Pandolce lievitato e laboratori labirintici… Pasticceria Tagliafico

Genova. Quartiere San Vincenzo. Via Galata. Centro delineato in stile Repubblica, devastazione demografica, centri direzionali, riecheggi di quartieri simbiotici e turchi, lontani da spiriti originari, mercanzie e popolazioni in subbuglio. Sono rimasti i piccoli negozi che, nonostante vendano trivialità, hanno il candore della dissidenza, sono rimaste le insegne storiche, i ristoranti rinnovati, le fabbriche del dolce e le persiane verde scuro. I pastelli sono sempre più sbiaditi, le buche non vengono rimarginate e le ferite delle alluvioni non sono ancora un ricordo. Il malmostoso genovese è uno di quei luoghi comuni che rinfacciano il turista contro il proprio specchio, il pessimismo è una forma di sarcasmo che prevede il turbamento. Ogni cosa è nuvolosa, è priva di retorica, è tagliente ma assolutamente sincera, il vento si porta via le discussioni e il giorno dopo torna l’incedere sprezzante e delicato per cui tutti sono uguali. Genova è una città formidabile perché i miracoli si fanno ancora in terra…

Giacomo Tagliafico, mentre lavorava sulle navi che collegavano Genova all’Argentina, decide di aprire in società una pasticceria a Buenos Aires. La moglie Angiolina non ne voleva sapere di solcare l’oceano e di spostarsi, così Giacomo mollò tutto e ritornò a vivere a Genova. Piazza del Cavalletto, inizio ‘900, prima pasticceria. Oggi il bisnonno è rimasto nella continuità dei nomi, Giacomo, classe ’42, insieme alla moglie Mariarosa e ai tre figli, Lorenzo, Anna e Filippo, porta avanti il tempo guardandolo attraverso il passato. Dai marinai a Lenôtre, la pasticceria è diventata un continuo di miglioramenti, di analisi, di famiglia, di gestione, ma soprattutto di dolce. Qui la tradizione non è un riflesso delle torte a specchio, qui si lavora su tutto, non si è rimasti bloccati alla pasta grossa e al pan dolce mattonato, ma si è sviluppata una modernità che ha qualcosa di irrefrenabile. Giacomo fa le orecchie alle pagine delle riviste di pasticceria perché i figli non siano troppo distratti dal lavoro mentre la contemporaneità passa di mano. Lorenzo al forno e ai lievitati, Filippo alla credenza e alla rifinitura, Anna alla cura estetica, così Giacomo è potuto ritornare ad occuparsi della sua primigenia passione, il modellismo dei treni, con costruzioni, in locali destinati, di iperboliche ferrovie a solcare montagne e città.

Filippo ha applicato la metodologia alla tradizione, la catena del freddo e il tempo alla volubilità della clientela. E così sono arrivate le torte moderne, le mousse, le bavaresi, le monoporzioni e sono andate ad affiancare la torta genovese, le basi classiche, il Montebianco, i Lagaccio, pressoché perfetti tra friabilità e biscottatura conservativa, gli anicini, ma soprattutto il Pandolce Lievitato, la tradizione verso la sparizione (tre giorni di lavoro) e il pandolce basso, la normalità di oggi (tre ore di lavoro), simbolo dei pani arricchiti, storia di una pasticceria che lì nasce e che qui continua ad essere. Genova è frutto di conquiste e anime di conquistati, passa dagli invasori con la sciabola a i pasticcieri ambasciatori e inventori, dalla genialità di forni e tortai fino ai butirrici elvetici. E così è cresciuta, è diventata dissidente e diffidente, ha manipolato la storia del biscotto e della sua derivazione marinaresca e si è inverata nella famiglia Tagliafico, piccoli ritocchi da rimettere in corso d’opera e un ruolo cittadino, togliere la cispa dagli occhi per richiuderli quando in strada non c’è più nessuno…

PASTICCERIA TAGLIAFICO

VIA GALATA 31

GENOVA

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