Gromo è ancora in quella fase d’apertura che della Val Seriana lascia un non so che di provvidenza che travalica l’imbarazzo industriale e quel plumbeo orobico che tutto mette al gelo e tutto condisce d’indifferente. Le piode in ardesia, che sorpassano i tetti a shed incuneandosi nei ricordi, sconfinano in quei ruscelli alla ricerca dell’ideale di montagna. Qui la fabbrica si è incuneata fino al possibile, senza reticenza, non è rimasta a guardare, ha preso il possedimento montano svoltandolo ai suoi principi. E così una montagna industrializzata, nel momento in cui la crisi impazza e i lunedì mattina sbiadiscono nell’incapacità di fare altro, rimane un luogo indifeso dove l’allevamento, mantenuto serrato, non ha più la forza di rivoluzionare, di ripulire e di trasformare i boschi in qualcosa di coerentemente armonico. Il coeso qui è per piccoli riottosi, per quelli che hanno il desiderio che il lunedì mattina sia uguale alla Pasqua che sia uguale al Ferragosto. Luigi Petrogalli è l’ennesimo eroe del quotidiano che non ha necessità né dell’orgoglio né del valore.
Famiglia urbana e zio allevatore. Già da piccolo, guardando le pecore bergamasche, aveva provato ad intravedere il suo futuro. Un passato prossimo da panificatore nella bottega della sorella e poi l’arrivo delle prime vacche da latte, la mungitura e qualche formaggio. D’altronde il passaggio dalla tipicità locale doveva essere un’antitesi e così si è trovato in mano degli animali che non gli appartenevano. Lui voleva mungere pecore. E così un amico toscano conferitore di latte di Sarda lo ha illuminato… lui ha comprato le sue prime bestie. Una moglie, con ancora le mani in pasta e la voglia di mantenere la tradizione del paesaggio, che lo aiuta un pochino a dirimere nitore e quotidianità, e un resto che parte da lui e finisce con lui. Stalla ad Ardesio, pascolo dieci mesi all’anno, alimentazione di quasi solo erba, fieno prodotto nella sua totalità, doppia mungitura, una sola caseificazione e anche un furgoncino per fare qualche consegna. Praticamente in solitario. Poi ci sarebbe anche la questione degli agnelli, la consegna al macello e la rivendita dopo un disosso casalingo dove gli effluvi non ingannano e la carne viene lavorata dopo poche ore. Lo straordinario, per una volta, non è sprecato e per il formaggio è solo differito in un futuro prossimo che ha bisogno di un po’ di stagionatura e di qualche tempo medio.
La sua caseificazione passa da una pasta semi-cotta, spurgata bene e rotta in chicchi di riso, salatura a secco e una stagionatura che parte dal mese e mezzo e arriva, con un po’ di lipolisi, compulsione dei metropolitani verso l’estremizzazione della stagionatura, fuori forma. Il formaggio è uno, le forme variano, c’è una ricotta (alcune forme le sta stagionando…), questa sì estrema con garbo, dove l’”animale” esce fuori senza compromessi, non ci sono fermenti, non c’è il dolce e non ci sono innesti. I pecorini seriani affinano nelle celle, non lavorano come potrebbero, ma dopo 12 mesi, al di là delle personalità, hanno una grana invidiabile e una crescita da bloccare. Il tempo di mezzo è il tempo del mio gusto. Lì i suoi formaggi si esprimono alla perfezione nelle forme piccole e nel palato equilibrato. Non c’è un resto… i soldi sono contati alla perfezione, ogni tanto si fa bene ad avere fiducia…
Gromo rimane ormai imperniata, il candido è un’eccezione e il fuori luogo determina sempre la vista migliore. Luigi porta al pascolo le sue pecore, cerca un adattamento al gusto degli altri e prosegue la sua strada in modo differente: “Io ascolto tutti e cerco di imparare il più possibile ma poi decido a modo mio”. E così il consiglio rimane come un gesto differito che è giusto in quanto dell’altro. Qui ci sono frammenti di linguaggi rurali che non hanno comunioni e non hanno cooperazioni. La maniera di un allevatore per cui ogni giorno è una scoperta…
AZIENDA AGRICOLA LUIGI PETROGALLI
VIA SAN GREGORIO 8
GROMO (BG)