Annecy è un luogo dove l’assalto dovrebbe essere assolutamente fuori controllo, al limite del perpetuo, una città sul lago, circondata dalle Alpi, con un clima mite, un centro storico rifinito, case a graticcio, ponti in ferro, fiumi, fiori, cartoline, pastello, artigiani, mercati, piazze, gioventù, aperitivi, casinò, cibo, belle epoque, ombrellini, vestiti lunghi, passeggiate, campi di calcio improvvisati su prati inglesi, case basse e sorrisi indefessi. Un luogo che il turismo sonnacchioso non ha imposto e che il turismo chiassoso non è riuscito del tutto a rendere apolide. Identitaria di suo, Annecy è il manifesto dello sguardo e la città dove la maggior parte dei francesi si trasferirebbe a vivere. Perché nonostante l’accessibilità, non è detto che il lungo periodo sia così troppo sovente. Però due giorni sbalordiscono…
Paste madri, croissant, vetrine fragranti, qualche ristorante d’eccezione e la pasticceria di Patrick Agnellet, estetica geometrica, che quando vedi l’originale rispetto ai copia incolla di carrozzerie verniciate italiche ti fai sempre una sardonica risata di presa di posizione e di demenza, di una bellezza estatica e di una bontà meno appariscente. Sono dolci costruiti, dove predominano sempre gli equilibri, il croccante, il morbido, l’acido e alla lunga il disinteresse. Però se ci fermiamo agli sguardi è un 6-0 6-0 e mettete voi un nome a caso degli schiavi in grembiule tinteggiati e padani.
La zona del Reblochon è poco fuori, quella dell’Abondance, tra il lago di Ginevra e Morzine. Il paese eponimo è pieno di rivenditori, qualche azienda agricola e, su un lungo rettifilo poco oltre, verso Chatel, la fattoria Barbossine della famiglia David. Alpeggio estivo, vacche di razza Abondance, tavole di abete rosso e allevamento come forma conservativa di una montagna troppe volte divertente, crudele e data per scontata. Latte crudo, otto mesi di stagionatura, nessun fermento, qualche spaccatura eccessiva, pasta semicotta, lavatura, un po’ di vegetale e un po’ di nocciole. Una valle placida, umbratile, reazionaria, tradizionale, legnosa e convergente. Così anche la Francia ha le sue zone d’ombra e le sue zone fiorite…