Seregno. L’Albero dei Gelati.
Mi aspetta Fabio. Alessandro e Monia sono in giro per le Langhe alla ricerca di produttori.
L’articolo potrebbe essere riassunto da quest’unica frase che riporta i ricordi, l’attenzione, i sapori e i colori di tre ragazzi che hanno fatto una scelta, lasciando strade più definite, più economiche e più abitudinarie.
Tre gelaterie sparse per la Brianza, un arredamento in stile provenzale e un’attenzione maniacale verso i bambini e verso le materie prime. Le certificazioni sono distanti anni luce. Quello che ha creato il solco, con tutti i loro dirimpettai, vicini e lontani, è quel semplice legame con cui sono riusciti a vincolare, attraverso viaggi, visite e amicizie, i produttori con cui collaborano ma soprattutto con cui costruiscono qualcosa.
Fabio è una persona che ha dalla sua la passione e tutto quello che essa comporta. Abbandono e ricerca.
È un ragazzo dolce, con dei modi di fare signorili ma sommersi. Senza rotture violente alle spalle e senza particolare acredine nei confronti dell’indifferenza e della sporcizia che il lavoro, qualunque lavoro, può sempre proporre.
Anche se, incalzato sull’abusata nomenclatura “gelateria artigianale”, ha un sussulto.
Nel suo negozio non è presente nessun richiamo all’artigianalità. La puzza di proditorio che emana è troppo forte e loro sono molto lontani, forse oltre…
Un realismo di fondo li ha portati verso la scoperta (sebbene i genitori facessero gelato e loro vivessero all’interno di un mondo e di un’interpretazione…) di un’origine e di un’originalità e ha trasformato il magmatico caos, nascosto dietro la parola Bar, in una possibilità.
Sono dei cercatori, degli scopritori, dei Robin Hood contemporanei. Hanno tolto dall’anonimato, per regalare un palcoscenico e un vestito da sera a quei piccoli produttori che son riusciti a trasformare un bisogno in bellezza, contribuendo ad una ricchezza e ad una varietà comune.
Smascherare la falsità e l’apparenza, attraverso la prova del gusto: ecco quella che credo sia la loro filosofia.
Esaltando le mele, tirando fuori i pistacchi (di un piccolissimo produttore di Bronte che, fuor di metafora, inzia e finisce con loro), rispettando la filiera corta e il kilometro zero, collaborando con agricoltori lariani e contadini brianzoli, prendendo il miele a Canzo, progettando un campo dove coltivare le fragole insieme ai bambini o presentando un gelato di cachi di un’amica dei Gas che non ha bisogno di certificazioni perchè il giardino non ha nemmeno le sembianze di un campo e la produzione è di semi-autarchia…
Senza la necessità della dimostrazione. L’unico gelato “gastronomico”, fatto con uno stracchino giovane toscano, miele e noci (che riporta, qui sì in maniera creativa, sentori e sapori di yogurt greco) è, probabilmente, il gusto che ho trovato più sottotono… senza quella giusta arroganza per cogliere sapidità, sapore e sapere con un unico schiocco delle labbra.
Rispetto, fanciullezza, modi di fare, comunicazione e un pizzico d’ingenuità, sono le caratteristiche di un gelato e di un gelatiere che hanno saputo creare, nella nebbia, un attracco per la purezza, tenendo lontano zuccheri, suadenza e immediatezza. Lasciando tempo al tempo, hanno creato un profumato ensemble di fantasia controllata, che non ha eguali nella gelateria italiana. Perchè non c’è libertà più grande che nel dogmatismo.
– mela rossa florina di Amedeo Moretti.
Prima annotazione: finalmente una mela che non sia verde.
Seconda annotazione: colore giallo variegato dal rosso della buccia.
Terza annotazione o “Del gusto”: primo cucchiaino, fredda e rispettosa, entra piano, prepara il palato con la supponenza di chi è alla ricerca della solitudine. Secondo cucchiaino… strepitoso. Potrebbe finire tutto lì. Un gusto invernale che non lascia aperture possibili alla parola migliore, rifugge ai paragoni, è talmente inconsueto da rendere contesto tutto quello che gli è attorno, finanche la compagnia, l’amore e il perdono. La dolcezza del frutto diventa quella della terra e s’invera in qualcosa di assolutamente stralunato.
– nocciola delle langhe: caratterizzata da una forte tostatura che la rende differente dall’ortodossia del gusto che la vorrebbe più gentile. Si avvolge calda al palato con una cremosità non forzata (grazie ad aggiunte a caso di prodotti esiziali…) ma trovata sulla strada del bilanciamento.
– pompelmo: esaltazione paradossale dell’amaro… senza concessioni o aggiunte. La pietrosità della terra in un profumo di zagare bianche.
– limone: finalmente l’asprezza. E questo lo può dare solo la Sicilia. Dopo quello di Cappadonia, non ho mai assaggiato niente di meglio… “più chiaro si ascolta il sussurro… e i sensi di questo odore, che non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta”.
– zabaione con caffè e marsala: l’uovo non nasconde il caffè che esalta il marsala… soave.
Alcuni gusti sono chiaramente “normali” (l’arancia…), alcuni sono “solamente” buoni (mandarino e mandorla), ma in ognuno di essi c’è una ricerca principesca, maniacale e silenziosa, nel solco del rispetto e della cooperazione.
I piccoli produttori hanno il loro lungo e squisito momento. Ecco la comunicazione di Fabio, artigiano terroso e gentile, che, nell’esprimersi e nel bearsi nelle meritate lodi, non si dimentica della progettualità di una scelta che non è sempre il ruscello accanto al mulino, alle otto di mattina, col lieve brusio di fringuelli alpini e pernici bianche…
L’ALBERO DEI GELATI
VIA SANTA VALERIA, 93
SEREGNO (MB)
VIA VOLTA, 1
COGLIATE (MB)
PIAZZA CAVOUR, 12/2
BARLASSINA (MB)