Malga Coi Veci, comune di Borso del Grappa. Al ventiduesimo kilometro di salita verso Cima Grappa si gira a destra, qualche kilometro di sterrata e si arriva a contemplare quell’ossario naturale, ricoperto dalla terra e dalla noncuranza. Perché il folklore turistico che spinge verso la vetta, non è quello delle trincee e delle gallerie che spianano davanti agli occhi dei tornanti. Qui si è fatta la Grande Guerra: in fuga da Caporetto sono morti migliaia di ignoti, recuperati alla beltà del tempo dai pullman turistici che invadono musei ed alpeggi. Perché una celebrazione alpina rimane sempre sul lato disumano della commemorazione: quello del tempo scandito dagli anniversari. Qui è meglio non scavare, è meglio rimanere alla superficie delle situazioni burocratiche di una forma di abbandono e di auto-abbandono. Le vacche sono sempre salite e sempre continueranno a farlo, anche quando la tutela non avrà più il volto segnato dei malgari, ma quello urbano degli amministratori di sistema. Questo era il regno della Burlina, rustica da manto bianco e nero, lentamente scomparsa, e qui la famiglia di Girolamo Savio e di Ysabel Bordignon (tre figli tutti su in malga) continua la tradizione del Morlacco e del Bastardo del Grappa.
Girolamo ha vagato per diverse malghe, ha lavorato per altri alpeggiatori e ha sempre collaborato con tutti quelli che la montagna l’han vissuta come una cosa seria. Poi qualcosa è cambiato, sono giunti venditori e turisti. I formaggi han cominciato ad arrivare dalla pianura mentre il botiro (burro) ha iniziato a perdere i colori delle erbe. Burro d’alpeggio bianco per turista sprovveduto e via così. Una pastorizzata, un luogo di sosta e il prodotto tipico ha preso piede nella facilità. Ma qui gli alpeggi non sono impervi, si possono ancora raggiungere con la macchina e così quei pochi rimasti han fatto sistema per un prodotto che avesse ancora un senso si sussistenza.
La famiglia Savio fa il formaggio solo d’estate, porta su le vacche della Cooperativa e gestisce un paio di Cason. D’inverno, si munge ma si conferisce. Troppa burocrazia per tentare con il caseificio aziendale, si preferisce aspettare il tempo dell’erbe e dell’infinitesima aggiunta di mangime proteico per dare un minimo di equilibrio. Burline e Pezzate Rosse, una piccola stalla, una stanza di produzione, una cantina, una neviera in disuso e quella meraviglia umida dove si stagionavano una volta le forme, adesso regno di ragni e scarafaggi. Qui si è deciso la strada dell’asciutto. I locali di stagionatura non hanno acqua vicino e lavorano bene nel fresco e nella sopravvivenza del turista estivo. Con il passare del tempo, i Morlacchi, nonostante perdano la salinità a favore dell’erba, rimangono un filo asciutti. Perché qui la tradizione montana ha creato una doppia mungitura (la prima scremata per fare il burro e la seconda intera) per una pasta cruda con rottura di cagliata di grosse dimensioni. Poche settimane e le forme sono pronte, anche dove le acidità sono spiccate. Perché il Morlacco è un formaggio bagnato, occhiato, umido che tende velocemente alla proteolisi. È un campionario di profumi e strutture difficilmente trovabili in altri formaggi. E così, anche nella forma giovane di Girolamo, il latte è un’esplosione lenta. Il Bastardo è più controllato, deve il suo nome al trovarsi a metà strada tra l’Asiago Pressato e l’Asiago d’Allevo, è una pasta semi cotta con occhiature da propionico. Dolce anche nella stagionatura. Elasticità controllata e profumi che si sviluppano nel tempo.
Qui però, soprattutto quest’anno (2015), l’acqua è diventata un bene prezioso e costoso. Tutti pagano, pena la morte dell’alpeggio. La malga è diventata suadente, è arrivata l’energia elettrica ma ha perso una buona parte di quella idrica. Le forme soffrono un po’, così come gli animali. Qui non ci sono i maggenghi, non si può arrivare a 2000 metri a mangiare l’erba intatta. Bisogna rimanere tra i 1200 e i 1400 metri e quando le vacche si sono mangiate il meglio, attendere e sperare. Girolamo è una persona straordinaria e intatta, il dialetto è l’unica forma di comunicazione e dovrà sempre restare così. Gli occhi gli s’illuminano sempre quando parla del suo formaggio e del suo passato, quando il comune linguaggio diventa una pacca sulla spalla e uno sguardo dove le sovrastrutture rimangono lontane anni luce. Eppure il secolo ha provato ad incenerire le contraddizioni, puntando tutto sull’unico Dio ed eliminando questi rivoluzionari che le catene le hanno rotte in culla. Ma fino ad esso non c’è riuscito, c’è chi resiste alla fame, al tempo e alla noncuranza di un turista assuefatto al comodo. Girolamo e Ysabel sono lì perché non potrebbero essere altrove. Se questa non è vocazione…
AZIENDA AGRICOLA YSABEL BORDIGNON
MALGA COI VECI
BORSO DEL GRAPPA (TV)