Circoli chiusi e circoli aperti del miele… Sergio Zipoli

zipoli

Romanengo. Pianura cremonese. Nient’altro che provincia, qualche casa bassa, un macellaio star, un sistema di cascine, rotazione colturale, case basse e foto in bianco e nero. Questo è un orizzonte ormai consumato, non ci sono più fascinose oasi di quiete in cui fermarsi per contemplare l’inverno. Sembra un senza-paesaggio di Paul Morand. L’ascesi della Bassa qui è stata perversa, piegata ad una volontà di hinterland e di riposo dove si vive tra serenità e misteri. È un buon luogo dove ritirarsi dallo stress lavorativo e far crescere i propri figli. E così uno ha anche del tempo per crearsi un’attività e per provare a fare della qualità al di là dell’apparenza.

Centro del paese, una cascina sulla destra, un paio di serre e un’attesa in mezzo ad un piazzale. Niente altro che una casa e una stanza dove smielare quell’eccellenza che qui è sempre più nascosta.

Sergio Zipoli è uno dei maestri più nascosti del miele italiano. Non è mai riuscito (o non ha mai voluto…) a trasformare la sua passione in una professione ma forse per questo è riuscito a spingerla ben oltre la compulsione. Prima di ogni sussulto, prima di ogni critica o discussione, mi permetto una diegesi della sua giornata estiva: sette luoghi per le sue arnie, uno per ogni giorno della settimana. Dalle sei alle nove di mattina tempo dedicato alle api, dalle nove alle diciannove impiegato in un negozio cremasco, dalle diciannove fino a tarda sera tempo di smielatura e lavoro di laboratorio. Una valle laterale della Val Camonica e l’alto piacentino come luoghi dove andare la domenica o il lunedì mattina quando il negozio è chiuso. Il resto… il resto non esiste. Le api sono invidia, gelosia, felicità, estremismo, abitudine, scelta e assoluta visceralità.

Così il suo rapporto è una sovrastruttura che definisce i ruoli. Quello dell’apicoltore, assaggiatore, esperto e concorsista, il suo, e quello del mondo che si rapporta a lui con tranquilla deferenza o con protervia categorica da targa da appendere sopra il letto per un miele di grano saraceno mai assaggiato ma assolutamente da premiare per non si sa quale motivo. Io mi trovo nel mezzo della definizione. E così ho bisogno di tempo per scrutare e per provare a penetrare. Sergio ha la flessibilità del distacco e della fiducia.

Cascina nella bassa bresciana. Nascita e prime collaborazioni con un apicoltore che veniva a portare le proprie arnie. Passione crescente, matrimonio e la possibilità di mettersi in proprio. Costruzione del proprio laboratorio e decisione di puntare su sapori comuni, su sapori d’alta montagna e su quelle particolarità trovate per caso tra uno sguardo e un viaggio necessario. Così nascono varie tipologie di robinie, assolutamente legate ai colori e alla variazione delle stagioni, il tarassaco, il millefiori di pianura e il millefiori di montagna, il tiglio, la melata di metcalfa, il rododendro, il castagno e l’amorpha fruticosa (o indaco bastardo), un’infestante che cresce lungo i fiumi e che ridà indietro profumi e aromi estremamente dolci, quasi marmellatosi, che ricordano la frutta essiccata o appassita.

Ogni miele ha un colore, una fragranza e un gusto ben determinato. Esiste un riferimento, il resto è tensione verso. C’è chi lavora male e chi lavora bene. Non c’è nulla da inventare e nulla di stupefacente. Sarebbe così più interessante se ci fossero delle incongruenze, se i mieli monofloreali lasciassero sempre spazio a qualcosa che le analisi chimiche non potessero riconoscere come vero?

Forse sì… Ma il verosimile del miele è un mondo di lavoro animale e di lavoro in laboratorio, di qualità della cera, di ambienti incontaminati, di eliminazione dell’umidità in eccesso (che va assolutamente controllata per prevenire future fermentazioni…), di estrazione, di smelatori centrifughi, di decantazione e di filtrazione.

Il miele di Sergio è straordinario ma lui lo sa già. E questo non arriva. Comunicazione, comunicazione e comunicazione! Più che richiudersi nel circolino dei già visti e già conosciuti, bisognerebbe aprirsi al mondo, evitare di svendersi (celebri colleghi hanno già segnato la strada…) e magari fidarsi anche degli errori gustativi. Dei semplici fruitori e degli esperti. Perché è giusto che un prodotto del genere diventi un mestiere. Semplicemente e senza esoterismo…

 

APICOLTURA ZIPOLI

VIA ROMA 4

ROMANENGO (CR)

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