Formaggio di capra d’alpeggio… Giuseppe Giovannoni

capra

Piagno di Cosio Valtellino. Appena terminato il nuovo tratto di tangenziale che taglia la bassa Valtellina. In mezzo tra Orobiche e Retiche, le frazioni sono una realtà ben al di là delle provenienze. Ognuna ha le proprie funzioni e le proprie latterie, i vicoli diventano ciottoli e le case non son altro che un guazzabuglio di facce conosciute, per cui, ormai, nemmeno il cenno della mano alzata vale come riconoscimento. I boschi sono funzionali agli animali e ai castagni, ma in mancanza di un accompagnatore al di là dell’apparenza, fermarsi a quelle case in costruzione è più che la normalità. Eppure questa parte della Valtellina ha ancora un sentore di non costruito, di naturale, quasi di afono. La latteria della frazione è molto più bella che buona. La sua moralità risiede in una cantina di stagionatura e in una straordinaria stanza di caseificazione, tra zangole, caldere in rame, legno e un’antichità depressa dal latte contemporaneo e dal più classico dei Latteria da sciogliere in cottura. I ruderi dell’abbazia clunicense di San Pietro in Vallate, dove i vecchi allevatori costruivano ricoveri per le bestie e gli antichi monaci giacevano nelle celle, ridanno indietro l’abside, il campanile e il panorama, il resto è un tratto di Irlanda, di cimitero sparso e di erba-pietra. Bucolico e ansiogeno insieme. Il silenzio non è spettrale perché il cielo è ancora bianco. Ma la notte calerebbe presto se non fosse per un allevatore di capre che ha deciso di vivere tra la sua casa in paese, la stalla in mezzo al bosco e l’alpeggio estivo in Val Lesina.

La stagione è quella dei capretti, il poco latte di febbraio è tutto destinato alla nutrizione. Giuseppe ha fatto una scelta talmente estrema da risultare candida. Il formaggio lo fa da maggio a ottobre, il resto del tempo è dedicato alla stalla, a tagliare la legna, ai nascituri e alle operazioni invernali. Nessun tempo viene sottratto o destagionalizzato.

L’alpeggio rappresenta la libertà delle sue capre. La cagliata presamica la fa la mattina, quella lattica il pomeriggio. Nessuna aromatizzazione, nessuna vendita al di fuori della malga, eccezion fatta per qualche pezzo dato a Maurizio Vaninetti dell’Osteria dei Crotto. Il mio assaggio, oltre un anno fa, è passato da lì. Perfettamente acido, proteolizzazione ineccepibile, muffe in crosta, unghia gessosa e pasta mantecata. Il sapore era stemperato dalla stagionatura più che marcato. E anche nella forma fuori tempo massimo, assaggiata con Giuseppe, con mesi di affinamento all’interno di un sacchetto, colpa della dimenticanza, il crottin non rilascia nessuna piccantezza: formaggio da degustazione, piccoli assaggi, cremoso nella durezza, un’estremità molto oltre il Bitto di sei anni presentatomi a tavola. Dove il re non è comunque un formaggio, ma un brasato di asino, allevato a la maison (cioè in alpeggio…), di una morbidezza impensabile, fuori da qualunque logica commerciale, di tempi o di modi.

Così d’inverno Giuseppe si può dedicare a rimettere a nuovo la stalla, una struttura di pietra e legno, che vedrà solo lui e qualche privilegiato, che non ha alcun senso economico se non la sua estetica e la professionalità di un allevatore che piuttosto che sprecare la benzina tra la casa e i suoi animali, si fa il tragitto a piedi quasi tutti i giorni, due volte al giorno. Quel posto è il debito di un mestiere che, a guardare le sue capre di razza orobica (perché questa è la filologia di questa parte di mondo…) e lo svezzamento al caldo dei suoi capretti, è necessità di dis-velamento… lento, ancestrale, antico, talmente desueto da lasciare interdetti… senza domande…

Su in alpe, Giuseppe munge sulle rupi, caseifica a fuoco diretto in pentoloni sospesi, con spino in legno, una piccola casera di fianco e molta roccia. Il sapore è l’autocontrollo batterico, l’unica innovazione è il caglio liquido. La lotta per l’abomaso è un’ignavia del presente. Il latte delle sue capre è quanto di più puro si possa immaginare. Non esiste una vera economia o una vera comparazione. Esistono le scelte sue e della sua famiglia. Una casa contemporanea, un bosco con una stalla e una malga dove vivere letteralmente a cielo aperto.

La famiglia Giovannoni ha un’ospitalità antica e colta. La chiacchiera è il primo sintomo di una sopravvivenza lontana, di un altro mondo che viene per corrompere… Così non posso che guardare il giorno di festa…

 

GIUSEPPE GIOVANNONI

VIA EUROPA 23

COSIO VALTELLINO (SO)

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