Parma. Quando il centro non ha ancora preso possesso di borghesie, botteghe storiche, griffe, occhiali da sole a specchio e gonne colorate su acciotolati nascosti da battisteri e chiese, a dimostrare la vacuità di un posto distante. Dalla crisi, dalla necessità e dal fermento metropolitano. A pochi passi da quelle vie cristallizzate nel benessere di una qualsiasi città ducale italiana, l’anti-Parma appare come irriguardosa e assolutamente convenzionale. Ordinata, sia nelle costruzioni che nella viabilità, dotta, gentile e con l’umanità trasudata e trasognante di chi ha messo in testa le scelte personali. Le nuove costruzioni, dove s’intersecano centri commerciali, negozi dai soffitti vari, avveniristiche stanze comunali e parcheggi deterrenti alla voluttà di godersi il finestrino e la radio, permettono a quelle generazioni post-borghesi e assolutamente fuori moda di ricreare quei mestieri per cui non hanno studiato. Con disdoro di pubbliche amministrazioni, genitori imbellettati e manifesti anti-fughe-di-cervelli che non riescono più a comunicare la necessità dell’università.
Qui, in una normalissima strada, all’interno di una lunga serie di nuovi negozi contro-futuristici, hanno aperto la loro gelateria un tecnologo dell’alimentazione e un ex-studioso di letteratura, ex gelatiere insoddisfatto e nottambulo di sperimentazioni e bilanciamenti: Gianluca Degani e Stefano Guizzetti.
Iconoclastia giovanile e tenerezza.
L’urto iniziale, venendo dall’ennesima cocente delusione “culatelliana”, è di caldo soffocante, quasi di nodo alla gola. Dopo il vigoroso saluto iniziale, la mia bocca s’impappa nella loro necessità di preparazione alla giornata. Senza argomenti e scoraggiato, provo a blandire il lato osceno della faccenda: il tecnicismo. Lì vengo respinto con perdite. Più talebani dei talebani… ma l’impatto, vieppiù con il passare del tempo, mostra crepe nell’impalcatura. Riassumendo in poche e (in)sensate parole: relativismo culturale spinto verso l’eccesso, a metà strada l’ansia da prestazione e una tenera timidezza tanto sincera quanto irrealizzabile. Se si produce, bisogna vendere. E il cliente è l’anima del decisionismo più manicheo. Buono o no. Scontrini a fine giornata e stanchezza da fronte imperlata. La téchne e la teoretica sono un passaggio di mezz’ora di superbia iconoclasta da cui fatico a riprendermi. Tutto è il contrario di tutto. Niente additivi né addensanti. Ma proteine sì. Di carattere ignoto. Nemmeno farina di carrube. Nessuna omogenizzazione. Maturazione della miscela rapsodica ma senza particolari concettualizzazioni. In mezzo un po’ di sarcasmo, un po’ di paura e un difetto da scontrino. Gelato abbastanza montato, spatolabilità e consistenza vellutata, alla lunga farinosa soprattutto nelle creme. La pulizia è una spiegazione più che una sensazione. Ma la frutta ha delle potenzialità, soprattutto nel tempo. Alcuni gusti sono strepitosi (amarene brusche e fragola su tutti…). Equilibrismi da libro sudato e da ribattuta del ping pong. Tutto superabile, soprattutto quando Gianluca, l’animo tormentato della coppia, rilassa ubbie e definizioni.
La critica più feroce non è quella del cliente… potrei non essere d’accordo, ma attendo. Alcune ore del suo giorno libero le passa in compagnia degli stessi produttori da cui prende le materie prime: vaschetta di gelato in mano e attesa di giudizio. Ecco il legame forte, quello che scioglie i pregiudizi. Ci si rilassa nell’assaggio. Granita al melone e granita al limone di Levanto assolutamente precise e per nulla didascaliche. Un mango all’altezza del gelato, poco resinoso ma non particolarmente aromatico. Una crema troppo balsamica e un sorbetto al cioccolato vittima o carnefice della materia prima.
Stefano è un ragazzo di Lovere, trapiantato in Emilia. Accento bresciano abbastanza spiccato, troneggia con la voce al di là di qualunque accordo. Mi è sembrato molto attento a Gianluca, sia nella difesa che nell’idealismo. Poco propenso a raccontarsi ma molto appassionato ad un progetto comune che non sembra avere zone d’ombra. Bancone, produttori, laboratorio e ricerca sono qualcosa di assolutamente condiviso. Con piccole pecche, un filo estetiche e un filo comunicative. Una presenza femminile rilasserebbe e colorerebbe un po’ di più il loro gelato. Molto concettuale, un filo pretenzioso e con un’apparente libertà gustativa. Sicuramente diverso, assolutamente nuovo. Con una ricerca ossessiva della materia prima, quasi sempre a fuoco, e una “naturalità” che non è necessariamente naturalezza. Ma ce ne fossero di sfrontati del genere, anche e soprattutto in quell’iconoclastia da ricerca di contenuti e abbandono brutale delle vecchie formule, delle vecchie ricette e dei vecchi maestri. Ogni tanto rompere assomiglia a denunciare. Lassismo e vecchiume hanno portato molta distanza e sfacciataggine. Ora bisogna iniziare a costruire legami…
CIACCO GELATO
VIALE MENTANA 91/A
PARMA (PR)