C’è ancora un cannolo a Piana degli Albanesi… Marco Cuccia

cannoli

Piana degli Albanesi. Minoranza etnico-linguistica arbereshe. Rito greco-bizantino. Un luogo con una doppia lingua e con una civiltà evoluta, dove il dialogo non è mai una certezza. Un lago artificiale di mezza-montagna, una strage dimenticata se non fosse per una decina di monoliti, stile Stonehenge, a ricordare gli undici lavoratori uccisi da non si sa bene chi (strano!!), delle tradizioni gastronomiche e un centro storico nascosto in mezzo ad una conca a settecento metri d’altezza, a metà strada tra il medioevo e il barocco. Qui si è mantenuta una cultura, i territori sono sconfinati, le varie guerre di mafia hanno messo in testa più di una pietra, a mafiosi e ad innocenti. Piana degli Albanesi è un luogo isolato senza un reale retaggio turistico. Unico, sopra tutto, il cannolo e quelle dimensioni che, nelle leggende, più si sono allontanate dalla fonte, più sono diventante pantagrueliche, enormi, sesquipedali, senza più un recinto. Così la necessità al nutrimento ne ha fatto un’effigie e il geometrico contemporaneo un ostracismo. Ma il sentito dire è il motore di una sagra di paese, il resto è lavoro e quotidianità, in quell’andito dove Marco Cuccia ha deciso di normalizzare il tutto verso la strada della qualità.

Salite e discese, anziani intenti a studiare le carte e a bere vino rosso sfuso nei bicchieri per la granita, su tavolini adombranti un paesaggio che è sempre uguale a se stesso anche nelle differenze. La pasticceria Cuccia è costretta, anche grazie ad un senso di nitore intatto, a produrre tutto ciò che il cliente chiede. Bottiglieria, gelateria, pasticceria, caffè, bar e rosticceria. L’offerta siciliana non può mai prescindere dall’assenza delle ore. Non ci sono limiti, bisogna prevedere la scelta controcorrente. Prezzo, assenza di diniego, comodità, tempo e magari anche qualità del prodotto. L’avventore è sempre un portafoglio a gettoni e una giornata da costruire.

Marco Cuccia ha provato a dare un contesto a quel cannolo che di Piana ha creato una leggenda. La certezza del fallimento mi ha sempre tenuto lontano, il caso e la voglia di sondare l’insondato mi hanno portato in quel bar, dalle vetrine lontane, con celle frigo e un atrio interno smisurato. Marco è una persona gentile, senza dogmi, con la voglia ancora di ripetere frasi in arberisht per i viandanti e i più curiosi, ancorché rimanga senza mezze misure quando il dirimpettaio cambia dialetto, trasformandolo in una lingua. La sua storia è quella di chi frigge ancora le scorze tutte le settimane, di chi lavora la ricotta di pecora, scegliendo i produttori tra le contrade, e di chi non pretende il complimento con la faccia meravigliata. Lo stupore passa da quelle vetrine di biscotti antichi, dove lo strutto, l’amido, il latte, la cannella e la vaniglia vanno a dirimere frolle, colazioni, abitudini e assenza di contrasti. Ci sono errori, non c’è contemporaneità, si sta sempre un passo indietro… e poi c’è il cannolo. Farina, strutto, zucchero e vino acetato (che equilibra il tutto). Ricotta di pecora bilanciata perfettamente con lo zucchero. Cremosa e densa la farcia, la scorza ha una friabilità unica, molto al di là del croccante abituale. Si spezza, si scioglie, è dolce, è come se fosse un tutt’uno con la ricotta. Non ci sono difficoltà nell’approcciarsi al morso, il palato lo mescola perfettamente, è un sorriso, è molto oltre il contemporaneo gourmet, è una sfida impietosa per due occhi fuori dalle orbite. Finalmente un altro!

Così ci si può riappropriare della fritture, lasciando il blando forno contemporaneo che tutto rende più leggero. Questo è il cannolo siciliano in un barocchismo espressivo senza barocco. E la cosa sorprendente, è che è solo una questione di capacità e di rispetto. Di fritture e ricotte questa terra rimarrà sempre piena, bisogna aver solo la voglia di odorare di strutto tutta la giornata…

 

LA CASA DEL CANNOLO – ANTICO BAR SPORT

VIA KASTRIOTA 48

PIANA DEGLI ALBANESI (PA)

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