Bretagna – Seconda Parte

Folle bagno a Concarneau e direzione Lorient per le mono-porzioni di Yannick Labbè. Posto misconosciuto in una città tanto distrutta, quanto orribile. Pasticceria contemporanea, gioco con i sorbetti e lavori sulle spezie e sui contrasti. Assoluto di albicocche, rosmarino e mandorle. Ecco, non si va molto lontano dal dolce dell’anno.

Un paio di strade e la reincarnazione degli hippie-campagnoli (adorabili nelle canzoni di Neil Young, un po’ meno dopo un assopimento da tafani e zanzare) ci aspetta in fattoria. Luogo: Ferme de Logodec. Motivo: i formaggi di Bretonne pie-noir, razza in estinzione, dal manto grigiastro e le chiazze nere. Padre, figlio, woofer e mia moglie sconnessi dalla mia voluttà, pestanti merde e inseguenti asini. Alla mia domanda “ma le stalle? Ma le vacche quando rientrano…ad ottobre o novembre?”… “No no… stanno al pascolo tutto l’anno”, lo stupore si allunga bieco sulla mia estrema voglia di rimanere… – io voglio vivere in un paese dove le bestie accarezzano tutti i campi e tutti gli spazi liberi, sempre – …arriva la moglie un po’ meno hippie e le mie connessioni col mondo tornano. Brillante e sorridente distrugge tutti i miei pregiudizi. Mi aspetto caciottone informi dal sapore standardizzato, trovo l’immensa classe e dedizione del francese al formaggio. Magiche forme, stagionature diverse, lavori sulle muffe e le consistenze. Simil-yogurt e cagliate presamiche precise e pulite. Croste mai eccedenti e nessuna sur-fermentazione. Me ne vado e non riesco a smettere di ridere.

Mi addormento nel Quiberon, a ridosso della costa selvaggia, dove le sardine sono una religione e talmente assuefacent da sentirne da subito la mancanza.

Risveglio al Moulin de Saìnt Germaìn a Erdeven. David Bezier e Pierre Jehanno fanno parte dei Paysans Boulangers, i panificatori contadini che, sotto l’egida di Jean Francoise Berthelot e Nicolas Supiot, hanno creato un modo diverso di pensare il pane: cereale, molitura, panificazione e vendita. Conditione sine qua non: lievito madre e forno a legna. Il mulino è spettacolare, così come i campi di grano. Il gusto è casalingo, lontano, antico, pesante. Grano tenero al profumo di grano duro. La vendita è integrata, così come il produttore. L’aspetto più tranciante del rispetto lo si vede all’interno dei supermercati o dei centri commerciali, dove svettano i prodotti locali (ma non la pasta tricolore o l’olio al tartufo…) dei grandi artigiani. Lì c’è la baguette a lievito spinto e la micca a lievito madre. Non esiste il giusto o lo sbagliato, il ricco o il povero, esistono la scelta e la convivenza. Esiste l’e e non l’o. Come in un romanzo di Dos Passos…

Mercato di Vannes (emblema veneto dal clima temperato…) e innamoramento. Il futuro ha una raccomandazione in quella città: un piccolo antro dove pesce, formaggi, frutta, carne, pane e dolci esprimono la loro persuasione nell’arco di dieci botteghe. Una città a misura d’uomo, di lavoro e di tempo libero. Il mare, i negozi, l’integrazione e la relazione. Gioirebbero gli ateniesi…

Fuga affrettata verso Guerande, alla ricerda delle saline di Trapani. Della bellezza e dei mulini a vento. Niente di tutto ciò. Pozze scure, un enorme centro-vendita-museo-gite in campagna-pausa cesso-smistamento e un paesino, caratteristico, dove alcuni artigiani vendono il proprio sale appena fuori l’abitazione. Gli artisans paludiers hanno una storia, una schiena ricurva e poi quel nome con cui è talmente facile relazionarsi col mondo… suadenza che non abbisogna di una chiacchiera da risveglio mattutino… la soddisfazione, ogni tanto, è una parola ripetuta con il volante in mano…

Allaire, quando la stanchezza ti fa sbagliare strada dieci volte. Il tutto per due paysans boulangers, padre figlio, Remi e Corentin, alacri, non particolarmente dediti alla ribalta, nel loro forno a legna, con il loro pane straordinariamente estetico. Belli, pieni, con quel filo di “acetica” che definisce il casalingo, con croste profumate e una varietà di colori e frumenti da strada senza futuro. Segale, grano tenero, grano saraceno e semintegrale acquistata in un mulino circostante. Acqua in ampolla, lievito naturale e una parete adorna di pani dalle forme meno scontate. Su tutte, un pane in cassetta con la crosta di una biova.

Passaggio per Rennes, dove la gente, con sdraio pubbliche, prende il sole nella piazza dell’orologio e del comune, pellegrinaggio davanti ad uno dei totem di mia moglie, un’azienda produttrice di soia, e arrivo a Vitrè, incantevole cittadina medievale con quella creperie così tanto agognata: La clè des champs, carta dei produttori, blè noir de bretagne, macinato a pietra dal moulin de la fatigue e un’attenzione, un filo ecological-chic per gli alimenti. Estremamente piacevole.

Ultima mattina a Laval. Jean Yves Cerisier, pasticcere da laboratorio, basso profilo e poca patina, mi ridona una nuova idea di Francia, fatta di grembiuli infarinati e di fronti sudate. Relais desserts o non relais desserts. I manager del dolce sono lontani anni luce, ancorchè l’assuefazione al gusto non sia così spontanea. Esco e trovo il riassunto di quello che dovrebbe essere una bottega del formaggio: Fromagerie Franck Renault. Sui formaggi hanno una cultura al cui cospetto sembriamo primitivi (nonostante la nostra straordinaria qualità). Ogni bottega, ogni mercante e ogni bancarella ha i cartellini con nome, provenienza geografica, se è fermier (cioè prodotto con il latte delle proprie bestie) o di caseificio sociale, se è a latte crudo, termizzato o pastorizzato, se è di capra, pecora o vacca. È talmente scioccante (quasi quanto trovare tutto quel latte crudo al supermercato…) che l’estetica dei locali, assolutamente dedita al prodotto e alla sua mostrazione, passa in secondo piano. È uno sciovinismo, così snob da risultare empatico.

Ho adorato così tanto la Bretagna da mettermi in posa e provare l’accento per un eventuale futuro… Senza un reale perchè, bisognerebbe partire. Subito!

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