Dintorni di San Miniato. Al limitare della provincia fiorentina, in quella vista che spazia fino all’Appennino pistoiese ma che tende a bloccarsi alla pianura più industriale. Le colline, non potendo mancare, si diramano verso sud. Una strada senza indicazioni. Ma questo era facile. Borgo Canneto. E questo è difficile pure per google maps (la topografia della contemporaneità…) che si perde e spedisce in borghi pianeggianti sulla strada per Pisa. Un progetto di riqualificazione. Una strada secondaria e relegata a ruolo subalterno. Una cascina diroccata, forse abbandonata e una villa che fu presidiata dai bodyguards di Berlusconi Jr., cappello a tese larghe e sguardo da buttero consumato…
Meno male che, alla fine, la “fiction” sulle vacanze di Piersilvio han deciso di non girarla qui, con macchine da nababbi e pretestuosi men in black a circondare la privacy di un mendicante di materia grigia…
Antonio e Gabriella hanno deciso nell’indecisione. Uomo: Torino, lavoro giornaliero, voglia di mare. Donna: Pisa, yoga, buddhismo ed educazione liberal. S’incontrano in una sorta di monastero. Scintilla. Rapporto cittadino ma a distanza. Viaggio in Val d’Orcia. Mercatino d’ordinanza. Emanazioni commerciali di un produttore di zafferano. Telefonata. Appuntamento al bar di San Quirico d’Orcia. Egisto Brandi. Da fantasma a maestro nell’arco di un caffè con movenze e tempi godardiani.
Piccola tenuta al di là della villa di Canneto, amore bucolico e progressivo abbandono del doppio lavoro. Agricoltori alieni all’intensivo e alla concimazioni. Piccolo campo e colture lontane, dall’abitudine, dalla modernità e dalla fisicità dell’urbanesimo imperante. Menta piperita, timo, rabarbaro e zafferano. Da qui si dipanano tecniche, sviluppi, errori e meraviglie…
Antonio è anarchico nel suo modo di procedere verso la verosimiglianza. Mette le mani, si riduce in tentativi e cammina nel buio, fino alla riuscita. Che non è un risultato. Ma è quello che nel futuro sarà visto come errore. Nell’iconoclastia verso le verità indotte e verso quelle putrefatte, Antonio è un pensatore contemporaneo. E lungi da me definire tutto in termini di profondità, qui c’è l’irrealtà del mito che mi gioca contro. Croco e Smilace, un umano e una ninfa, ostacolati nel loro amore dagli Dei, sono stati trasformati in piante officinali (zafferano e salsapariglia), così come Antonio è stato trasformato da una fuga al mare, ritrovando se stesso nella diversità. Perchè, oggi, la contemporaneità dell’azione e dell’agricoltore si gioca sul piano del rifiuto e della solitudine e Toni ha quel carisma manovale che non può non trasmettere voglia di tatto, di vista e di olfatto.
Nella fatica di ritrovare Smilace o la strada di casa, a metà cammino, ha incontrato Gabriella, adagiata sul predellino della scienza (cultura genitoriale, Sorbona, francesismo coeso e letterario…), che, nella sua insoddisfazione di donna a cui l’uomo ha concesso in dono la città come mezzo estetico per arrivare al possesso della meta educata, ha preferito ricongiungersi nei boschi piuttosto che asservirsi al mazzo di fiori, all’occhiale sudato, al libro antico e alla presentazione dell’ennesimo tomo sulla perdita dei valori dell’uomo contemporaneo.
Gabriella e Toni hanno deciso per la solitudine e per la terra. Biasimati, nell’intensità di un rimbrotto anacronistico di un vecchio borghese con la ceretta in mezzo alle mutande, esaltati dai cultori degli abiti speziati e delle filosofie che finiscono in consonanti, si sono scontrati con quel mondo che porta gli stessi vestiti, si pettina le stesse scarmigliature scomposte e si definisce sotto l’egida del biologico.
“Non paghi la definizione e allora non ti concedo spazio sullo scaffale del tofu giappocoreano e dell’alga spirulina che toglie le cellulite”.
Così, si sono trovati nel mezzo a chef ignoranti e pauperistici, in preda a risotti ingialliti da curcuma, polvere di marmo e grattuggiata di taxi.
Lo zafferano spagnolo costa dieci volte in meno e viene spacciato da Selecta come luxury food. In siciliano si direbbe: “Si continua a battere cu pupu” e la testa prima o poi ce la romperemo. L’abbandono rapirà le terre in preda alle fantasie… come quelle di Antonio o di Gabriella che inventano, si fanno aiutare da alcuni cuochi scappati dalla cricca e definiscono attraverso packaging e confezioni.
Gli stigmi hanno quella meraviglia clorata (ancorchè indefinibile come mi sottolineano entrambi…) che pulisce la bocca, esalta, stritola gli avversari e impone il proprio punto di vista. Lavorato con le seppie (ma il pesce, tout court, è un esaltatore aromatico…) raggiunge un apice di gusto che è difficile da rimestare nella merda ingiallita della contemporaneità.
Il resto sono invenzioni: al rabarbaro (astringenza improvvisa e succo di limone… incredibile e rarissimo gusto di pulizia… disseta dalla noia…), come il wendel (creazione personale di Toni), in cui alla pianta vengono aggiunti il tartufo nero, le nocciole e le cipolle, che rilascia quella patina scioglievole e quel sapore lungo di tostato, in mezzo a una miscellanea di sapori all’uopo di ogni piatto…
… alla menta: una gelatina con piperita, mele verdi e cardamomo, che si scontra con la mia idiosincrasia alla consistenza. Intensa ma indefinibile nel gusto… poco scontata ma refrattaria ad un abbinamento… femminea.
… allo zafferano: c’è di tutto, dal cioccolato, prodotto con Rizzati, alla grappa, fino al succo di mela (prodotti da meditazione ma un filo invischiati nel gusto…), dal gelato di Gianfrancesco Cutelli (una meraviglia per cuori solitari e per menti incerte… un tocco…) al miele d’acacia (prodotto sui propri terreni da un francese invaghito… via l’anonimato con qualche pistillo che lo ambra, rendendolo un sapore nuovo. Dolce e speziato) fino alle confetture (su tutte una cotognata che rasenta l’eccezionalità: intensa, poco dolce e un filo acida, con retrolfatti orientali irriconducibili… esaltazione di entrambe le componenti…), dal burro (epochè) fino al patè di coniglio (ottimo ma troppo sapido per una spezia sterilizzata..).
Questo è il sottobosco di una storia che non si sa ancora se sia iniziata. La comprensione è quella delle fabbriche, degli uffici multipiano, multitasking e multinazionali. Piattume e diffidenza. Se si scollina, si raggiunge Shangri La… il rischio è svegliarsi e non ricordarsi più nulla…
AZIENDA AGRICOLA CROCO E SMILACE
VIA ELSA 1 LOC. CANNETO
SAN MINIATO (PI)