Le due Casine: degli eroi e della loro epopea … Luisa Gallo e Davide Orizio

Capovalle. Alta Valle Sabbia, feudi sfuggiti alla Val Vestino. Vista sconfinata fino al monte Baldo oltre il Garda, disabitato scombinato, cumuli di pietre e case attorno a piazze che diventano fermate della corriera e benzinai sepolti dove motociclisti, alla ricerca del brivido domenicale, rimbalzano nella speranza di miscela per proseguire oltre, verso dilemmi che a Capovalle non sono mai stati messi a tema. Ad un passo da quella raffinatezza trentina che riesce a squadrare tutto, l’investimento agricolo è una possibilità dirimente che non può non tenere conto anche del vicino. Avvicinarsi è un rischio e un pericolo che ha bisogno di poche parole e di molti fatti, di fatica, di terra e di luoghi comuni. Qui le stagioni portano avanti intatti quei proverbi che sono quotidianità molto oltre il pensiero, i tempo scandisce l’anzianità, le malattie si assottigliano e le rughe rappresentano perfettamente quel lato di mondo che non lascia obblighi che non siano il giorno da passare e i ritmi da scandire. E così i forestieri sono accolti e respinti. Qui, Luisa Gallo e Davide Orizio hanno portato un pezzo di poema epico…

Le due casine sono quelle costruzioni che, a distanza di un paio di kilometri scarsi, definiscono un’azienda che arriva da una decisione impulsiva di rottura. Davide aveva una bottega avviata (così si dice nei retaggi borghesi che vogliono imprimere il proprio marchio…) di macelleria a Castegnato, nella bassa, una famiglia con cui discutere e Luisa con cui completarsi. Così la scelta. Spinto dal caso, ha investito in qualche ettaro di terreno tra i monti, sotto la mitologia del Tombea e con la benedizione degli abitanti, sirene estemporanee di accoglienza e affabilità. Niente bovini ma un allevamento all’aperto di Suini Neri Parmensi. E così recinzioni allargate e spazi liberi. La conformazione del paesaggio e del tempo da impiegare ha portato al coinvolgimento di Luisa. Sono arrivate le prime coltivazioni di lavanda (da cui distillare l’olio essenziale) e di piccoli frutti, come la completezza montana tende a comandare. Lamponi d’estate e salumi d’inverno. Solo qualche anno dopo, per chiudere la sussistenza, sono arrivate le capre Saanen e i formaggi. Il tutto attraverso una forma di equilibrio che continua ad aggiungere pezzi, a sottrarre errori e a costruire strutture. L’ultima, prossima a definirsi, il caseificio.

Stanze, strade dissestate, stalle con le botole, pascoli cedevoli, sguardi senza luoghi, radici distorte, cantine di stagionatura, ampiezze che si misurano, impedimenti burocratici e la percezione che cambiare la propria esistenza non possa che essere una battaglia. Davide ha un tempo uniforme e un’empatia disarmante. Anche nella lamentela, la verità arriva prima di qualunque parola. E così il fuoristrada diventa un luogo d’intimità infernale, dove il pregiudizio viene cancellato, lasciando intatta la centralità della scelta. Fare artigianato di frontiera è un pionierismo di mezzo, bisogna adeguarsi alla natura e far sì che i confini non siano mai un’imposizione. I Neri di Parma, nel mentre, grufolano in una terra che ha scoperchiato le radici degli alberi e che sta cercando più spazio ancora per la libertà. Le cantine sono basse, il lardo, lo speck, le coppe, i lonzini e i salami stagionano nel tempo, l’ossidazione insatura appare al taglio, il controllo non è sempre un beneficio. Il grasso in bocca si scioglie perché si deve sciogliere. Il punto di fusione non è un’abilità, bisogna solo seguirne gli aromi. E così nella coppa e nelle lonze, la masticazione non viene mai soverchiata dal disfacimento, il tempo ridà indietro salumi sapienti a cui manca solo un tocco.

Casa loro è in uno squarcio perduto, nostalgico e straordinario insieme, le buche sconquassano, le cascine sono il futuro della stagionatura, l’abitazione è il recupero armonico di un rudere. Le stanze, sotto il luogo dei formaggi, una cantina e dietro le stalle delle capre. Davanti alberi di noci assuefacenti e vetrate di esclusione. Luisa si occupa delle due figlie e caseifica. Il metodo lo ha imparato nella tradizione. Nessuna lattica, gli ambienti ancora non lo permettono, ma solo presamiche. Stagionature in corso d’opera, prosciutti di Nero nascosti in moschirole ingabbiate in credenze e affumicature leggere. Dove manca il difetto, la qualità del latte e delle fermentazioni esplode, nessuna aromatizzazione, croste ben definite, proteolisi appena accentuate e un prodotto che tiene contenute dolcezze e amarezze eccessive. E soprattutto nessun fermento. Il tempo riuscirà a non smussare gli spigoli e a lasciare a Luisa la libertà di sbagliare e di migliorare molto oltre la standardizzazione di un caprino sempre più standardizzato.

Un’opera in mezzo… questi sono luoghi affini che scompaiono per troppo senso…

LE DUE CASINE AZIENDA AGRICOLA

LOCALITA’ MURAGHE

CAPOVALLE (BS)

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