Pozzolengo. Il paese dei pozzi e delle torbiere. Dove l’acqua sembra un retaggio e un compromesso. Case in continua espansione, villette in costruzione e naftalina per le strade. Ciò che non ti aspetti all’uscita autostradale, son quelle curve che rompono la distrazione. Inaspettatamente, anche per impreparazione geografica sull’argomento, mi trovo in mezzo alle colline moreniche gardesane. Una zona spopolata di luoghi comuni. Quel lago di Garda, con le sue viste dozzinali, i suoi turisti in ciabatte e i locali che preferiscono la traduzione alla tradizione, continua a spostare l’attenzione sui suoi moli e su quel clima proditorio e benestante. Ma tant’è. Lo lascio alle spalle e m’inoltro. Le curve sono placide, senza salite, le colline sono appena accennate, i vitigni del Lugana sono quelli che continuano dal lago… la pianura, sulle brevi distanze, direzione Mantova, rimane un impietoso orizzonte dove degradare e morire… ma lì, in un trivio poco lascivo, tra le province di Verona, Brescia e Mantova, le bestie sono ancora libere di pascolare e gli allevamenti intensivi sono un’appendice distopica.
Qui, nel paese del grande Franco Piavoli, hanno eredidato un’azienda a filiera completa i fratelli Castrini.
Prima di arrivare all’appuntamento, decido per qualche curva in più per vedere dove potrebbe terminare la notte.
Per caso m’imbatto nelle Fattorie dei Colli Storici, un ingresso sotto un arco e una strada, che rimanda a qualcosa di toscano, lambita da cipressi che ridanno su sterrato e ciottoli. La solitudine è un post-prandiale abbandono. Le pozzanghere portano agli allevamenti. Su tutto domina il bianco, quello delle piemontesi (in numero nettamente maggiore), delle chianine e di qualche romagnola più immaginata che reale. Libertà, recinti, pascoli e tettoie. L’abbandono è qualcosa di finalizzato ad alimentazione e stabulazione. Possono entrare e possono uscire. Tutto il resto è affidato alla chiacchiera tra senzienti.
La domanda che non può fare a meno di sorgere è Perchè? Le diramazioni che precedono la risposta, precedono pure l’incontro con Andrea, uno dei fratelli Castrini, erede di una tradizione di allevatori-macellai. Le risposte arrivano alla spicciolata, prima e dopo. Perchè queste razze? Pare che i primi allevamenti di podolica-romagnola siano da attestare nella zona del mantovano, solo in seguito la Romagna ha preso il nome e dato il pascolo.
Perchè il salame morenico di Pozzolengo? A quello bovino si affianca un piccolo allevamento di suini pesanti meticci per fabbisogno e qualche vendita. Tutto ruota attorno a una De.Co. e a un’idea del fu-Veronelli e dell’è-Ligorio. Qui, come in tutto il grigiore nebbioso padano, il mestiere di norcino attualizza, ancora oggi, la leggenda. Cascina, privati, macellai, contadini… chiunque abbia un maiale da allevare nel territorio di Pozzolengo e un norcino per la lavorazione (la macellazione, se va bene, si fa al macello del paese accanto, dato che la famiglia Castrini ha deciso di eliminare il proprio, causa vicinato e costi, dopo la legge per l’abolizione dei micro-macelli), si fa il suo salame. E così si è arrivati al contest. Chi primeggia? Quasi sempre Castrini, con un prodotto un filo oltre la normalità. Stagionatura che non supera mai i sei mesi, solo salnitro (gli zuccheri che, innescando la fermentazione lattica, conservano meglio, ma chiaramente più facilmente, il prodotto, sono comunque cari ad Andrea, che da disciplinare, nel salame di Pozzolengo, non li può aggiungere), speziatura leggera, clinicamente perfetti, quasi belli… un filo gommosi alla masticazione e senza quel retrogusto che esprima quel genius loci così determinante in una realizzazione così terrena. Questa è la loro fama… e non dovrebbe essere così…
Perchè il loro nome non entra nei circoli giusti, viziosi o virtuosi che siano? Quesito
che mi pongo, guardando e ragionando. Questi allevamenti in Lombardia sono una rarità se non un pezzo unico, qualcosa di radicale, con il plus dell’alpeggio estivo in Val Vestino per alcune manze. Selezione della razza, pascolo, alimentazione controllata (niente biologico perchè per Massimo è più coercitivo della dieta e della cura da lui decise, fatte di cereali autoprodotti, nessun insilato e affienato d’inverno…), filiera cortissima e crescita famigliare…
… dopo un po’ inizio a comprendere…
Andrea ci mostra la macelleria, in una reiterazione di prodotti tipici che si fermano a mezz’aria, e le stanze di stagionature, che sono ben strutturate, ampie, suddivise nei percorsi che il salame deve fare, dall’asciugatura al finissaggio. Andrea non mostra orgoglio ma un filo di disappunto. Perchè? È il sentore di trovarsi a mezz’aria tra l’artigianato (quello piccolo, poco decantato dalle frasi di Massimo…, quello del guadagno contingentato…) e l’industria, quella degli allevamenti seriali, dell’impunità alimentare e delle compravendite.
