Formaggi a settanta metri sotto terra… Dario Zidaric

Duino Aurisina. Rientro nel Carso per motivi quasi surreali. Mi perdo più volte tra doline e questa vegetazione che non è mai un’apertura. Qui, chi lavora bene, non ha bisogno dei cartelli, agli incroci delle strade ci sono le frasche di edera che segnano l’apertura delle osmize, retaggio storico asburgico che dava la possibilità – e la dà ancora oggi – alle aziende agricole di vendere i propri prodotti, otto (osem in sloveno) giorni all’anno, esenti da dazi. Adesso si parla di mesi e di quantità di vino prodotto. Quella di Ivan Gabrovec, giardino e cantine assuefacenti, è un intreccio insisitito di fiera rudezza, prosciutti al coltello e vino della casa (e venire da Milano non dà una grandissima mano…) Ma è l’obiettivo secondario.

Sterrato, nessun fronzolo, una fattoria contemporanea, il concernimento di una possibilità carsica che non ha né un altrove né una somiglianza. Sandra e Dario Zidaric, in quell’espressione semplice che caratterizza tutto per mitologia o per negazione, hanno superato le colonne d’Ercole della fuga comunicativa di questi luoghi e hanno imposto un unico pensiero, al di là del formaggio, dell’allevamento o della salubrità animale. Un punto di vista carsico che dalle grotte parte e alle grotte arriva. Necessità, umidità, stagionatura: Dario si è trasformato in speleologo ed è sceso settanta metri sottoterra dove il Carso ridiventava possibile. Metà stagionatura lì, formaggi appesi e impervi, e metà in cantina. Era già un sogno, una salivazione, era oltre il palato e oltre l’etica.

Sicuramente ha guardato un territorio e l’ha trasformato in un’opportunità che ha coinvolto tutti: clienti, rivenditori, operatori turistici, ristoratori e artigiani diversi. Così… dalla pietra.

	Sandra prova a raccontare l'altrove, la loro azienda, le famiglie agricole, il conferimento del latte, la crisi delle latterie, i formaggi come il Tabor, le affinature più lievi, il lavoro sulle erbe, il lattico come punto di vista, ma alla fine io continuo, ingenuamente, a salivare, a me interessano le diverse stagionatura dello Jamar, sentire la stalla, la grotta, la merda, l'errore, trovare la grana e l'acidità sotto i denti, prendere il mio palato a schiaffi nell'impossibilità di un paragone. Sì il Castelmagno, sì il selvaggio, sì a tutta la verità. Sì ma come come. Non ci sono eguali e non è una questione di formaggio...
AZIENDA AGRICOLA DARIO ZIDARIC								
FRAZIONE PREPOTTO 36
DUINO-AURISINA (TS)
Foto: @Renato Vettorato

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