Pavia, luogo scomodo, dove gli artigiani non si scorgono, dove il mondo ruota intorno all’università e la stagionalità è passaggio di fuori sede. C’è una certa ipocrisia e vicoli a fondo cieco con i sampietrini, ci sono piazze imborghesite, palazzi ducali, castelli e monumenti al benessere, la città ha trovato la sua funzione sociale, lasciando ad Oltrepò e Lomellina il compito di portare avanti la terra, l’autore, l’autunno e la disponibilità al clima. Il tardo romanico impera nel suo disporsi in mezzo a botteghe storiche e risuscitate, in mezzo a quel sentirsi anacronistici di una cittadinanza che, al di là dell’interesse verso il compimento scolastico, pretende la differenza, nell’accento, nel portafoglio e nella missione. I retaggi operai rimangono nei racconti come un qualcosa di perduto e il senso d’esistere a metà strada tra l’università e l’ospedale. Eppure c’è ancora un mistero freddo, un afflato tragico che nei pioppeti, appena oltre, rimane ghiacciato nella sensazione che qualcosa stia per accadere… dentro, è tutto troppo conformista. E così mi adeguo.
La pasticceria Vigoni è la consequenzialità storica tra un tempo, in cui si creava per necessità e quella necessità diventava un desiderio nel tempo, e un oggi infiocchettato, dove si utilizzano parole come antico e passato per certificare una buona qualità, di una bontà semplice, fatta di pochi ingredienti e ancora meno espedienti. In quella via di mezzo, con una storia ancestrale e paradigmatica, si pone la figura di Enrico Magenes, giovane d’altri tempi, che nella teleologia del dolce ha trovato una conferma. Il passato è uno scorrere di inventori-pasticcieri (il trisavolo Enrico Vigoni), di zie zitelle, di figli partiti per la guerra, di campi di concentramento, di matematici applicati, di universitari e figli di universitari, di potenziali riprese familiari, di fratelli in Texas, genitori intellettuali e di una casualità più forte di qualunque logica. Il passaggio dalla facoltà di economia e dalla finanza al dolce è stato un passaggio mediato, non c’è stato un abbandono della strada solcata per mani in pasta e notti artigianali, c’è stato uno slittamento amministrativo della professione da applicare alla Torta Vigoni, alla sua promozione e alla sua modernizzazione.
L’invenzione atavica e commissionata pare dal marchese Cusani Visconti è la rivoluzione della semplicità, una massa montata base uova che diventa una massa montata al burro, la fecola di patate che va a sostituire quasi tutta la farina e una conservabilità data dall’atmosfera modificata e da segreti aggiustamenti che le permettono di viaggiare in tutto il mondo. Oltre cento tonnellate all’anno, di tutte le forme e dimensioni, qualche rivisitazione e una batteria di pasticceri: dall’altolocato del centro alla grande distribuzione, i nasi hanno smesso di arricciarsi e forse anche di affinarsi, la massa si appesantisce ma il risultato è un quasi fondente imprevedibile nel tempo dove il limone è troppo oltre. Il resto, qui, è veramente contesto, la colomba d’Alboino, il Visconteo, pasticceria fresca e secca stanno tutti dietro l’innovazione diventata tradizione e dietro alla storicità dei locali, con i loro banchi d’antan ma mai anacronistici, con i forni in muratura, le boiserie, lo stile liberty, i tetti in legno e il tempo che è ancora un incastro. Enrico è da poco tempo il presidente dei Locali storici d’Italia, protagonisti di un secolo che è sempre più breve… prima l’occhio, dopo il palato, infine l’afflato…
PASTICCERIA VIGONI
COSRSO STRADA NUOVA 110
PAVIA