondigli, fiumi che scorrono a fondo bosco e piccolissimi sussidi alimentativi per quello che è la rappresentazione contemporanea di uno stato brado che è montagna, collina e libertà. La base sono le querce ma nel tempo si alternano le bacche di ginepro, le ciliegie selvatiche, le pere antiche, la carne cambia, i periodi si alternano, i maiali non hanno spazio sono la rappresentazione di uno spazio che non ha più confini. Silvano ha provato a lasciare libero anche un Duroc. Non sale ai richiami, sta mettendo su il grasso per un presente che lo vede fuori dai grigliati per portare i salami al parossismo del gusto. Qui si va oltre i duecento kili anche per i neri, l’attesa è al tempo stesso vita altrui e rispetto del desiderio. Vengono macellati giù a valle, diventano grassi insaturi oltre il 60%, si scindono in pezzi interi, spalle crude, prosciutti, lardi aromatizzati e culatelli e si macinano in salami e strolghini, quelle finte rifilature di culatelli della bassa che han tutte la consistenza della plastica, qui diventano qualcosa di suadente ma con masticazione. Il grasso si è trasformato, il prodotto ha fermentato, i denti sono l’ultimo dei baluardi per un prodotto sorprendente. Il salame è fuori banda, come quasi sempre nel Nero, il grasso vira verso l’ossidato, il palato è pieno di cantina e di stagionatura. Questi suini trovano la sublimazione nel fresco e nello stagionato intero con protezione dal tempo. Il culatello di tre anni sembra un bambino, è pieno, vira verso il mieloso ma non serve il grasso che in bocca deve esprimere un oltre, un sapore e una consistenza che nel lardo e nella carne trovano ancora il precetto medievale: il grasso del suino è il più nobile, nonostante la sua difficile digeribilità. Ha bisogno di tempi e di substrati batterici. Che non possono essere disattesi…

Sul Nero Parmense, da queste parti, si sta sviluppando una guerra all’ultima quercia tra mangiatori da mangiatoia, imprenditori dall’atmosfera modificata che vendono pullman insaturi per turisti incerti, semi-bradismo culturale, culatellisti che nella bassa han trovato la pietra filosofale della comunicazione gastronomica, allevatori veri, cercatori di razze estinte, inventori di razze estinte, professori universitari e poderi sperimentali con la missione del ripristino, antagonisti “neri” in giro per l’Italia che bloccano le razze a numeri fissi per non avere concorrenze e invadenze, strenui difensori che nell’antichità del Parmense vedono la conservazione attuale, dalle malattie e dalla genetica modificata, e tutto un sistema di difesa che nella food valley parmigiana, dove il prosciutto crudo è un’origine contraffatta nelle porcilaie venete, molisane o lombarde, è avanguardia e maniera di diversità.

Poi ci sarebbero la pecora cornigliese – detta anche mucca pecora che nella carne, nella lana e nel latte trova quella triplice attitudine transumante che ormai o viene ridotta o viene abbandonata – e Silvano Gerbella, un fazendeiro dal volto gentile e dai baffi sarcastici che nella disfida al mondo ha trovato la sua cifra artistica e genetica…

AZIENDA AGRICOLA CA’ MEZZADRI

VESTANA INFERIORE

CORNIGLIO (PR)

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