L’esigenza di una tradizione… Matteo Maini

Pianello Val Tidone. In mezzo ad una di quelle terre che da sole non sono mai riuscite a salvarsi nè a mostrarsi. Tra quelle colline, quelle strade distrutte dalle nevicate, quelle viti, quelle trattorie così tipiche da non abbisognare più nemmeno di un cartello o di un’insegna, le somiglianze arrivano facili alla vista e all’udito, anche senza pubblicità. Le valli piacentine, prime propaggini di un appennino non sentito come tale, vengono tagliate da fiumi e torrenti e lasciano alla val Trebbia di Hemingway il compito di segnare il passo e di veicolare l’immagine. Continue reading L’esigenza di una tradizione… Matteo Maini

Sicurezza e ricerca… Karl Telfser

Merano. Quadrivio, che la suggestione ha portato via, di valli dattaltoatesine che si aprono e si chiudono, su meleti, montagne e contatti con la civiltà. Baluardo di tradizione, civiltà e bellezza, Merano ha un’anima mattutina, fatta di fiori, di casette di legno, di centri termali e di retaggi asburgici che s’inverano in giardini e costruzioni di lacerante bellezza. Stile liberty e stile floreale d’inizio ‘900, il fiume Passirio a tranciare e a definire la storicità di un centro aperto e rinchiuso sotto portici bassi a volte bianche. L’aristocrazia è un fantasma senza tempo che continua a discorrere nei caffè, a varcare portoni, a ironizzare l’abbigliamento e a tenere la livrea sul comodino d’ordinanza. Probabilmente quel notturno delle otto di sera, dove la città si spegne negli edifici e sull’asfalto, che la fa assomigliare ad una sua consorella metropolitana alle quattro di notte, è un segno di tempi e persone che si trasferivano nelle grosse abitazioni padronali e, alle danze, frammischiavano una buona conversazione sugli alternativi metodi junghiani o sulla scappatella della figlia del conte con il garzone adibito a stalliere. Continue reading Sicurezza e ricerca… Karl Telfser

L’espressione volitiva di una trojka di allevatori… Piero Valenti

Sempre Randazzo, ma un po’ fuori. Su quella strada che guarda Bronte e che non invita i turisti. La gente arriva qui per un motivo: l’Etna. Il suo fascino, le sue nuvole, la sua piana ritratta nei dipinti di inizio ‘900, così diversa dalla natura isolana, brulla, cosparsa di resistenza e volti assolati. Qui i crateri si spargono, la lava ha reso fertile e i boschi hanno messo radici. Ma non quelli radi con il sottobosco bruciato, ma quelli caducifogli di betulle, con colori che, addirittura, si possono spingere fino al rosso. Continue reading L’espressione volitiva di una trojka di allevatori… Piero Valenti

La Piemontese e il suo macellaio… Francesco Diotti

Nizza Monferrato. In una di quelle patrie del cibo che non hanno colore né regione. Qui è come se l’aria avesse un sapore. Non esiste un’eccellenza, quell’unico posto dove mangiare in maniera meravigliosa, quel produttore che ha le stigmate del monolite per quanto raro. Qui c’è una cultura di fondo e un rifiuto della facilità. Qui il tempo scorre lento.  Le condizioni meteorologiche si sono affermate come deterrente e i tavolini dei bar sono zeppi di convivialità. Continue reading La Piemontese e il suo macellaio… Francesco Diotti

I polli e il loro menestrello… Alessandro Varesio

Montiglio Monferrato. Abbandono della pianura astigiana, oltre uno di quei rettifili tipici nella provincia settentrionale italiana. Quelli delle pompe di benzina, delle industrie e dei capannoni ormai svenduti a supermercati, outlet della ceramica e contrasti tra grigio topo e rosa sbiadito. Tigli, querce e noccioli si mostrano e nascondono. Ogni tanto qualche palizzata fa sorgere la domanda. E la risposta è tartufo bianco. Quello che Alba ruba per fare bella figura, lo stesso che costa oltre 200 euro l’etto, il medesimo che va all’asta per una grattuggiata di poesia su un piatto di una “semprescotta” o di una Barilla malcelata da Gragnano d’antan. I tartufai, più che una corporazione, da buoni veicolatori di immagini, sono per l’assenteismo compulsivo. Manco lo sniffo.  Continue reading I polli e il loro menestrello… Alessandro Varesio

La nobiltà dell’allevatore… Pietro Sampietro

Tonco, ancorchè il profumo della collina sia appena accennato. Cancello e, dietro, la mia personale meraviglia. Vecchia fornace con ciminiera in mattoni rossi, trasformata in abitazione privata. Casa padronale in mezzo, foresteria e, alle spalle, la fornace di mattoni trasformata in stalla. Di una signorilità inglese, manco ci fossero i cavalli. Porte in legno e fascino industriale.

Volontà di potenza, giardino con erba all’inglese, scaletta applicata alla salita dei fumi e sguardo rivolto verso l’alto. Assolutamente rapito in quello che è sempre stato il momento di un vagheggio passeggero. Continue reading La nobiltà dell’allevatore… Pietro Sampietro

Toscanità e altri discorsi… Vincenzo e Lorenzo Chini

Gaiole. In quelle vallate che sono la storia del Chianti. Pievi, diocesi, Fiesole, Arezzo, provincia di Siena o di Firenze sono sovrastrutture burocratiche ad un’imposizione geografica. Recitavano i fuggitivi della Grande Illusione di Renoir, alla fine del film, di frontiera alla Svizzera: “Ma sei sicuro che sia la Svizzera laggiù di fronte?” – “Che discorsi… Più che sicuro!”- ” A me sembra tutto uguale, qui” – “Eh, che cosa vuoi… Le frontiere non si vedono mica. Sono un’invenzione dell’uomo: la natura se ne fotte!”. Continue reading Toscanità e altri discorsi… Vincenzo e Lorenzo Chini

Il nome non può bastare… Franco Sandrone

Barolo. Il passeggio è fatto di giovani e meno giovani, stranieri e meno stranieri, quasi tutti con un bicchiere di vino in mano. Il centro storico non è nulla di inestimabile, ma ha la fortuna di avere quel nome che richiama fascino, bellezza e perdizione. Il panorama, tutt’intorno, invece, toglie il fiato. La strada che porta verso Monforte (e che percorrerò solo il giorno successivo…), collinare, ricoperta di vigneti, stupisce oltre modo. Ma quel sabato, sono costretto a bloccarmi prima. Malgrè moi. Sole cocente. Continue reading Il nome non può bastare… Franco Sandrone