Bré del Gallo: del culatello e altre storie… Famiglia Magnani

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Fontanelle di Roccabianca è l’epitome della profondità della bassa parmense. Un concentrato di nebbie, campagne, zanzare, conferitori, cascine e cantine di stagionatura. La trattoria e l’osteria hanno gli occhi antichi dei ricordi, quelli in bianco e nero che richiamano tavole, tovaglie e tovaglioli. Qui il genuino ha la sua rappresentazione più florida, il resto è una corsa al prodotto tipico e un accaparrarsi il cliente sprovveduto che vaga per queste stradine costeggianti soia, mais, concimi e quell’illusione di essere sotto l’egida di un riparo chiamato familiarità. Spostarsi è un contributo alla diversità e trovarsi di fronte il gotico della Chiesa di Santa Caterina un motivo di benedizione che dovrebbe togliere attenzione e dare più accortezza. Perché a Fontanelle, patria di Giovannino Guareschi, tutto è filtrato dall’ironia di non essere lì e dai déjà-vu locali che assomigliano a luoghi di una memoria sempre attenta all’unificazione. La meraviglia è ingannevole, i maiali chiusi in porcilaia, la terra umida e provvidenziale e il culatello sono l’unica religione laica. Senza discussioni. Qui, la famiglia Magnani, ha deciso che il tempo doveva essere l’unico dogma.

Bré del Gallo è il recupero di una tradizione atavica di stagionare il proprio maiale, i tagli migliori e i tagli poveri, per superare un inverno d’impossibilità e di conservazione. E così la più classica delle cascine, anime di queste nebbie ferree e di queste genti gloriose, è stata rimessa in piedi da Alfredo, dalla moglie Silvia e dai suoi figli Amedeo e Fabrizio. L’azienda agricola produce quei seminativi che vanno a comporre l’alimentazione dei loro suini, allevati ad hoc da un vicino produttore di Parmigiano Reggiano. Large White oltre i duecento kili, controllati meticolosamente da Fabrizio, veterinario per professione e principio base di macellazione e benessere animale.

Amedeo, tecnologo alimentare prestato alle multinazionali, è una persona estremamente rispettosa del prodotto che ha in mano e della sua storia. Il culatello ha bisogno del fiume, della nebbia e della cantina naturale bagnata con il vino. Da queste cose è impossibile prescindere. Per stagionatura e sapori, il tempo trascorso a maturare è più che fondamentale. Così, dal maiale casalingo al vino fatto in casa, si è passati ad una classica produzione di salumi e ad un vigneto per vini perfettamente contestuali. Il Fortana è l’emblema di un vino tagliato dal sarto per il culatello: beverino, fresco e vivace. E così la sublimazione del suino può avere un termine molto al di là dell’allevamento. Perché qui la vita del salume è la vita della bassa Parmense e tradirla sarebbe peggio di una svendita orientale.

E così le certificazioni devono lasciare il tempo che trovano e accatastarsi l’una sull’altra. La Dop è andata bene fino a quando non si è deciso di allargarla all’industria e di permettere la produzione anche nei mesi estivi, poi non ha più retto. Così si è creato il marchio di tutela degli Antichi Produttori del Culatello di Zibello, composto da quattordici artigiani, per salvaguardare il non utilizzo neppure del salnitro, l’asciugatura e stagionatura in ambienti naturali e il periodo autunnale/primaverile come tempo del maiale. Infine si è aggiunto il Presidio Slow Food per limitare ad i soli mesi invernali la produzione del culatello. Ecco, tutto ciò, ha creato un’infinità di zone d’ombra dove sofisticare il prodotto come definizione d’intenti. A ciascuno il suo, però.

E Bré del Gallo è uno dei luoghi dove le stanze e il tempo sono ancora i luoghi principali del racconto. Mezzene in laboratorio, noce della coscia, salatura fatta direttamente da Alfredo, l’unico a metterci le mani, legatura manuale e primi giorni in cella per l’assorbimento, sgocciolatura e asciugatura che dura fino ai due mesi fatta nelle stanze ai piani alti della cascina. Infine si passa in cantina a raggiungere il tempo giusto per mangiare un prodotto che abbia del muschio, del brodo, del miele, umidità, poca secchezza e grassi al posto giusto. Perché se il maiale nero ha fatto breccia solo in poche fandonie e in circoli riluttanti alle stabulazioni, un senso antico deve essere sempre ricercabile. E i Magnani ne sono oltremodo convinti. Qui l’atavico, il metodo tramandato e il tradimento della tradizione sono cose serissime. Il grasso del suino pesante è l’unico che bilancia un prodotto che deve essere sempre migliorato ma mai sacrificato. E i sensi non ingannano: glutammato al naso e al primo impatto, dolcezza ma controllata, salatura perfetta e un retrogusto particolarmente lungo e particolarmente muschiato.

Poi c’è il contesto, il salame “Felino”, lo strolghino, le pancette arrotolate portate oltre i due anni e una straordinaria spalla cruda di Palasone di Sissa senz’osso: più di un anno di stagionatura, nervi, rosso rubino, pepe e legno in bocca. Magica.

Bré del Gallo è un posto distante e un posto di stanze, dove i camini, le foto di Guareschi, le cantine, le botti e le affettatrici sono in luoghi anarchici e senza contemporaneità, dove la mostrazione è l’unico retaggio concesso. Perché qui si è deciso di non cambiare e Amedeo e Fabrizio fanno a gara per raggiungere quel dogmatismo senza interesse, dove il privilegio è una stanza piena, dei culatelli appesi e del tempo per osservarli…

BRE’ DEL GALLO

STRADA QUARTA 19 LOC. FONTANELLE

ROCCABIANCA (PR)

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