L’insoddisfazione si compendia nelle parole di Massimo. Arriva inatteso e ruba la scena. È un fiume in piena, quasi insostenibile la sua facondia. Grande esperto sul campo, sia di Slow Food che dell’allevamento, passionale ma assolutamente contradditorio. Strali contro progenitori, disattenti, istituzioni, clienti, politici, mondo intero. È una continua requisitoria che non fa il bene della sua comunicazione e della sua azienda. La sua esperienza, in mezz’ora di conoscenza fuori contesto, mi è sembrata assolutamente fuori fuoco. Come se la penna/spada sartriana fosse tornata in vita. Tutto un duello, dove la parte del perdente è recitata sempre bene dagli allevatori indifesi. E la cosa mi dà ancora più fastidio dopo aver assaggiato la carne (ma per lui la bellezza, il piccolo artigianato, l’idea di sapore, probabilmente, sono fuori luogo ma, soprattutto, fuori tempo… i problemi della società sono stringenti… micidiale tedio…) che sarebbe straordinaria (perfetta in cottura la costata, così come la trita di piemontese… con sapori quasi speziati e il grasso con retrogusti di sottobosco a chiudere il discorso…) se non ci fosse quel fiume di parole inattese e tramortenti. Apatia e logorrea. Ecco dove sbattono comunicazione e fama. La bellezza non è mai una lotta ma sempre un silenzio….. capirlo è il PROGETTO più difficile…
CENTRO CARNI DEI COLLI STORICI
VIA SANTA MARIA 21
POZZOLENGO (BS)
BUONASERA SIG. NICOLO’ , LEGGO SOLO ORA PER PURO CASO IL SUO ARTICOLO-INTERVISTA LO TROVO ASSOLUTAMENTE PIENO DI INESATTEZZE E DI COSE DA ME MAI DETTE . IL TENTATIVO DI PROVOCARE SENSAZIONALISMO ,TRA L’ALTRO IN MODO SCORRETTO ,DELLE SUE AFFERMAZIONI MI DISTURBA MOLTO .
TROVO IL SUO ARTICOLO UNA ELUCUBRAZIONE SCONNESSA ED UNO SPROLOQUIANTE TENTATIVO DI PSICOANALISI DELLE PERSONE INTERVISTATE CON CUNCLUSIONI ASSOLUTAMENTE ERRATE E CONTRARIE ALLA NOSTRA FILOSOFIA AZIENDALE CHE RISCHIANO ANCHE DI PROVOCARCI UN DANNO DI IMMAGINE.
CREDO ,USANDO LE SUE STESSE PAROLE CHE LA BELLEZZA IN QUESTO CASO SAREBBE STATA NEL SUO SILENZIO EVITANDO QUESTO INCOMPRENSIBILE SFOGGIO DA INTELLETTUALOIDE .
SALUTI E SPERO A RISENTIRCI
MASSIMO CASTRINI
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