Douce Vallée: aceti di montagna… Francesco Mauris e Paola Vittaz

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Tra Boesse e Chatillon. Appena fuori dai percorsi turistici che verso la Valtournenche vanno e che dalla Valtournenche tornano, tra l’azienda agricola e il laboratorio, in quell’andirivieni che segue necessariamente le stagioni, di raccolta e di produzione. La Valle d’Aosta è un’espressione di acque tonanti e centrali idroelettriche che non lasciano più nemmeno il tempo del romanticismo. Qui si passa per andare verso il Cervino, verso quella dimostrazione d’italianità che è natura da rovinare in qualche maniera. E così quando le prime nevicate incominciano a ravvivare lo sguardo dei distributori di benzina, i fondo valle si rispecchiano nei semafori, nel traffico e nell’impazienza di stagioni da passare tra la pazienza e il decoro. Dove il lavoro diventa un’esigenza e una convinzione e dove il tempo occupato deve liberarsi prima di neve e sole per occupare il tempo libero di chi si è appena liberato da un tempo occupato. Turismo, accoglienza e produzioni tipiche, chi tradisce, per esempio, può cercare una via di fuga che vada bene dodici mesi all’anno. Ed ecco che un prodotto maltrattato per anni, come l’aceto, può tornare a svolgere la sua funzione conservante e rinfrescante, tornare ad un’origine verso cui il tempo è stato poco galantuomo.

Paola Vittaz viene da una famiglia di albergatori ma la sua passione non si è mai ritrovata tra stanze e accoglienza. Così, insieme a suo marito Francesco, qualche anno fa, ha rilevato un pezzo di terreno in Località Boesse dove provare la coltivazione dei piccoli frutti, credendo in una valle trasformabile e a costrizioni paesaggistiche assolutamente risibili. Come prolungare la vita di una materia prima morta sulla via della dissoluzione? Attraverso l’aceto naturalmente. E così Paolo, assolutamente autodidatta, ha cominciato a convertire una vita agricola in una vita di trasformazione. Facendo prove e controprove, rimanendo inverni con sidri casuali a vedere cosa succedeva portandoli oltre, innamorandosi dell’acetificazione e riducendosi negli spazi di montagna per tirar fuori il suo prodotto iconico, l’aceto di lamponi.

In bilico tra acidità e aromi di “mosto cotto”, gli aceti di Francesco sono un sottile equilibrio di sapori e di profumi, partono quasi tutti dalla fermentazione della frutta, e non del succo (eccezion fatta per la pera martin sec che ha un bellissimo bouquet floreale), a cui vengono aggiunti i batteri acetici di riferimento, e invecchiano mesi in tini d’acciaio a contatto con ossigeno, fermenti e tempo. Dal ribes nero al mirtillo, dal sidro di mela fino alle more, il lavoro raffinato, dimentica il legno ma è molto franco nella ricerca di ossidazione. Sono prodotti puliti con un’aromatica persistente. L’acido acetico, a differenza degli aceti di vino, deve essere intorno ai 5 gradi e l’intensità nel tempo perde un filo di corpo. Poi c’è il resto: qualche balsamico e il preciso lavoro di Paola sugli sciroppi di fiori di sambuco, sui succhi di mela (nastro pressa, cisterne di acciaio, pastorizzazione, ossidazioni controllate) e sulle concentrazioni nelle confetture, tra cui quella alla josta, un incrocio tra ribes nero e uva spina, belle acidità e sapori contenuti.

Paola e Francesco si bilanciano molto bene, c’è il tempo e c’è l’abbondanza, la fretta e il dubbio. Sono un bel mix di possibilità e capacità artigianali. Avercene di laboratori così, lindi, precisi, immagazzinati e ricchi di strumentazione. Senza fascini ancestrali, storie innevate, barbe lunghe e scelte di vita, sono due artigiani quotidiani con pochi rimandi… e così i loro prodotti, precisi, chiari e perfettamente contestuali…

DOUCE VALLEE

LOCALITA’ SOLEIL 18

CHATILLON (AO)

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